La spinta di Montezemolo, il post Berlusconi e una nuova Confindustria

Regina contro Regina. Nella capitale s'avanza un imprenditore che ha lanciato la sua sfida a Marcegaglia

Claudio Cerasa

Chissà che cosa penserà questa mattina il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia quando arriverà a Roma, attraverserà via del Parlamento, raggiungerà piazza di Pietra, entrerà nell'auditorium della Camera di commercio e se li vedrà sfilare lì uno dopo l'altro sotto il colonnato corinzio dell'antico tempio romano dedicato all'imperatore Adriano.

    Chissà che cosa penserà questa mattina il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia quando arriverà a Roma, attraverserà via del Parlamento, raggiungerà piazza di Pietra, entrerà nell'auditorium della Camera di commercio e se li vedrà sfilare lì uno dopo l'altro sotto il colonnato corinzio dell'antico tempio romano dedicato all'imperatore Adriano. Perché, sì, oggi saranno tutti lì: Francesco Gaetano Caltagirone, Luigi Abete, Franco Bernabè, Fabrizio Palenzona, Giancarlo Cremonesi, Mauro Moretti, Flavio Cattaneo, Giuliano Amato, Innocenzo Cipolletta, Rocco Sabelli, Gianni Alemanno, Francesco Rutelli, Walter Veltroni, Nicola Zingaretti e naturalmente Gianni Letta. E chissà allora che cosa penserà Emma Marcegaglia quando se li ritroverà seduti tutti uno accanto all'altro ad ascoltare con curiosità le parole di quello che oggi viene considerato uno degli imprenditori più ambiziosi della capitale: uno dei nomi su cui hanno scelto di puntare alcuni tra i volti più influenti dell'establishment nazionale e uno dei principali candidati alla successione proprio di Marcegaglia alla presidenza di Confindustria. Il suo nome è Aurelio Regina, di mestiere fa l'imprenditore, da due anni è il capo degli industriali romani e da qualche tempo a questa parte ha tirato su una potente macchina di consenso che non dispiace alla destra e alla sinistra, che affascina tanto il mondo tremontiano quanto quello montezemoliano e che punta a essere l'espressione di una nuova classe dirigente che ambisce ad avere un ruolo importante anche in un possibile scenario post berlusconiano. Ecco. Ma chi è questo Regina? Chi è questo pugliese di quarantasette anni che ha sedotto i poteri forti della capitale? E chi è davvero questo signore che sogna di scalare la Confindustria nazionale? Ce lo siamo chiesti e abbiamo deciso di passare un po' di tempo con lui.

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    Roma, otto novembre, ore otto e trenta. Aurelio Regina arriva di mattina presto nel suo ufficio al terzo piano di una vecchia palazzina rosa costruita a due passi da corso Trieste, nel cuore del quartiere Africano. Regina sbuca dall'ascensore con una cartellina gialla contenente alcuni ritagli relativi ai due dossier che in questo momento affascinano più di ogni altra cosa il numero uno degli industriali romani. Il primo riguarda una fondazione che Regina presenterà oggi al Tempio di Adriano intorno alla quale l'imprenditore ha intenzione di costruire la squadra che accompegnerà Roma sulla strada dei Giochi olimpici previsti per il 2020. Roma è una delle venti città candidate a ospitare l'edizione prevista tra dieci anni delle Olimpiadi e Regina è stato scelto all'unanimità per guidare il comitato che dovrà impegnarsi a raggiungere quell'obiettivo olimpico fallito dieci anni fa dalle precedenti amministrazioni romane. Un progetto, quello dei Giochi, che prevede decine di miliardi di investimenti in infrastrutture, che ha già convinto il governo a stanziare 500 milioni di contributi per il 2010 e che ha permesso a Regina di consolidare il suo potere all'interno del grande establishment italiano. E a Roma, si sa, la composizione dei cda delle grandi società e delle grandi fondazioni rappresenta da sempre l'immagine migliore per studiare il peso effettivo dei così detti poteri forti della città e basta dunque dare un'occhiata all'organo che da oggi verrà formalmente presieduto da Regina per capire quali sono, in questo momento, gli sponsor forti del numero uno degli industriali romani: c'è per esempio Azzurra Caltagirone (vicepresidente del gruppo Caltagirone e figlia di Francesco Gaetano), c'è per esempio Rocco Sabelli (amministratore delegato Alitalia), c'è per esempio Giampaolo Letta (ad di Medusa) e c'è per esempio Mauro Moretti (ad dello Ferrovie dello stato). Ma non basta. Perché per capire qualcosa di più sul mondo che ruota attorno a Regina bisogna dare un'occhiata anche a un ulteriore dossier che riguarda la presidenza di un'altra importante fondazione romana: una fondazione che nel corso degli anni è diventata uno dei luoghi chiave per comprendere la forza reale di tutti coloro che cercano di esercitare potere all'interno della capitale, l'Auditorium. Ai tempi dell'amministrazione Veltroni, è noto, Goffredo Bettini e Gianni Letta riuscirono a trasformare il cda dell'Auditorium nel simbolo di quel fortunato esperimento politico conosciuto come “modello Roma” e in un certo senso lo stesso tentativo di raccogliere sotto un unico tetto le più importanti anime politiche e imprenditoriali della città lo sta portando avanti proprio il capo degli industriali romani, che tra pochi giorni sarà nominato dal cda del Parco della musica nuovo presidente della fondazione che controlla l'Auditorium. “E' vero – dice Regina – l'Auditorium non è un luogo qualunque della Capitale. E' il simbolo di una città che sotto le sue migliori insegne culturali si ritrova per discutere del suo futuro senza divisioni faziose. E per me guidare l'associazione degli imprenditori e delle imprese di Roma significa anche assumersi la responsabilità di dare un contributo alla crescita del territorio”.


    Un territorio che intanto il presidente sembra essere riuscito a conquistare oltre ogni aspettativa a tal punto da aver trasformato il mondo della Confindustria romana in una realtà complementare e c'è chi dice alternativa rispetto a quella nazionale. “Nessun'altra confederazione italiana – dice al Foglio Pier Luigi Celli direttore generale della Luiss, università alla cui presidenza oggi si trova Emma Marcegaglia – è riuscita a mettere insieme un sistema simile a quello creato da Regina. Date un'occhiata ai nomi presenti nel board degli industriali romani e troverete tutti quelli che oggi contano in Italia: c'è Mauro Moretti, c'è Flavio Cattaneo, c'è Giampaolo Letta, c'è Rocco Sabelli, c'è Giorgio Zappa di Finmeccanica, c'è Franco Bernabé di Telecom, c'è Alessandro Caltagirone figlio di Francesco Gaetano e c'è insomma una massiccia presenza di imprenditori tale da testimoniare una rete che ormai si estende ben al di là dei confini della capitale. Anche per questo, credo che a Roma stia nascendo un laboratorio unico nel suo genere e credo che Regina abbia davvero le carte in regola per succedere in Confindustria al presidente Marcegaglia”.
    Ma per tentare di presentarsi all'appuntamento del 2011 – quando comincerà di fatto la corsa alla successione di Emma Marcegaglia – con tutti i requisiti necessari per risultare un candidato inattaccabile, Regina sta cercando di realizzare anche un progetto che potrebbe rivoluzionare gli equilibri della Confindustria italiana. Un progetto che prevede la fusione tra le associazioni provinciali di Roma, Rieti, Viterbo e Latina, che consentirebbe alle imprese del Lazio di avvicinarsi come numero di iscritti a quello dei colleghi milanesi dell'Assolombarda e che permetterebbe alla Confindustria laziale di passare da 2.500 a 4.000 iscritti (contro i 6.000 della associazione lombarda), facendo così di fatto pesare sempre di più Roma sul piano politico economico nazionale. Cosa che naturalmente non dispiacerebbe a quello che oggi viene considerato da tutti come l'uomo più influente e potente della città: Francesco Gaetano Caltagirone. E Regina non nasconde di aver raccolto molti degli “stimoli” arrivati in questi ultimi anni proprio dall'editore romano che – dopo aver richiesto due anni e mezzo fa una forte “discontinuità” nella guida della città – sembra ora aver puntato forte sul capo della Uir anche per cercare di ridare a Roma quella centralità che, secondo il Calta, la città aveva perso negli anni dell'amministrazione veltroniana e che anche sotto la guida di Gianni Alemanno sembra non essere riuscita ancora a riconquistare.


    Ma il dato che in questi giorni ha più affascinato gli osservatori di cose finanziarie riguarda un altro dettaglio significativo del profilo di Regina. Secondo molti analisti, Regina è riuscito a diventare espressione di una certa classe dirigente che punta a essere alternativa all'establishment che si è lasciato conquistare negli ultimi tempi dall'irresistibile potere di seduzione esercitato da Giulio Tremonti. Una classe dirigente che si confessa in amichevole contrasto con le teorie “colbertian-stataliste” professate dagli apostoli del tremontismo e che ora sente il bisogno di farsi con urgenza portavoce di uno dei sogni finora irrealizzati del quindicennio tremontian-berlusconiano: tagliare le tasse. E chi lo conosce bene racconta che una delle critiche più dure rivolte al presidente di Confindustria sia stata proprio la scarsa decisione con cui Marcegaglia avrebbe incalzato il governo su quello che Regina crede sia il primo vero punto presente nell'agenda degli industriali italiani: giù le tasse.
    “Io – racconta il numero uno della Uir – sono convinto che non ci sia scelta: che l'unica possibilità per riattivare la macchina economica del paese sia quella di contenere la spesa pubblica tagliando con urgenza le tasse. Si tratta di un'esigenza elementare ma allo stesso tempo vitale. Un punto importante per gli imprenditori che non è possibile continuare a rimandare”.
    Ma oltre al tema delle tasse Regina ammette di essere anche un convinto sostenitore del così detto teorema Summers: un modello economico suggerito dall'ex consigliere di Barack Obama alla Casa Bianca Lawrence Summers (di cui questo giornale ha parlato a lungo), secondo cui è necessario investire in infrastrutture per stimolare in modo concreto la crescita del paese soprattutto in tempo di crisi. Ed è anche seguendo l'impostazione di Summers che da alcune settimane Regina sta provando a convincere il sindaco di Roma Alemanno, il presidente della provincia Zingaretti e il governatore del Lazio Polverini a dare il via libera a un investimento di sei miliardi di euro per la costruzione di una nuova bretella del Raccordo anulare capace di collegare la capitale con tutte le altre province della regione.
    “Credo – dice Regina – che anche durante le crisi sia compito dei governatori, degli amministratori, dei politici e degli industriali impegnarsi per investire in quelle infrastrutture che potrebbero aiutare il nostro paese a stimolare la crescita negli anni a venire”. Una critica a Marcegaglia? Regina la mette così. “Emma è una persona decisa, intelligente, di grande energia e capacità di sentire il mondo delle imprese e la stima che nutro per lei non è né formale né retorica. Nel rapporto con la politica e con il governo, però, è stata vittima, come lo siamo stati tutti, dell'illusione ottica per la quale una maggioranza larga sarebbe stata anche stabile. Così non è stato e questo si è rivelato un problema per tutto il mondo produttivo e naturalmente anche per le relazioni confindustriali. Emma ha fatto bene a focalizzarsi sul tema dei contratti e delle relazioni industriali, per quanto comunque queste siano tematiche che riguardano una parte importante del sistema ma non tutto il sistema delle imprese. Chi ritiene che avrebbe potuto fare molto di più probabilmente non considera in modo adeguato il contesto in cui si è trovata a operare. Detto questo, per il futuro ciò che vedo prioritario è davvero una riforma del fisco che dia regole certe e condizioni meno opprimenti per chi continua a scegliere di investire nelle imprese invece che nella speculazione. Perché quella fiscale è una gamba necessaria tanto quanto e forse di più delle riforme del mercato del lavoro”.


    Dal punto di vista politico, Regina racconta di essere cresciuto seguendo gli insegnamenti liberali del democristiano Guido Carli, confessa di essere stato iscritto alle giovanili della Dc, di essere stato originariamente un elettore di Silvio Berlusconi, di essere stato (ma non alle ultime elezioni) un sostenitore del centrosinistra e, sempre nel mondo della politica, ammette di aver coltivato delle amicizie significative: con Giuliano Amato (di cui Regina è stato studente e da cui è stato scelto come successore alla presidenza del circolo tennis di Orbetello), con il sottosegretario Gianni Letta (di cui è buon amico di famiglia), con il ministro Giulio Tremonti (con cui ha fondato l'Aspen) e, più recentemente, anche con la famiglia Berlusconi. Ma il suo ingresso nel salotto buono della politica è avvenuto al termine di un percorso che di politico ha avuto ben poco e che ha permesso a Regina di affinare la sua dote di discreto tessitore di rapporti trasversali. Prima come assistente alla cattedra di Metodi per la risoluzione dei conflitti internazionali alla Scuola di guerra dell'esercito (nel 1984), poi come assistente del vicesegretario generale per le tematiche del medio oriente all'Onu Giandomenico Picco (nel 1986), poi come manager alla Procter & Gamble (nel 1988), alla Philip Morris (nel 1990), alla British American Tabacco (di cui è consigliere delegato) e infine come presidente dell'azienda che produce il sigaro più famoso d'Italia: quel Toscano di cui Regina è proprietario e di cui due anni fa Luca Cordero di Montezemolo ha rilevato il venti per cento del pacchetto azionario. Il presidente della Ferrari è un buon amico di Regina e una domanda sulla sua eterna-quasi-sicura-ormai-prossima-anzi-no-impossibile-discesa-in-campo alla fine scappa anche a noi. E Regina risponde iniziando da una premessa interessante.
    “Vedete: io credo che sia doveroso augurarsi che questo governo continui, se ne ha la forza, ad andare avanti. Le imprese oggi non chiedono di avere questo o quel governo, reclamano piuttosto attenzione e premura nel realizzare quelle riforme che possano favorire lo sviluppo e la crescita del paese e allontanare gli spettri della crisi. Ciò che danneggia i mercati, sia quello finanziario sia quello reale, è l'incertezza, il clima di instabilità in una fase difficile e complessa come questa, e i barocchismi dei partiti diventano totalmente incomprensibili. Io sono un bipolarista convinto e un fautore del sistema maggioritario: sono consapevole che gli anni del proporzionale ci hanno consegnato esecutivi che non sempre hanno saputo governare e che non sempre sono stati capaci di esprimere una classe dirigente in grado di modernizzare il paese. Dunque, sì, mi auguro che questa maggioranza vada avanti ma nel caso in cui non dovesse farcela credo che la soluzione migliore non sia quella di fare un altro governo ma di andare al voto”.
    Chiediamo: e nemmeno se ci fosse un Tremonti alla guida del governo? Regina non ci crede e risponde così: “Io stimo Tremonti e credo sia stato un vantaggio per l'Italia aver avuto lui alla guida del ministero dell'Economia in questi mesi. Non ho mai considerato Tremonti un tecnico con velleità politiche ma un politico a tutto tondo, autorevole e competente. Anche per questo, Tremonti ha il profilo politico e la visione internazionale per poter ambire alla successione di Berlusconi. E' chiaro che non si tratta di una successione scontata, non tanto per le qualità di Tremonti quanto per l'incognita del sistema delle alleanze del post Berlusconi. Quanto a Montezemolo – conclude Regina slacciandosi l'ultimo bottone della giacca blu di buona sartoria e dondolandosi in avanti e indietro su una robusta poltrona di pelle nera – è stato un ottimo presidente di Confindustria, e i suoi successi come imprenditore e come manager sono fuori discussione. Fare politica è una cosa diversa e credo che a lui per primo non sfugga. Non so se voglia scendere in campo, come si dice, non lo escludo ma glielo sconsiglio: anche se devo dire che trovo vergognosi gli attacchi preventivi che sta subendo”.
    A Roma, però, l'idea di intercettare il malcontento provocato dalle “scarse attenzioni” offerte dalla politica al mondo degli industriali ha affascinato anche il sindaco Gianni Alemanno e non è un mistero che negli ultimi mesi il primo cittadino di Roma abbia scelto di puntare su Regina per studiare il percorso attraverso il quale potrebbe tentare la sua scalata nazionale. Nonostante un primo buon approccio con il mondo dei poteri romani (testimoniato da una coraggiosa ma non riuscitissima commissione bipartisan che avrebbe dovuto elaborare le grandi riforme necessarie allo sviluppo della città), il sindaco Alemanno ha trovato molte difficoltà a costruire un rapporto di fiducia con l'establishment romano; e dopo una prima fase di grande rimescolamento immediatamente successiva alla presa della città, gli imprenditori hanno scelto di spendersi per creare una nuova rete di sostegno non tanto attorno al sindaco di Roma ma quanto al capo degli industriali. A tal punto che, come riconosce un'analista che conosce bene gli equilibri della capitale, “oggi è difficile non riconoscere che una parola di Regina vale ormai più di una parola di Alemanno”.


    Alla fine della nostra lunga chiacchierata,
    la domanda alla quale Regina non vorrebbe rispondere è naturalmente quella relativa alle vere ambizioni per il futuro. Chiediamo: ma davvero questo quarantenne foggiano ha puntato il mirino sulla poltrona di Emma Marcegaglia? Regina offre una risposta diplomatica. Ma poi qualcosa la ammette.
    “Io da quando ho intrapreso l'esperienza associativa non ho mai scalpitato per ottenere poltrone o posizioni di comodo ma quando ho avuto le occasioni per dare un contributo al cambiamento e sviluppare progetti di grande impatto non mi sono mai tirato indietro. Il capo di Confindustria – si sa – viene scelto dai suoi associati, dalle imprese e dagli imprenditori italiani. Oggi sono orgoglioso e onorato di guidare gli industriali di Roma, e se questo è stato possibile è solo perché attorno al mio nome si è registrato quel consenso largo che mi ha consentito poi di lavorare con serenità e determinazione, con una squadra di persone di altissimo profilo professionale e personale. Non so se queste condizioni sono ripetibili, ma sarebbero comunque imprescindibili. In ogni caso concentriamoci sulle responsabilità che ognuno di noi ha oggi. Se faremo bene ne guadagnerà il paese, le imprese e ciascuno di noi”.
     

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.