Due dubbi per il futuro sullo stile bernankiano di Trichet
Per la seconda volta la Banca centrale europea ha raffreddato la speculazione, comunicando al mercato che è pronta ad acquistare titoli di stato dei paesi in difficoltà, colmando ritardi e lacune decisionali degli organi dell'Ue
Per la seconda volta la Banca centrale europea ha raffreddato la speculazione, comunicando al mercato che è pronta ad acquistare titoli di stato dei paesi in difficoltà, colmando ritardi e lacune decisionali degli organi dell'Ue. E' comprensibile che così sia, dato che la Bce emette moneta e può quindi svolgere un'efficace azione di contrasto che il Fondo europeo non può condurre sia per le limitate disponibilità, sia per le sue procedure.
Gli opinionisti hanno sottolineato che la Bce ha deciso di seguire la linea della Fed americana, la quale a più riprese ha effettuato acquisti massicci di titoli di stato Usa. Con la differenza che la Banca centrale americana può farlo legalmente, mentre quella europea deve aggirare gli accordi di Maastricht, facendo di necessità virtù. Il nervosismo del presidente dell'Istituto centrale, Jean-Claude Trichet, nella conferenza stampa di ieri in cui ha accusato Germania, Francia e Italia d'aver tentato tra il 2004 e il 2005 di distruggere il Patto di stabilità, testimonia l'esistenza di una situazione ancora tesa che non giova a placare la speculazione, né rappresenta una risposta ai problemi dell'Unione e dell'Euroarea.
Sull'efficacia dell'intervento non vi possono essere dubbi; ma è lecito domandarsi se la Bce è disposta a perseguire questa politica fino al punto di perdere il controllo della creazione di base monetaria, correndo seri rischi inflazionistici, ossia ignorando il suo mandato “stretto”. In caso di mancata risposta degli organi dell'Unione, il mercato la sottoporrà alla prova “estrema”. Un secondo problema è che, se creasse base monetaria attraverso il cosiddetto canale Tesoro, dovrebbe ridurre quella immessa per il canale banche, con una conseguenza negativa per i tassi dell'interesse e l'offerta di credito. Tuttavia, proprio mentre la Bce annunciava la sua volontà di contrastare la speculazione sui titoli di stato, si apprendeva che le banche europee avevano già provveduto ad aggiudicarsi una grande fetta dei 3,3 miliardi di dollari del programma di emergenza del credito deciso dalla Federal Reserve governata da Ben Bernanke. I pericoli di stretta creditizia dovrebbero pertanto essere sventati, ma non quelli inflazionistici.
Esistono alternative alla politica delle due grandi Banche centrali? Per entrambe la soluzione sarebbe quella proposta da mesi su questo stesso giornale di “parcheggiare” gli eccessi di debito pubblico (oltre il 60 per cento secondo l'Unione europea e il 70 per cento secondo gli analisti) presso il Fondo monetario internazionale denominandoli Diritti speciali di prelievo. Oppure, in assenza di questo accordo, parcheggiarli presso il Fondo di stabilità europeo con la garanzia di un rimborso certo, diluito nel tempo e a tassi compatibili. Mesi addietro l'ex ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, e ieri Mario Monti sul Corriere della Sera hanno caldeggiato un'analoga soluzione. Ma il primo propone di limitarla agli eccessi di indebitamento pubblico nati per fronteggiare la crisi, mentre l'ex commissario alla Concorrenza nell'esecutivo di Bruxelles suggerisce di attuarla con una tecnica più complicata di quella qui avanzata.
La proposta di Monti richiede l'abbattimento dell'ostacolo politico all'emissione di bond “europei” (che equivale a simulare un'Unione politica), invece dell'uso di una struttura privatistica, con azionista l'Unione europea, come quella inventata per il Fondo che ha sede in Lussemburgo. In ogni caso, la coscienza che il problema dei debiti pubblici e del rigore monetario debba essere affrontato alla radice va guadagnando terreno. E' giunto il momento di prendere decisioni coraggiose per frenare la slavina.
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