Inchiesta sulla scuola che non protesta/ 5
Le tre regole per una scuola che funzioni
Il liceo Stanislao Cannizzaro è lo scientifico di riferimento del quartiere Eur, zona di Roma resa celebre dagli architetti del Ventennio. Larghi viali alberati, case di nuova costruzione. Buona parte della borghesia della capitale vive da queste parti. All'ingresso sono parcheggiate una sfilza di macchinette, di quelle che si possono guidare a quattordici anni, e senza patente, per la modica cifra di qualche migliaio di euro.
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Il liceo Stanislao Cannizzaro è lo scientifico di riferimento del quartiere Eur, zona di Roma resa celebre dagli architetti del Ventennio. Larghi viali alberati, case di nuova costruzione. Buona parte della borghesia della capitale vive da queste parti. All'ingresso sono parcheggiate una sfilza di macchinette, di quelle che si possono guidare a quattordici anni, e senza patente, per la modica cifra di qualche migliaio di euro. Il problema del "vil denaro" su cui si sta interrogando il mondo della scuola non ha toccato il Cannizzaro.
"Il nostro istituto è molto grande, non ci si è nemmeno accorti delle contestazioni sulla riforma e sui precari – ci spiega la professoressa Maria Ballarin, membro del consiglio di Istituto – gli studenti non hanno aderito, e anche i docenti non sembra vogliano partecipare agli scioperi". Un inizio d'anno diverso rispetto alle altre scuole d'Italia: "Ma l'inizio dell'anno scolastico può essere diverso solo se l'insegnante mantiene l'entusiasmo per il lavoro che fa – avverte la professoressa Ballarin – e in questo ci deve aiutare non solo il Ministero, ma anche i dirigenti scolastici. Nei metodi d'insegnamento siamo immobili da quaranta o cinquanta anni, la routine alla fine rischia di sopraffarci".
Pof, visite d'istruzione, laboratori linguistici ed informatici. Una montagna di scartoffie da consultare, di schedari da riempire. "Il problema della scuola è la mentalità impiegatizia – spiega ancora la professoressa Ballarin – che smorza ogni entusiasmo. Un insegnante si deve rimettere in gioco guardando negli occhi i propri studenti. Loro si chiedono se hanno passione per quello che fai". Poi c'è un problema sociale, che in scuole come il Cannizzaro salta all'occhio: "Molte famiglie non si interessano dell'aspetto educativo della scuola. Ragazzi che maneggiano macchinette da sette mila euro come quelle qui fuori non hanno rispetto per gli insegnanti, che sono dei poveracci ai loro occhi. Per le famiglie l'importante è che il ragazzo che non crei problemi”.
Luigi Regoliosi, uno di quei cervelli brillanti che hanno deciso di non emigrare e si sono lanciati nel sottobosco della scuola italiana, dice: "Se riesci a far mettere in gioco gli studenti, se li provochi sulle cose a cui tengono, allora sì che ti seguono". Regoliosi si è laureato in cinque anni con il massimo dei voti alla Sapienza e da quattro anni insegna matematica e fisica al liceo Sant'Orsola di Roma: "L'insegnante è come un uomo che coltiva tre passioni: quella per la propria disciplina, quella per le persone (siano esse colleghi o alunni) e la passione per sé". Gli occhi di Regoliosi brillano quando parla del proprio mestiere: “La passione per sé vale in qualunque mestiere, e guardando a tanti colleghi anziani ti accorgi che rischia di svanire nel tempo. Uno non spende più nulla di sé nel posto in cui lavora. Puoi ancora avere passione per la disciplina e un minimo di interesse per i ragazzi, ma se non fai il tuo lavoro per te stesso, per un tuo interesse, non c'è nulla da fare”. E ci fa un esempio: "C'è una professoressa che conosco. Si è laureata con i più grandi della matematica del Novecento, ha fatto molta ricerca. Se ora vai in classe con lei, sembra essere una delle persone più ignoranti della terra. E non perché si sia dimenticata le cose che ha imparato, piuttosto perché non le importa nulla di stare lì". Per Regoliosi, l'unico modo per far funzionare la scuola è che sia popolata da docenti con la passione per il proprio mestiere: “Il lavoro del professore ti dà la possibilità di veder crescere ragazzi mentre cresci tu. C'è qualcosa di meglio nella vita?”.
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