A tu per tu con le Winx

Piccole cubiste siliconate crescono

Annalena Benini

La bambina di quattro anni e mezzo dice che Bloom è bellissima, “Mamma vorrei tanto i capelli così, quando me li posso dipingere con i pennelli?”. Bloom è la piccola capa delle Winx e ha fantastici capelli rossi, lunghi fino non so dove, che fanno le curve e le onde. Tutte le Winx hanno immense chiome colorate, che se non fossero magiche sarebbero extension.

    La bambina di quattro anni e mezzo dice che Bloom è bellissima, “Mamma vorrei tanto i capelli così, quando me li posso dipingere con i pennelli?”. Bloom è la piccola capa delle Winx e ha fantastici capelli rossi, lunghi fino non so dove, che fanno le curve e le onde. Tutte le Winx hanno immense chiome colorate, che se non fossero magiche sarebbero extension.

    Alla bambina ho risposto che a quindici anni si potrà colorare i capelli anche di blu, e lei ha fatto un urlo di gioia da Winx (le Winx urlano molto, dimenando i fianchi), ma soltanto perché non ha ancora capito, ad esempio, quand'è dopodomani. Tra due giorni arriva la nonna. Ma quand'è due giorni, quando mi sveglio? No, quello è domani. Non c'è verso di spiegarle la divisione del tempo, per lei è tutto subito, oppure quando si sveglia. Probabilmente pensa di compiere quindici anni oggi pomeriggio dopo il pisolino. Comunque: le Winx sono arrivate, puntuali ed esagitate, nella nostra vita, con stivali di rete con la zeppa, ombelichi fuori, sandali col tacco, braccialetti alla caviglia, gonne invisibili e bocche smisurate. Ho provato a esercitare il diritto di critica dicendo che non mi piacevano e che mi sembravano anche sciocche. “Grr, pugno di luce!”, ha risposto la piccola con una piroetta, ormai completamente innamorata.

    E siccome ero andata dal parrucchiere e il parrucchiere mi aveva detto che lui non accende mai la televisione e non fa vedere i cartoni animati a sua figlia, solo teatro dei burattini, libri francesi e sculture di cartapesta, ho deciso che era giusto andare nella multisala di piazza Cavour con i cestini di pop corn e la Coca-cola a vedere “Winx – Magica Avventura”: esaudire un desiderio, esercitare un controllo, mostrarsi libertari (detesto le Winx ma combatterò fino alla morte per il tuo diritto ad amarle) e allo stesso tempo cominciare a muovere la macchina del fango, con piccoli dossieraggi anti Winx dalla poltrona accanto (“orribile quella gonna, eh?”, “e quel fidanzato, santo cielo, sembra una femmina”, “ma guarda un po', non mangiano mai 'ste ragazze?”, “mi ha detto una persona molto informata che le Winx odiano i gatti”, “ho saputo che non sanno neanche disegnare”.Ogni critica veniva accolta da un: “Sst, non sento”, ma ho letto che i bambini assorbono anche quando non ascoltano, quindi continuerò).

    Poi però sono stata travolta e zittita: dalle tette delle Winx. Le bamboline, le calzamaglie, i pigiami delle Winx non sembrano avere delle tette così. Svettanti, altissime, sempre inquadrate e zoomate (Bloom abbraccia il suo fidanzato metrosexual Sky – ma del resto anche Ken della Barbie era un po' frou-frou, fissato con la moda, come viene spiegato in quel capolavoro commovente di “Toy Story 3” – e gli appoggia le tette sul petto, prima di dargli con i labbroni a canotto un lungo bacio molto mosso davanti ai genitori orgogliosi). Tette e culi moltiplicati per tutte le sette Winx e anche per le streghe cattive (ce ne sono tre vecchissime, le streghe antenate, praticamente decomposte, bavose, ma con un davanzale alla Sophia Loren), tette e culi che si dimenano, svolazzano, fremono, si indignano, cadono, si rialzano.

    Hanno busti sterminati, punto vita invisibile ma molto evidente perché sempre nudo (“è moda, mamma!”), ginocchia spesse quanto un polso, gambe chilometriche e fianchi iper allargati in continuo movimento. Loredana Lipperini le aveva descritte in un saggio uscito nel 2007 per Feltrinelli, “Ancora dalla parte delle bambine”, definendole “iperfemminili: oltre ai capelli fluenti e alle bocche carnose, hanno infatti vita strettissima e fianchi esageratamente ampi, come le statue votive, come la Femmina nella simbologia dei secoli”. In realtà, a guardarle non con gli occhi di una bambinetta, che adesso vede soltanto la bellezza dei capelli e l'allegria dei vestiti (anche se poi rifà le mossette a casa e ancheggia felice e strizza l'occhio), le Winx sono talmente femminilizzate da non essere affatto femminili.

    Assomigliano di più a un modello di femminilità siliconata, plastificata e in voga, che si vede nelle gallerie fotografiche stracafonal (e davanti alle quali si ride di orrore), sono identiche a certi fascinosi transessuali che agli uomini piacciono da morire e a cui molte giovani donne cercano caparbiamente di assomigliare. Con le protesi, il trucco e tutte le punturine del mondo. Le Winx non sono state inventate dal nulla, sono state ricopiate da una notte in discoteca, sono, esteticamente, piccole Ruby, giovani Noemi, tengono in sé tutte le ultime tendenze sculettanti da Lolite al silicone. Ciascuna di loro è in realtà ispirata a una star: Beyoncé, Cameron Diaz, LucyLiu, Jennifer Lopez, Pink, celebrity comunque già bisognose di ringiovanimento, quindi le Winx sembrano diciottenni liftate, ragazze senza età, bambole gonfiabili spalmate di cera. Hanno occhi spalancati che arrivano quasi sulla fronte, proprio come quelli da ritocco eccessivo: avete presente Taylor di Beautiful? Ecco, è una Winx sputata.

    Nicole Kidman ha un'ottima espressione da Winx, e Daniela Santanchè deve aver visto almeno il trailer. (Anche Candy Candy aveva occhi enormi con dentro le stelline, ed era un po' gatta morta perché si sa che il vestito da infermiera è evocativo, ma il suo migliore amico era un procione e poi piangeva sempre: queste fatine invece sono molto reattive e aggressive, piccole bulle buone pronte a fare a botte). Nasi piccolissimi, sono tutte bocca, occhi, sopracciglia tatuate e cosce. C'è la scena in cui poi ciascuna di loro chiama a sé la magia, che ricorda vagamente i fumetti erotici di Milo Manara. Urlano “Enchantix” e una luce immediatamente le spoglia, facendole girare su loro stesse (con grande uso di zoom) e le riveste da fate: chi era rimasto all'età preistorica e bacchettona, cioè alla Fata Smemorina, vecchia zia infagottata d'azzurro (di quando le fragili ragazze avevano bisogno di qualcuno che le proteggesse e le aiutasse a trovare marito), o alla Fata Turchina di Pinocchio, bellissima ma troppo materna ed eterea, si sentirà stupido di fronte a queste fate versione drag queen, cariche di eye liner, rossetti, zatteroni e effusioni caste ma ammiccanti.

    La Barbie, che ha fatto la rivoluzione, in confronto era una piccolo borghese, una col senso di colpa, che per coprire il fatto che conviveva con Ken si comprava in continuazione abiti da sposa e per espiare faceva da baby sitter alla cugina, Skipper. Le Winx vengono presentate così all'inizio del film: “Sono tutte fidanzatissime!”, e una mia amica saggia, con figlia in pieno momento Winx, sostiene che in realtà sono i fidanzati il problema. Hanno, in effetti, la curiosa caratteristica di essere molto più femminili delle loro ragazze, ma sono comunque accessori, come gli smalti e i top scintillanti (fra i contenuti speciali di “Toy Story 3” c'è un'intervista a Ken, “una delle icone culturali più celebri degli ultimi cinquant'anni” nella sua villa in plastica pressofusa. “Eppure dev'essere difficile per un bambolotto maschio essere un giocattolo per bambine”, dice il perfido intervistatore: “Ah ah, ok senta: sono un giocattolo da maschi, va bene? Sono un modello di comportamento, un modello VIRILE di comportamento”. “Quindi non la disturba che sulla sua scatola il nome Ken sia otto volte più piccolo di quello di Barbie”. “Un'altra domanda”, adesso Ken è molto arrabbiato, “Che cosa risponde a chi dice che lei non è altro che un super accessorio della Barbie?”: a questo punto Ken si alza, si stacca il microfono con rabbia e se ne va).

    Dalle Winx ci si difende: prendendole in giro, ridendo quando le bambine propongono: “Mamma, ma perché non ti trucchi un po' con il viola?”, spiegando che il bikini a cinque anni non serve a niente e che anzi il pezzo sopra è scomodo per nuotare (e che si passerà il resto della vita ad aspettare il momento giusto per poterselo togliere). Del resto a un certo punto siamo diventati tutti insofferenti verso quella noiosa di Cenerentola e le eroine passive alla Biancaneve, che sanno solo piangere, addormentarsi e aspettare che qualcuno le salvi e le sposi. Le Winx prendono in mano la vita, studiano magia, si ribellano ai genitori, scelgono i fidanzati, combattono le streghe e parlano di ragazzi e manicure: il libro di Loredana Lipperini riporta un dialogo fra Winx, letto sul giornaletto a fumetti: “Stella: Se non ci crediamo noi per prime, non saremo convincenti e i maschi guarderanno tutti da un'altra parte. Musa: Forse non tutte sono belle come te, sai? Cosa dovrebbero fare per trovare un ragazzo? Stella: Andare dall'estetista, è chiaro!”. E' una battuta, alla pagina successiva Stella spiega che la bellezza è uno stato d'animo (come le attrici nelle interviste: la bellezza è interiore, mangio tutto quello che voglio e voglio un uomo che mi faccia ridere).

    Ma i vestiti, le scarpe e i trucchi, i capelli e i body sono imprescindibili: le Winx esportano (sono italiane) uno stile di vita. “Ipersessuate, ipersvestite”, è stato scritto di loro. Alle polemiche Iginio Straffi, ideatore delle Winx, rispose che queste sono storie esemplari, da educande, in confronto, ad esempio, alle Bratz americane, piccole teppiste in autoreggenti: “Hanno l'aria di una ragazzina che vive sul marciapiede e sta aspettando il suo magnaccia che arriverà in limousine per farle sniffare un po' di coca”, scrisse delle Bratz il Daily Telegraph. Le Bratz sono raunch culture, le Winx sono più furbe: se ne stanno in palazzi pieni di cameriere a mettersi l'ombretto e a spettegolare, aspettando che squilli il cellulare fucsia per cambiarsi il microabito, lanciare urletti di battaglia e salvare di volta in volta il mondo, l'amore, l'albero della vita. Hanno i principi azzurri e i cavalli bianchi, uniti a un sottofondo assordante di musica da discoteca e alla capacità di mettersi in pose da calendari, con l'orgoglio del proprio fondoschiena. Sono del tutto prive di romantica insicurezza, quella che faceva abbassare gli occhi ad Aurora quando incontrava il Principe (tranne poi decidere immediatamente che l'avrebbe sposato e costringerlo a rischiare la vita per salvarla).
    Sono sfacciate, vestite da cubiste e siliconate. Ma le bambine le adorano, biogna rassegnarsi. Mentre tornavo a casa dal cinema, però, con la piccola sovreccitata che chiedeva brillantini per gli occhi, cavalli, cartoni, fermagli e collane, ho incontrato la vicina in ascensore. “Siamo state a vedere le Winx”, ho detto mesta, per giustificare tutte quelle gambette e braccia che si agitavano, aspettandomi la solita ramanzina sul messaggio sbagliato (è interessante che anche il fruttivendolo abbia una forte vena predicatoria e che chiunque voglia spiegarmi dove sbaglio). “Ah, mia figlia era fissata, ha voluto tutto, persino le lenzuola. Poi le è passata, oggi è andata a vedere con le amiche ‘Cattivissimo me' e di Winx non ne vuole più sapere”. Quasi quasi mi mancano già, quelle mignottelle.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.