Occhiaie di riguardo
I veneti sott'acqua sono fuori moda come i cristiani in Iraq
Vorrei, come spesso mi accade, saltare sul carro di qualche perdente. In questo caso, molto diversi tra loro: i cristiani d'Iraq e i veneti sott'acqua. Dei primi, c'è da dire che spaventa la quiete con cui la loro fine viene accompagnata. Tutta l'energia delle missioni, tutta la solidarietà di tante parrocchie verso il cosiddetto Terzo mondo, tutto il gran daffare di Curie e Caritas per gli immigrati, tutto svanisce davanti al sacrificio annunciato non di una missione, ma dei resti della storia del cristianesimo là dove è nato.
Leggi C'è disastro e disastro. E quelli del nord non commuovono i cronisti di Lanfranco Pace - Leggi la piccola posta di Adriano Sofri
Vorrei, come spesso mi accade, saltare sul carro di qualche perdente. In questo caso, molto diversi tra loro: i cristiani d'Iraq e i veneti sott'acqua. Dei primi, c'è da dire che spaventa la quiete con cui la loro fine viene accompagnata. Tutta l'energia delle missioni, tutta la solidarietà di tante parrocchie verso il cosiddetto Terzo mondo, tutto il gran daffare di Curie e Caritas per gli immigrati, tutto svanisce davanti al sacrificio annunciato non di una missione, ma dei resti della storia del cristianesimo là dove è nato.
Tutto l'ardore che nasce contro l'occupazione israeliana, responsabile di ogni male, evapora quando a calare la mannaia è il fondamentalismo terrorista. Come per una suprema eleganza: occupiamoci di tutto, ma non di noi stessi. E se non si occupano loro di se stessi, perché dovremmo emozionarci noi miscredenti, che già abbiamo le nostre perplessità quanto a prediche e razzole, e perché dovrebbero dire qualcosa gli islamici di casa nostra, e perché dovrebbero aprirsi il petto come santini lacerati i miei amici di Baghdad? Troppo facile invitarli a restare, hanno ragione a volersene andare via, in quelle condizioni.
E allora se giustamente il ministro degli Esteri Franco Frattini e il buon vecchio Marco Pannella andranno a Baghdad per evitare la condanna a morte di Tareq Aziz, diano un'occhiata anche ai quattro superstiti che non ambiscono al martirio. Ecco due biglietti che mi giungono da San Vittore Olona, da due sorelle irachene cristiane, che non sono tipe da salire su una gru, e nessuno le sta a sentire:
“Mi chiamo Maryam Yousif Bago, sono cittadina italiana, sono sposata da 27 anni con un cittadino italiano, Claudio Buratti, che aiuta me e mia sorella a redigere questa nostra richiesta. Con l'aiuto di mio marito, sto preparando la richiesta di ricongiungimento familiare per mio fratello Thamer Yousif Bago. Mio fratello è l'ultimo membro della famiglia rimasto a Baghdad; tutto il resto della famiglia è sparpagliato fra Italia, Stati Uniti e Canada; mio fratello ha grossi problemi di salute che è impossibile affrontare nelle condizioni in cui versa attualmente il nostro paese. Io e gli altri famigliari desideriamo farlo venire in Italia per poter essere curato, assistito da noi e rifarsi una nuova vita.
Quattro anni fa, con grande fatica e solo dopo molta insistenza da parte di mio marito con l'ufficio visti dell'Ambasciata d'Italia a Baghdad, eravamo riusciti a ottenere un visto turistico per lui che doveva accompagnare mia madre che, colpita da cancrena, aveva subito l'amputazione della gamba destra. Il visto era finalmente stato concesso, dopo più mesi dalla richiesta, dietro la minaccia che, in caso di mancato rientro a Baghdad, mio marito sarebbe stato denunciato per favoreggiamento di immigrazione clandestina. Ora, dopo il recente massacro di cristiani, è ancor più pressante la necessità di poter svolgere le pratiche necessarie a ottenere il ricongiungimento nel più breve tempo possibile, e questo è lo scopo della mia richiesta di aiuto”.
“Mi chiamo Talia Yousif Baho, sono rifugiata in Italia dal 2000 assieme a due delle mie tre figlie, attualmente sto preparando la richiesta di cittadinanza. Ho tentato diverse volte di far ottenere il visto a mia figlia Atour T. Ishak attraverso le mie sorelle, cittadine italiane, Maryam e Majdolin, ma inutilmente: l'Ambasciata d'Italia a Baghdad ha sempre opposto un netto rifiuto. Mia figlia Atour con suo marito e i suoi due figli, è sotto minaccia ed è l'ultima della mia famiglia rimasta a Baghdad, il padre è caduto nel 1987, durante la guerra tra Iran e Iraq. La situazione oggi si è ulteriormente deteriorata e i pericoli sono aumentati; anch'io, come mia sorella Maryam, chiedo un aiuto affinché la pratica di ricongiungimento possa andare rapidamente a buon fine”.
Come i cristiani d'Iraq, sono fuori moda anche i veneti sott'acqua. Un po' se la sono cercata: andavano bene quando erano la balia asciutta, il gondoliere canterino, l'alpino beone, ed emigravano in silenzio. Poi sono diventati il mitico nordest, sospetto come è sempre stato trattato da sospetto il sindaco di Treviso Gentilini, terra buona per qualche massacro in villa, e per i schei (sì, anche la sociologia locale ci ha messo del suo nel costruire una bella immagine). E adesso, che se piangono è solo per sbaglio, adesso si arrangino: gli sms della solidarietà arrivano che l'acqua si è fatta fango, e i soldi, che il Veneto ha generosamente e a malincuore versato nelle casse dello stato, quando non riusciva purtroppo a evadere, ritorneranno? Mi è arrivata una lettera:“… qui, in Veneto, migliaia di persone non stanno ad aspettare un miracolo che non ci sarà, ma tutti aiutano tutti, rinunciando alla loro domenica sportiva, alle passeggiate e alcuni anche al lavoro pur di far continuare la macchina della ricostruzione, una macchina che si è generata da sola, senza numeri verdi, sms o conti provvisori per la raccolta fondi, cosa consueta in altri posti d'Italia… ma questo non basta, ed è una grande ferita che si è creata nello spirito di un popolo che non piange in televisione, non va a ‘Pomeriggio 5' e nemmeno a ‘La vita in diretta', ma si rifà le maniche e produce realmente qualcosa, senza aspettare gli altri… questa domenica a Rettorgole in Vicenza ci sarà una cena per alcune delle famiglie sfollate, tutta offerta da volontari, cuochi e aziende ristorative, un grande gesto di solidarietà che però agli occhi del resto d'Italia non fa un baffo… trascurando volontariamente la nostra situazione, rendendola così agli occhi dei foresti un nonnulla che si risolve in un paio di giorni, interpellando invece la stessa disgrazia, però al sud, dove nelle interviste compare solo gente che piange e si dispera, mentre qui persone che le lacrime le trattengono.
Con questo non stiamo cercando notorietà, ma uguaglianza, parità nell'informazione senza distinzioni, dando voce a un popolo che non ha mai chiesto nulla se non strettamente necessario… Ecco alcuni dati, solo del vicentino: i numeri sono drammatici: 8.822 alluvionati, 4.191 famiglie, 1.925 edifici danneggiati, 224 negozi, 61 pubblici esercizi, 250 uffici, 139 tra industrie, magazzini, officine, 43 laboratori artigianali, 7 strutture sanitarie, 2 farmacie, 4 scuole, 10 servizi pubblici, 16 strutture sportive, 7 distributori, 10 edifici religiosi, 13 monumenti. Impressionante la quantità di rifiuti prodotta: rispetto alle 90 tonnellate raccolte abitualmente a Vicenza ogni giorno, martedì Aim Valore ambiente ne ha ritirate 150 tonnellate; 350 tonnellate quelle recuperate mercoledì; 500 tonnellate solo ieri”. Francesco Filippetto.
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