Dai con gli stipendi! L'esempio di Google: “Se vuoi i migliori pagali di più”

Marco Pedersini

I dipendenti di Google riceveranno mille dollari in contanti come “bonus per le vacanze” e un aumento del dieci per cento del salario a partire da gennaio.  Inoltre, “dato che abbiamo notato dai vostri feedback che per voi lo stipendio è più importante di altre gratificazioni, sposteremo una parte dei vostri bonus nella busta paga, in modo che siano un'entrata su cui potete contare”.

    I dipendenti di Google riceveranno mille dollari in contanti come “bonus per le vacanze” e un aumento del dieci per cento del salario a partire da gennaio.  Inoltre, “dato che abbiamo notato dai vostri feedback che per voi lo stipendio è più importante di altre gratificazioni, sposteremo una parte dei vostri bonus nella busta paga, in modo che siano un'entrata su cui potete contare”. Parola di Eric Schmidt, Ceo di Google, che nella sua lettera ai dipendenti preferisce firmarsi semplicemente Eric. La decisione filantropica, perfettamente in linea con lo storico motto dell'azienda (“non essere cattivo”), peserà anche in un bilancio imponente come è quello di Google: mille dollari per ventimila dipendenti, ovvero venti milioni di dollari in contanti. Ma, se ci si vuole assicurare  che i propri dipendenti – “i migliori del mondo”, scrive Schmidt – “si sentano ricompensati per il loro duro lavoro”, è un rischio che vale la pena correre. La motivazione più interessante è quella che Schmidt mette al secondo posto: “Vogliamo continuare ad attrarre i migliori in circolazione”.

    Vedere i propri uomini migliori finire in organici altrui non è certo piacevole, soprattutto se poi ci si rende conto che il dodici per cento dei dipendenti di un concorrente ingombrante come Facebook sono cresciuti all'interno di Google. Le relazioni di vicinato sono sempre più complicate e la recente schermaglia sulla condivisibilità della propria rubrica di contatti e-mail tra Google e Facebook dimostra che si sta passando dall'insofferenza all'aperta ostilità. Come ha sottolineato Mike Davis, analista di nuove tecnologie presso la londinese Ovu, “Facebook è una minaccia significativa al dominio di Google su tutto Internet e a Mountain View hanno deciso di non dargli più alcun vantaggio. Quello a cui stiamo assistendo è il risveglio di Google, che di colpo capisce di essere il passato e che è ora il momento di Facebook”.

    Google deve la propria fortuna alla genialità dei suoi due fondatori, Sergey Brin e Larry Page, ma ora non basta più essere ex studenti di Stanford in grado di semplificare e velocizzare i processi con algoritmi geniali. In questo momento dell'evoluzione di Internet contano le idee, ed è per questo che il mercato del lavoro della Silicon Valley è più attivo che mai. “Si è scatenata una corsa agli armamenti alla ricerca dei migliori talenti”, dice Shervin Pishevar, un investitore del distretto ultratecnologico vicino a San Francisco, “Ci sono aziende che hanno immagazzinato giovani promettenti a colpi di benefit. Buona parte dei talenti ora hanno delle manette d'oro ai polsi”. Mentre il resto del mondo ansima nel mezzo della crisi, le offerte di lavoro nella Silicon Valley sono aumentate del 69 per cento dall'ottobre del 2009. “Come ogni distretto industriale, la Silicon Valley ha i suoi ritmi ciclici, e in questi giorni ci si sente molto ottimisti”, conferma il critico delle nuove tecnologie Om Malik, “E' un bel momento per essere un imprenditore”. Negli anni scorsi ai vertici di Google era bastato regalare ai dipendenti i propri telefonini, una gratifica da un centinaio di dollari scarsi. E' arrivato il momento di essere più incisivi, e a Mountain View hanno deciso una strategia netta: coccolare i propri dipendenti e comprare qualsiasi nuova azienda che sembra promettere idee interessanti – che così diventano proprie, evitando futuri contendenti. I numeri dicono di chi sarà il futuro: nell'ultimo anno Google ha fatto 23 acquisizioni, Microsoft zero.