La parabola del candidato Michel Martelly alle difficili elezioni Haiti
Lui è figlio del supervisore di un impianto petrolifero. Dal punto di vista artistico il suo impatto nel mondo del kompas, stile tipico haitiano, si è evoluto in marcata salsa Usa, con arrangiamenti elettronici e atteggiamenti provocatori stile rap. E' vissuto negli Usa, ed ha avuto una moglie statunitense. È considerato vicino al presidente uscente René Préval. Il gioioso nome d'arte di Sweet Micky sembra evocare più un fumetto, che non le tragedie di una delle nazioni più disgraziate del mondo.
Lui è figlio del supervisore di un impianto petrolifero. Dal punto di vista artistico il suo impatto nel mondo del kompas, stile tipico haitiano, si è evoluto in marcata salsa Usa, con arrangiamenti elettronici e atteggiamenti provocatori stile rap. E' vissuto negli Usa, ed ha avuto una moglie statunitense. E' considerato vicino al presidente uscente René Préval. Il gioioso nome d'arte di Sweet Micky sembra evocare più un fumetto, che non le tragedie di una delle nazioni più disgraziate del mondo.
Poiché però ad Haiti nulla è mai semplice proprio Michel Martelly, questo è il suo vero nome, è diventato l'icona, forse involontaria, di una sommossa che ha visto coinvolta la parte più emarginata della popolazione contro le accuse di brogli di cui è stato investito il genero dello stesso Préval, Jude Celestin. Una rivolta della disperazione. Dopo la proclamazione dei risultati provvisori sono stati incendiati il 90 per cento degli edifici pubblici, nonostante la polizia e i Caschi Blu abbiano cercato di riportare l'ordine anche sparando sulla folla.
Altri quattro cadaveri si sono così aggiunti alla già lunghissima lista dei 230.000 morti, 300.000 feriti e un milione di senza tetto del terremoto del 12 gennaio. A questi si sommano i 2.120 morti dell'epidemia di colera che si è scatenata nella regione dell'Artibonite, e si è rapidamente estesa a tutto il paese, forse provocata dai Caschi blu nepalesi. Un contagio rapidissimo, che entro fine anno potrebbe infettare 400.000 persone, e che è già arrivato in Repubblica Dominicana e in Florida. Ci sono anche i due morti e i trenta feriti delle sommosse contro la Minustah, la missione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione a Haiti, avvenute tra 15 e 19 novembre, dopo che si è sparsa la voce sulla possibile responsabilità dei soldati asiatici nella diffusione del colera.
Altre morti sono avvenute durante la campagna elettorale per il voto del 28 novembre nell'agguato alla carovana elettorale di Celestin. La violenza è nuovamente esplosa quando si è saputo che Celestin aveva superato Martelly di qualche migliaio di voti, e dunque sarebbe andato lui al ballottaggio del 16 gennaio.
I risultati hanno dato prima col 31,37 per cento la settantenne Mirlande Manigat. Suo marito Leslie, già docente universitario di storia a Parigi, è uno dei protagonisti della vita politica di Haiti da oltre mezzo secolo: ministro degli Esteri del dittatore Jean-François Duvalier, poi suo fermo oppositore incarcerato e esule, poi fondatore di un partito democristiano, poi presidente per cinque mesi nel 1988, e nel 2006 secondo dietro Préval, col 12,4 per cento. A ottant'anni ha deciso di passare la mano alla consorte.
Secondo, col 22,49 per cento, si è posizionato Celestin, che oltre a essere genero del presidente, che non si poteva ricandidare, ha l'incarico della ricostruzione delle infrastrutture. Martelly si è fermato al 21,84. Ma i primi exit poll avevano invece dato Mirlande al 30, Martelly al 30 e Celestin a non più del 20. Già uomo di ricambio del presidente Aristide, Préval era stato a suo tempo plebiscitato come unica alternativa credibile allo screditato Aristide, ma l'inefficienza con cui ha affrontato l'emergenza del sisma ha dato un duro colpo alla sua credibilità. Gli restano però in mano abbastanza leve di potere da far sospettare in molti che le abbia utilizzate apposta per alterare le cifre che venivano dalle urne.
Il bello è che in molti, per via del colera, avevano chiesto un ulteriore rinvio di queste consultazioni, in origine in agenda per il 28 febbraio, e già saltate per via del terremoto. Ma l'Unione Europea, che aveva investito nell'organizzazione cinque milioni di euro, ha insistitito, nel timore che se no la situazione “scappasse di mano”. Appunto. Comunque, la Commissione elettorale ha ora deciso un riconteggio dei voti.
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