14 dicembre, non 25 aprile

Lo stato di minorità del fronte TTB che non sa a che dopo votarsi

Salvatore Merlo

La data del 14 dicembre si è caricata di molte aspettative per l'atteso doppio voto di fiducia al governo, ma questa data tutto sembra tranne che la vigilia della deberlusconizzazione. Il 14 dicembre prossimo non è il 25 aprile: non sono sbarcati gli americani, non c'è stato il passaggio in blocco dei fascisti all'antifascismo, né all'orizzonte si affaccia un nuovo e gagliardo sistema di potere pronto a sostituire quello vecchio e un po' decadente.

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    La data del 14 dicembre si è caricata di molte aspettative per l'atteso doppio voto di fiducia al governo, ma questa data tutto sembra tranne che la vigilia della deberlusconizzazione. Il 14 dicembre prossimo non è il 25 aprile: non sono sbarcati gli americani, non c'è stato il passaggio in blocco dei fascisti all'antifascismo, né all'orizzonte si affaccia un nuovo e gagliardo sistema di potere pronto a sostituire quello vecchio e un po' decadente. Insomma manca un'alternativa a Silvio Berlusconi: non esiste un leader antitetico, non c'è un tessuto connettivo di interessi che si contrapponga al Cavaliere taumaturgo sostenendo un'altra squadra e un'altra soluzione. “I poteri stanno tutti alla finestra e aspettano, il centrosinistra del Pd non è pronto e il centrismo di Fini e Casini non appare convincente”, sintetizza per il Foglio il professor Angelo Panebianco. Spiega l'editorialista del Corriere: “Non mi sembra ci sia un crollo di regime alle viste. Assistiamo a un indebolimento consistente del Pdl e di Berlusconi, ma non esiste un'alternativa e dunque non mi pare che l'attuale sistema possa crollare”. A eccezione di alcuni salotti Rai da seconda serata televisiva, non c'è nemmeno lotta sociale oggi in Italia. “La situazione vede i poteri alla finestra, in attesa. E i partiti di opposizione quasi ininfluenti: il Pd non funziona, non si è mai visto un partito di opposizione che non riesca a trarre vantaggi dal logoramento del partito di governo. Il cosiddetto terzo polo? Appare soprattutto una costruzione mediatica. Mi chiedo come faranno a stare insieme Fini e Casini quando si dovrà parlare, per esempio, di temi etici”, conclude Panebianco.

    Tutti gli scenari che sono stati disegnati in questi giorni intorno all'esito del fatidico 14 dicembre sui quotidiani, nelle propalazioni di Palazzo e persino negli auspici degli avversari di Berlusconi, sono scenari intimamente berlusconiani. Governo Letta, governo Tremonti, Berlusconi bis. Anche l'ultimissima ipotesi, di cui ha scritto ieri Repubblica, è la realizzazione di una nuova architettura berlusconiana: il Cavaliere dimissionario, Angelino Alfano premier, Berlusconi che si accontenta del rango di semplice ministro e di nume tutelare – Lord protettore – del governo. Un'ipotesi forse davvero circolata nei corridoi (lateralissimi) di Palazzo Chigi – chissà – ma che alimenta un sospetto malizioso: sembra l'espressione inconsapevole di uno stato di minorità che affligge il fronte TTB (tutto tranne Berlusconi). Il peggio che si riesca ad augurare al premier è che il Cavaliere si faccia ministro e tutore di un giovane successore alla carica di presidente del Consiglio. Non proprio un 25 aprile.

    “La deberlusconizzazione è complicatissima e non ci siamo per niente vicini”, dice Antonio Padellaro, il direttore del Fatto quotidiano. “Per abbatterlo ci vorrebbe una grande convergenza di poteri e di partiti, che non c'è. Il Vaticano? Mi sembra che faccia tutto tranne che una crociata contro Berlusconi. Avrebbero potuto ‘scomunicarlo' per le faccende della sua vita privata, colpirlo sul serio, e invece si sono limitati a uno scappellotto. Qualcuno, come monsignor Rino Fisichella, lo ha persino difeso. La Confindustria? Sta con un piede di qua e uno di là. La confederazione degli industriali è più attenta a ottenere concessioni qui e ora che a disegnare scenari per il futuro del paese. I partiti di opposizione? Non sono in grado di esprimere un leader competitivo. La speranza è che si sveglino. Bersani è uno bravo e quadrato. Ma dovrebbero individuare un leader esterno, come fu Prodi, uno capace di unirli tutti in un grande Cln che si presenti alle elezioni contro il Cavaliere. Ci vuole uno stimato anche all'estero, uno come Mario Draghi o Mario Monti”.

    Il premier appare a tutti indebolito,
    fiaccato “ma fortunato perché senza veri avversari”, dice il direttore di Europa, Stefano Menichini. “L'alternativa non esiste e tutti, da Bersani a Fini, stanno giocando di rimessa, secondo un'agenda che non è la loro. Eppure non bisogna sottovalutare quanto potrebbe accadere il 14 dicembre prossimo”, aggiunge Menichini. “Forse il Cavaliere non sarà sostituito da un sistema alternativo, ma si potrebbe assistere alla lesione del suo potere autocratico. Un Berlusconi senza numeri in Parlamento, costretto a scendere a patti con alcuni propri avversari, è un Berlusconi che si avvia al tramonto. Essere costretto a spartire il potere, per lui, l'unto del signore, lui che si rappresenta come l'incarnazione stessa del potere, è uno sfregio letale. L'uomo che volle farsi re si scopre umano. Quindi imperfetto e battibile”. Ma sarebbe comunque soltanto l'inizio, della fine.

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.