Il tremontismo sistemico e bipartisan che sopravviverà alla crisi

Michele Arnese

Il ministro dell'Economia oltre i confini della maggioranza di governo: dal Fondo italiano d'investimento per le pmi al rigorismo in stile Tps sulla riforma fiscale, fino all'housing sociale con le fondazioni bancarie e oltre

    Domenica, in fila per le primarie del centrosinistra a Milano, c'era un economista-manager in stretto contatto con Giulio Tremonti: il suo nome è Marco Vitale e presiede il neonato Fondo italiano d'investimento (Fii) che ieri ha inaugurato la sede in via Turati. Vitale non è mai stato un estimatore del berlusconismo né del primo tremontismo: in molti ricordano ancora, anni fa, gli editoriali puntuti di Vitale sul quotidiano Finanza & Mercati anche verso l'ex, e attuale, ministro dell'Economia. Eppure Tremonti non ha posto veti, anzi, alla nomina di Vitale a presidente di Fii.

    Il Fondo per le piccole e medie imprese, lodato da Emma Marcegaglia, è un emblema del sistema concertativo e nella sostanza apartisan avviato dall'Economia. Il Tesoro non guarda più alle relazioni sindacali come strumento principe di politica economica ma ha scelto anche in funzione anti crisi una rete di sostegno pubblico-privato alle imprese: un mezzo extrabilancio pubblico da affiancare al rigorismo nei conti statali alla Tommaso Padoa-Schioppa. Il Fondo ha una dotazione iniziale di 1,2 miliardi di euro e interverrà a irrobustire patrimonialmente le pmi. Basta scorrere i nomi dei soci e delle personalità coinvolte per comprendere la strategia tremontiana che non trova, di fatto, opposizioni neppure nel Pd: gli azionisti di Fii, oltre al Tesoro, sono l'associazione bancaria e Confindustria (rappresentata dal piemontese Gianfranco Carbonato), poi ci sono i quattro sponsor iniziali (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena e Cassa depositi e prestiti); a questi si sono aggiunte sei banche popolari. L'advisor del comitato guida del Fondo è l'avvocato Gregorio Gitti, genero del presidente di Intesa, Giovanni Bazoli. A rappresentare il Tesoro nel cda di Fii è un dirigente generale del Mef, Andrea Montanino, in passato tra i collaboratori più fidati di Tps, e che adesso segue i principali dossier bancari di Tremonti. Ma sono gli uomini provenienti dalle file di Mps a colpire anche gli osservatori di centrosinistra: nel consiglio di Fii spicca non solo il consigliere del Monte, Lorenzo Gorgoni, ma anche l'ad, Gabriele Cappellini, arriva dalla banca presieduta da Giuseppe Mussari, che non lesina elogi alla gestione tremontiana.

    Il filo con Mps e la fondazione senese lega anche Franco Bassanini, presidente della Cassa depositi e prestiti (controllata al 70 per cento dal Tesoro e al 30 per cento dagli enti creditizi). La Cdp sta diventando anche una sorta di fucina di idee per l'Economia, oltre a realizzare operazioni di rilievo economico come l'housing sociale, ovvero il progetto – in cui ha deciso di investire anche le Generali presiedute da Cesare Geronzi – di costruire case popolari nelle maggiori città in collaborazione con le fondazioni bancarie, in primis la Cariplo di Giuseppe Guzzetti.

    Ma le sorprese degli ultimi giorni arrivano dal fisco. Anche in questo caso Tremonti – notano sia nel Pdl che nel Pd – s'è mosso in maniera tutt'altro che partigiana. Alla testa dei quattro gruppi di lavoro che imposteranno le basi della riforma tributaria il ministro ha voluto quattro tecnici: il presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, l'economista Mauro Marè e altri due esperti con un passato di politici e consiglieri del centrosinistra. E' il caso sia di Piero Giarda, economista alla Cattolica, in passato sottosegretario al Tesoro nei governi Prodi e D'Alema, sia di Vieri Ceriani, in Banca d'Italia dal 1976 e per otto anni, dal 1993 al 2001, consigliere economico di diversi ministri delle Finanze, tra cui Vincenzo Visco, come lui stesso ha ricordato la scorsa settimana in un seminario organizzato dal dipartimento delle Finanze. Proprio in quel seminario alcuni dei massimi luminari di Scienza delle Finanze, da Antonio Pedone a Ernesto Longobardi, hanno di fatto condiviso le linee essenziali della riforma in cantiere al Mef. Il direttore del dipartimento delle Finanze, Fabrizia Lapecorella, nominata dal Mef, gongolava.