Inchiesta sulla scuola che non protesta / 1

Quello che rimane dopo la piazza

Pietro Salvatori

“Il moto di rotazione è quel moto in cui il sole gira attorno alla terra”. Prime verifiche di geografia in terza media. Primi piccoli dolori per gli studenti ormai di nuovo a pieno regime sui banchi di scuola. Prime piccole gioie per i professori. Un fiorire di umanità che rimette in moto i cuori, oltre che i cervelli. Le polemiche sulla riforma Gelmini, che poi sono quelle che segnano immancabilmente ogni autunno italiano, le proteste dei precari che reclamano il proprio diritto ad un posto fisso, hanno cannibalizzato l'attenzione sulla riapertura dell'anno scolastico.

    “Il moto di rotazione è quel moto in cui il sole gira attorno alla terra”. Prime verifiche di geografia in terza media. Primi piccoli dolori per gli studenti ormai di nuovo a pieno regime sui banchi di scuola. Prime piccole gioie per i professori. Un fiorire di umanità che rimette in moto i cuori, oltre che i cervelli. Le polemiche sulla riforma Gelmini, che poi sono quelle che segnano immancabilmente ogni autunno italiano, le proteste dei precari che reclamano il proprio diritto ad un posto fisso, hanno cannibalizzato l'attenzione sulla riapertura dell'anno scolastico. E sono presto scomparse, diluite nel mare di mille altre vertenze che sbocciano nel terreno fertile irrigato dalle prime piogge novembrine: quelle sollevate dal mondo del cinema, dai pastori sardi, dai campani che non vogliono la monnezza sotto i propri balconi.

    Esaurito il gridare contro la brutta e cattiva ministra,
    passata ora sulla graticola della riforma universitaria, il giornalista collettivo ha perso qualsiasi interesse per quello che succede nei corridoi che ogni mattina si riversano in aula. Ma se il giudizio sulle classi che tornano al consueto vocio autunnale si limitasse a focalizzarsi sull'aspetto della polemica politica, della vertenza sindacale, probabilmente ci perderemmo qualcosa. C'è dell'altro in circolazione. “L'incontro con i ragazzi è un avvenimento che gratifica a prescindere da tutte le beghe politiche o contrattuali”. Ce lo racconta un giovanissimo precario, che insegna storia e geografia alla scuola parificata Divina Provvidenza, estrema periferia sud di Roma. "L'insegnamento non può essere ridotto alla notizia politica, è un lavoro diverso da tutti gli altri". E continua: "Io posso anche dare un quattro, ma se non mi accorgo innanzitutto del piccolo ingegno che, con tutte le svogliatezze e le difficoltà, si confronta con la realtà, mi perdo qualcosa io e si perde qualcosa lui". Esaltante la storia di un alunno di terza media: “Ha fatto un disastro al compito di geografia – racconta ancora il giovane professore – un giorno l'ho visto solo in classe, in punizione per non aver portato la tuta. Niente ginnastica. Mi sono messo vicino a lui e abbiamo rifatto il compito. Era tesissimo e non ne prendeva una. Allora gli ho detto 'Ma quando giochi alla playstation ci pensi sopra se spingere cerchio o triangolo? Hai paura che qualcuno ti giudichi male per quello che fai, o impari dai tuoi errori? Ecco, l'avventura dello studio è la stessa cosa, va affrontata con lo stesso spirito'. Ora lei potrà non credermi, ma ha completato in maniera corretta tutto il compito in dieci minuti!".

    Accorgersi che chi si ha davanti non è una pratica da sbrigare, un voto da assegnare, ma un ragazzo in cammino, è la chiave di lettura che ci ha incuriosito. Siamo andati ad incontrare la Preside. Alla Divina Provvidenza sono all'antica. Si comincia la scuola con l'alzabandiera, l'ascolto dell'inno italiano e di quello europeo. Tutti insieme, studenti, professori e genitori, dal primo anno d'asilo all'ultimo di media inferiore. Cose vecchie, qualcuno dirà, ma capaci di creare un senso di comunità, di appartenenza, che è uno dei motivi principali per cui i genitori fanno il sacrificio di pagare una retta. Spiega una mamma: "Quando entri qui ti senti subito voluto bene. E' questo quello che conta prima di tutto". Incontriamo la preside, Maria Cardarelli, una vita passata con i ragazzi: “Nell'iniziare un anno scolastico, sempre uguale ma sempre nuovo, c'è molto di più di quello che si potrebbe scorgere superficialmente”, ci spiega. “L'esortazione a che sia un buon anno per gli alunni è sempre accompagnato a un invito alla collaborazione rivolto ai genitori”.

    La preside rileva un vero e proprio problema nelle famiglie che iscrivono i ragazzi, quello dell'educazione: "L'assenza dei genitori è il male più grave per la scuola". Le scelte di autonomia compiute dall'istituto si confrontano anche con le novità introdotte negli ultimi anni dalla legge: "Per esempio nella nostra scuola si viene anche il sabato, per il bene degli alunni. Dove non si fa si privilegia il comodo delle famiglie, che si ritrovano il weekend libero per sovraccaricare i ragazzi nel corso della settimana". E forse tutti i torti non li ha, considerando compiti per cinque o sei materie al giorno sul groppone di bambini di dieci o undici anni: “La scuola dovrebbe al massimo essere completata da laboratori pomeridiani per chi vuole per la formazione dello studente”.

    Ma dopo tanti anni, che cosa c'è ancora da scoprire in giro tra corridoi e aule? "Il bello è guardare sempre a questi ragazzi, con la speranza e la fiducia che costruiscano un futuro migliore. Ogni anno è denso qualcosa di nuovo nel rapporto con gli alunni. Loro cambiano e io devo cambiare insieme a loro”. “L'amore all'istruzione e al sapere, l'impegno serio e volenteroso devono essere il movente di ogni insegnante”, per la professoressa Cardarelli. Le vertenze sindacali devono rimanere fuori dalle aule: “Agli alunni, dopo un po', non puoi non volergli bene, diventano quasi figli, la cattedra non deve segnare un muro invalicabile. I ragazzi sentono come prima cosa se noi gli vogliamo bene, li stimiamo come giovani uomini o se invece facciamo in modo meccanico il nostro lavoro”. (la seconda puntata sarà pubblicata sul sito domani mattina)