Al voto, ma con la sciabola
Dopo aver fatto un brutto errore, buttando fuori malamente Fini perdendo la maggioranza alla Camera e facendo naufragare il partito che reggeva il governo, il Cav. può farne un altro: portare il paese alle elezioni senza chiedergli una scelta definitiva che riguardi la natura del potere e dello stato. A votare per il nulla del pettegolezzo, delle risse personali e della caccia al traditore l'elettorato di centrodestra stavolta potrebbe non andarci, o andarci in misura insufficiente a vincere, e in caso di vittoria risicata, a governare poi.
Leggi Il Cav. si fa i fatti nostri - Leggi Party e patti - Leggi Il testo della mozione di sfiducia
Dopo aver fatto un brutto errore, buttando fuori malamente Fini perdendo la maggioranza alla Camera e facendo naufragare il partito che reggeva il governo, il Cav. può farne un altro: portare il paese alle elezioni senza chiedergli una scelta definitiva che riguardi la natura del potere e dello stato. A votare per il nulla del pettegolezzo, delle risse personali e della caccia al traditore l'elettorato di centrodestra stavolta potrebbe non andarci, o andarci in misura insufficiente a vincere, e in caso di vittoria risicata, a governare poi. Non c'è bisogno di atteggiamenti gladiatori, basta una sincera e limpida analisi politica: nessuno è in grado di governare l'Italia, dopo la crisi e il tramonto del sistema dei partiti, con questo quadro costituzionale, con queste leggi e consuetudini, con questa prassi istituzionale, con questi poteri insufficienti delegati al capo dell'esecutivo, con questi poteri selvaggi delegati alla magistratura o con le attribuzioni di controllo e arbitraggio che spettano al Quirinale e alla Corte costituzionale. La questione dei media è culturale, dipende fondamentalmente dal modo in cui si dispone e organizza la società, ma è in un certo senso anch'essa una variante della natura del potere: giornali e televisioni percepiscono una debolezza congenita di chi governa, sentono che non esiste un protocollo condiviso di buone maniere civili, che tutto è permesso e che tutto resterà possibile, e così fiorisce fino all'assurdo una logica estremistica, tribunizia, demagogica, una mimica di contropotere che non ha riscontro alcuno in democrazie occidentali paragonabili a quella italiana.
Gli italiani sanno che le cose stanno così. Può anche essere che ne godano e che considerino la debolezza del potere centrale una garanzia per il loro profilo individualista e cinico, per i loro comodi e idoli. Ma può anche essere che una maggioranza netta di cittadini ne abbia abbastanza di una transizione che tra poco festeggerà i vent'anni, un lungo periodo storico in cui Berlusconi ha supplito alla fine dell'autorità e dell'autorevolezza della politica con la sua immaginazione e personalità, nel bene e nel male, come si dice. Un lungo periodo storico in cui le cose fatte sono state fatte a dispetto della politica, in barba alla razionalità e spesso in lotta contro tentativi ripetuti di sindacare e poi cassare la volontà sovrana del corpo elettorale attraverso manovre parlamentari di ribaltone e trucchi di ogni genere, da quelli burocratici a quelli giudiziari. Siamo un paese in cui prevalgono di gran lunga sulla politica il pettegolezzo, la caciara, il disordine orchestrato e politicamente usato e abusato da lobby più o meno note od occulte. Nessuno in questo quadro può riformare, detassare, liberalizzare, orientare in senso liberale un sistema prigioniero delle droghe che ha sempre assunto e di molti altri vizi. E' possibile che un Berlusconi deciso a configurare una vera rottura, senza paura e senza guasconeria, alla fine risulti una quarta volta convincente. E' possibile. Non più di questo.
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