Chi sono gli smanettoni che sostengono Assange

Giulia Pompili

Il blocco dei finanziamenti al sito internet Wikileaks ha provocato le reazioni dei giovani smanettoni sostenitori di Julian Assange. Subito dopo l'arresto del giornalista australiano si è scatenata la disobbedienza telematica di “hacker” apparentemente improvvisati, che dopo aver provocato con qualche trucchetto il crash del sito internet di Mastercard, hanno annunciato di voler “fare fuoco su qualsiasi cosa o persona che cerchi di censurare Wikileaks”.

    Il blocco dei finanziamenti al sito internet Wikileaks ha provocato le reazioni dei giovani smanettoni sostenitori di Julian Assange. Subito dopo l'arresto del giornalista australiano si è scatenata la disobbedienza telematica di “hacker” apparentemente improvvisati, che dopo aver provocato con qualche trucchetto il crash del sito internet di Mastercard, hanno annunciato di voler “fare fuoco su qualsiasi cosa o persona che cerchi di censurare Wikileaks, comprese le società multimiliardarie come PayPal”. Poi, la minaccia: “Twitter, che stai censurando la nostra discussione, la tempesta di merda sta per colpirti”. La polizia olandese ha già fermato un sedicenne coinvolto nei cyber attacchi ai siti internet di Mastercard, Visa, PayPal. La prossima 'vittimà, è stato annunciato, sarà Amazon, che però al momento sta resistendo.

    Wikileaks, sin dall'inizio della campagna di diffusione dei cablogrammi, ha utilizzato per lo più Facebook e Twitter per destare l'attenzione dei giovani e sfruttare il passaparola telematico. Dopo l'arresto di Assange, i due social network più popolari al mondo sono stati utilizzati dal gruppo di attivisti noto come Anonymous per organizzare l'operazione “Payback” e colpire le società ritenute “responsabili di azioni contro Wikileaks e Assange”. In un manifesto pubblicato oggi in rete si leggono i sette punti dell'azione di Anonymous, che puntano a colpire “chiunque tenti di censurare Wikileaks” e chiedono i sostenitori di votare Assange come uomo dell'anno 2010. Nonostante i retwitt (diffondere il messaggio di qualcuno attraverso un copia-incolla) e il numero di discussioni in corso sul tema, nessuna delle parole chiavi che riportano all'attività di Julian Assange è  però mai entrata a far parte dei topic trend (letteralmente “discussioni frequenti”) di Twitter. Una condizione, questa, che ha scatenato le ire del gruppo di Anonymous. I dirigenti del social network hanno ripetutamente smentito le accuse: “Twitter non sta censurando #Wikileaks, #cablegate o altri termini correlati dalla lista degli argomenti più discussi” aggiungendo che l'elenco in questione è generato automaticamente da un algoritmo, e non dalle persone. “La nostra lista di trends – proseguono da Twitter – è progettata per aiutare gli utenti a scoprire le ultime notizie da tutto il mondo in tempo reale. Qualche volta alcuni argomenti considerati popolari semplicemente non sono diffusi abbastanza e a volte i temi sono meno popolari di quanto si creda”.

    Dopo l'attacco ai siti di Mastercard e Visa,
    a quello della procura svedese, di Paypal, delle Poste svizzere, del senatore ultra-conservatore americano Joe Lieberman e dell'ex governatore dell'Alaska Sarah Palin, Facebook ha deciso di chiudere la pagina del gruppo di sostenitori di Wikileaks, precisando in una e-mail di aver agito contro contenuti che “promuovono attività illegali”. Poche ore dopo, anche Twitter ha chiuso l'account “Anon_Operation”, che contava circa 22.000 utenti (dopo poco altri due account con lo stesso nome sono riapparsi tra gli utenti di Twitter). Amazon, invece, è riuscita a sostenere l'attacco.

    Ma come agiscono i cyber dissidenti? La guerra si chiama DoS (denial-of-service attack), il grado più semplice di fastidio cibernetico. Il principio è quello dell'ufficio postale: se un numeroso gruppo di persone si mettesse d'accordo ed entrasse contemporaneamente alla posta, rallenterebbe fino a quasi bloccare l'attività dell'ufficio. Di più. Il DDoS, quello che stanno usando i ragazzi pro-Wikileaks, serve a mimetizzare e disorientare, affinché il sito verso cui è portato l'attacco non sia più in grado di capire quali utenti sono reali e quali pilotati. Wikileaks non ha mai sostenuto la campagna “Payback” organizzata da Anonymous, ma ha detto anche di “non condannarla”, nonostante sia chiaramente un'attività illegale. Significativo il fatto che le due immagini utilizzate da Anonymous, il veliero dei pirati nero e l'uomo in giacca e cravatta senza testa, sono due immagini note agli utenti di internet: la prima è quella di Pirate Bay, i difensori della pirateria informatica, la seconda quella di Project Chanology, un'organizzazione che negli scorsi anni ha tentato di distruggere telematicamente la chiesa di Scientology.

    • Giulia Pompili
    • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.