Musica per camaleonti

Casini si è ripreso il centro della pista e fa ballare Fini al suo ritmo

Salvatore Merlo

Se Gianfranco Fini suona la tromba di guerra del terzo polo, il direttore d'orchestra sembra essere Pier Ferdinando Casini. Da qualche settimana, dal giorno in cui il leader centrista ha accelerato sulla sfiducia al Cavaliere trascinandosi dietro un Fini ancora non del tutto convinto, il rapporto tra i due si è rovesciato, disegnando un nuovo equilibrio all'interno del quale l'ex leader di An appare al traino del capo dell'Udc. Una condizione di minorità che viene confermata anche dagli ambienti finiani moderati, che dei centristi non si fidano affatto.

    Se Gianfranco Fini suona la tromba di guerra del terzo polo, il direttore d'orchestra sembra essere Pier Ferdinando Casini. Da qualche settimana, dal giorno in cui il leader centrista ha accelerato sulla sfiducia al Cavaliere trascinandosi dietro un Fini ancora non del tutto convinto, il rapporto tra i due si è rovesciato, disegnando un nuovo equilibrio all'interno del quale l'ex leader di An appare al traino del capo dell'Udc. Una condizione di minorità che viene confermata anche dagli ambienti finiani moderati, che dei centristi non si fidano affatto. Da Bastia Umbra, quando il presidente della Camera aveva parlato da leader del terzo polo, allo stop delle attività diplomatiche con il Cav. impostogli ieri da Casini, sembra essere passato un secolo.

    Ieri l'ex leader di An ha serrato i ranghi del suo gruppo, dopo le vistose aperture ireniste di mercoledì, e ha affidato l'indicazione della linea dura a Italo Bocchino, frenando le trattative che pur sono state aperte con il Pdl: “O dimissioni di Berlusconi o il 14 voteremo la sfiducia”. Casini è rimasto semisilente, ma politicamente soddisfatto. Irritato dagli incontri dei giorni scorsi tra gli ambasciatori finiani con Berlusconi e di quelli berlusconiani con Fini, il leader dell'Udc aveva sostanzialmente preteso che l'alleato facesse professione di fedeltà terzopolista. E così è stato. Ma nelle file di Fli serpeggia preoccupazione, un sentimento emerso ancora ieri mattina in un vertice alla presenza del capo. La decina di parlamentari che, come Silvano Moffa e Pasquale Viespoli, non vorrebbe arrivare al voto di sfiducia, ieri ha piegato la testa di fronte alle rassicurazioni di Bocchino e dello stesso presidente della Camera: “E' possibile ottenere le dimissioni di Berlusconi prima del 14 ed evitare il voto”. Il confronto interno a Fli è per il momento sospeso. Fino a lunedì prossimo i moderati staranno a vedere se i negoziati di Bocchino – cui però il Cavaliere non ha offerto grandi speranze – andranno a buon fine. Così non è improbabile che martedì, giorno fatidico della fiducia, al di là delle operazioni del Pdl per recuperare voti alla Camera, si possa consumare un dramma familiare all'interno di Fli.

    “Il grande atout politico di Fini è la fortuna. Probabilmente se la caverà anche stavolta”, ha commentato ieri, con alcuni colleghi del Senato, Andrea Augello, tessitore pidiellino di trame pacifiste. Ma i finiani come Moffa osservano con preoccupazione il proprio leader correre all'interno di una strettoia che non prevede uscite di emergenza, una strada disegnata da quel Casini che, comunque vada – fallisse l'operazione sfiducia – rimarrebbe comunque libero e in prospettiva anche capace di riarticolare un rapporto dialettico con il premier; manovra che, invece, al Fini antiberlusconiano costerebbe moltissimo dal punto di vista dell'immagine e sotto il profilo della coerenza politica. D'altra parte, nel Pdl, Gianni Letta consiglia al premier di aprire a un allargamento del governo, dopo aver ottenuto la fiducia il 14. “La otterremo sia alla Camera sia al Senato, dopodiché sarà possibile pensare a un allargamento”, ha suggerito anche Roberto Formigoni. Il timore più forte dei moderati finiani è che Casini, dopo aver spinto Fli oltre il limite di non ritorno, abbandoni Fini cedendo alle lusinghe berlusconiane e ai consigli non trascurabili del Vaticano. Per questo gli uomini come Moffa avrebbero preferito che il presidente della Camera aprisse subito una trattativa con il Cavaliere, senza pretendere le sue dimissioni. Un'opzione tuttavia resa impossibile, per Fini, proprio dal rapporto di alleanza con Casini, il quale – messo in allarme – mercoledì aveva già inviato un messaggio inequivocabile al piano nobile di Montecitorio: dopo essere passato per il traditore di Berlusconi adesso vuoi passare anche come il traditore del terzo polo?

    Un mese fa, dal palco di Bastia Umbra, era Fini, coltivando forse un pregiudizio di superiorità, a parlare anche per conto del partito centrista. Ma il giorno successivo Casini aveva già chiarito che le cose non stavano affatto così: ingaggiando una manovra di avvicinamento a Berlusconi al fine di smarcarsi dalle posizioni battagliere di Fini, per poi, quando Fini aveva ormai innestato una cauta retromarcia, accelerare improvvisamente con l'annuncio di una mozione di sfiducia. Con la mossa finiana di ieri, ogni dubbio residuo sulla qualità dei rapporti di forza è sciolto.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.