Consulti Draghi-Tremonti per evitare un salasso ai banchieri
Gran consulto in questi giorni fra Abi, Tesoro e Bankitalia. Al vaglio di banchieri e istituzioni c'è una proposta di direttiva europea sulla tutela dei depositi in discussione al Parlamento di Strasburgo che preoccupa non poco gli istituti di credito
Gran consulto in questi giorni fra Abi, Tesoro e Bankitalia. Al vaglio di banchieri e istituzioni c'è una proposta di direttiva europea sulla tutela dei depositi in discussione al Parlamento di Strasburgo che preoccupa non poco gli istituti di credito. Non solo italiani, visto che sulla direttiva firmata dal commissario Ue al Mercato interno, Michel Barnier, stanno emergendo rilievi sia dal Parlamento svedese, dove le banche godono di ottima salute, sia in Germania, dove molte Landesbanken già si preoccupano. Ma i timori maggiori si avvertono in Italia.
"Le banche più penalizzate sarebbero quelle italiane, per l'attuale meccanismo su cui è costruito il sistema di tutela dei depositi che vige nel nostro paese", dice al Foglio il direttore generale dell'Abi, Giovanni Sabatini. Qual è l'idea di Barnier? La Commissione di Bruxelles mira innanzitutto a un obiettivo: in ciascun paese deve esistere almeno un Dgs (Deposit guarantee scheme), le cui risorse devono essere alimentate dalle banche associate, con cui prevenire il fatto che i costi delle crisi bancarie si trasferiscano sui bilanci pubblici. "In Italia – ricorda Sabatini – operano già due Dgs, il Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) per le banche e il Fondo di garanzia per la tutela dei depositanti delle banche di credito cooperativo, che prevedono il rimborso dei depositi fino a 100 mila euro". Quindi nessun problema.
Sono invece altri gli aspetti che temono gli istituti italiani. La proposta di direttiva punta infatti a istituire una vera e propria polizza contro il rischio di collasso dei singoli istituti. "In Italia – spiega Sabatini – i Fondi hanno svolto un ruolo fondamentale per facilitare il trasferimento di banche in difficoltà ad altre sane". Il fine delle regole italiane, aggiunge un banchiere di un primario istituto di credito, è quindi quello di impedire il fallimento di una banca – un'impostazione continuamente criticata dagli altri paesi, ma da essi praticata largamente nel corso della recente crisi – non di rimborsare i depositi. A sostegno della bontà del sistema italiano alcuni manager finanziari ricordano che uno studio condotto dal centro di ricerca della Commissione europea (Jrc) ha confermato che il metodo italiano è quello che ha funzionato meglio.
Ma sono anche altri i dettagli del progetto Barnier a essere stati discussi, e criticati, in riunioni riservate fra dirigenti della Banca d'Italia, esponenti del ministero dell'Economia ed esperti dell'Associazione bancaria italiana. I tempi di rimborso sono stati ridotti a 7 giorni, "un periodo troppo breve" chiosa Sabatini, che aggiunge: "Il rimborso entro 7 giorni è fuori da ogni pratica possibilità di una seria gestione". Inoltre si prevede un sistema di finanziamento giudicato oneroso dagli istituti. "Il target level delle risorse del Fondo – si legge in una delle relazioni tenute nel corso di un seminario riservato che si è svolto a Palazzo Koch negli scorsi giorni – è indicato nell'1,5 per cento del totale dei depositi oggetto di tutela (eligible deposits) del Dgs (corrispondenti grosso modo al totale, non solo quindi di quelli garantiti)”. Non solo: si prevede che le banche siano chiamate a versare ex post contribuzioni straordinarie in caso di insufficienza della parte ex ante pari allo 0,5 per cento.
La visione unanime dei banchieri, che hanno sollecitato Tesoro e Bankitalia a una moral suasion anche nelle istituzioni dell'Unione europea, è in sostanza la seguente: non è il momento di spremere un ulteriore 2 per cento da istituti di credito alle prese con tassi bassi, incagli e sofferenze in crescita e i requisiti di Basilea III in arrivo che implicano maggiori dotazioni di capitale.
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