Se non riuscite a leggere questi libri potete sempre guardare le figure
Un maschio nudo e palestrato compare già sulla copertina di “Autopsia dell'ossessione”, ultimo romanzo di Walter Siti (Mondadori). Ma le librerie non sono vietate ai minori, dal nero spuntano solo un braccio e un collo taurino. Dentro, è altra faccenda: la carta pesante che un po' infastidisce il lettore seriale (per forza poi passiamo a Kindle) serve per una galleria di maschi in pose plastiche, tra l'osceno e il kitsch.
Un maschio nudo e palestrato compare già sulla copertina di “Autopsia dell'ossessione”, ultimo romanzo di Walter Siti (Mondadori). Ma le librerie non sono vietate ai minori, dal nero spuntano solo un braccio e un collo taurino. Dentro, è altra faccenda: la carta pesante che un po' infastidisce il lettore seriale (per forza poi passiamo a Kindle) serve per una galleria di maschi in pose plastiche, tra l'osceno e il kitsch. Lungo filo di perle – degno di Franca Florio nel ritratto di Giovanni Boldini – che orna pettorali e addominali pompati e oliati. Cosciotti spalancati con mano a conchiglione per coprire il poco che si può. Pose copiate dalle rivistine artistiche che fotografavano pastorelli o divinità dell'Olimpo ugualmente ignude (vedere per credere il documentario “Beefcake” di Thom Fitzgerald) da spedire in busta anonima nella provincia americana prima di Stonewall. Scatti a pancia in giù su un letto disfatto, con indosso una vestaglia stampata che scopre un paio di glutei marmorei.
Se non sappiamo leggere – o non ne abbiamo voglia – possiamo guardare le figure, ricavandone che il romanzo racconta l'ossessione amorosa del maschio narratore. Deducendone che, se parliamo di oggetti del desiderio, non esiste differenza tra le labbra siliconate e le tette rifatte e i bicipiti gonfi e depilati. In entrambi i casi trionfa la plastica, Barbie e Big Jim sembrano di carne al confronto. E non osiamo immaginare cosa penserebbe Michela Marzano se vedesse simili fotografie, con una femmina a gambe larghe in posa appetitosa al posto di un bisteccone.
Ci aiutiamo con le figure anche nel romanzo di Umberto Eco, “Il cimitero di Praga” (Bompiani). Inserite come in un feuilleton ottocentesco, con la didascalia e il rimando al numero di pagina, troviamo un ebreo con il naso perfino più adunco di Fagin, l'isterica che fa il suo bell'arco, tutte le società segrete che un complottista riesce a scovare, la bella Babette d'Interlaken in abito da sera con volant, una réclame per una blanda soluzione di cocaina contro il mal di denti. Ci sono anche numerose ricette di cucina: il narratore e falsario Simonini ama mangiar bene, raccomanda il sale grosso sul bollito misto e spiega per filo e per segno la ricetta delle côtes de veau Foyot (carne con cipollata, gruviera, mollica).
“Povera piccina” di Patrick Dennis attorno alle figure è costruito: fotografie dello scrittore, dei suoi amici, di un'attrice nei travestimenti più camp venuti in mente prima che Susan Sontag scrivesse il suo saggio. Alle immagini nei libri di W. G. Sebald siamo abituati: “Austerlitz” nasce dalla foto un elegantissimo paggetto, con mantellina bianca e cappello piumato. Ha qualche disegno nel testo “Persecuzione” di Alessandro Piperno (tutto si chiarirà nella seconda parte del dittico). Ha solo figure la folle graphic novel di Max Ernst, intitolata “Una settimana di bontà”: tre romanzi per immagini costruiti all'inizio degli anni Trenta ritagliando illustrazioni dai feuilleton (perlopiù mostri, atroci delitti e fanciulle discinte) e aggiungendo soltanto brevi didascalie.
Il Foglio sportivo - in corpore sano