I botti della fiducia

Salvatore Merlo

Vittoria mutilata, tre voti alla Camera, ma vittoria. E adesso? Si pone il problema delle dimissioni di Gianfranco Fini, che Berlusconi non chiede personalmente in omaggio alla maschera dialogante e distesa che intende indossare in questa fase delicata, benché si prepari a far avanzare la richiesta battagliera ai propri uomini.

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    Vittoria mutilata, tre voti alla Camera, ma vittoria. E adesso? Si pone il problema delle dimissioni di Gianfranco Fini, che Berlusconi non chiede personalmente in omaggio alla maschera dialogante e distesa che intende indossare in questa fase delicata, benché si prepari a far avanzare la richiesta battagliera ai propri uomini. I termini della questione politica li ha messi in fila ieri, ordinatamente, lo stesso Berlusconi in un colloquio di prammatica, dopo il doppio voto, con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il Cav. si è detto fiducioso di recuperare eletti, sia alla Camera sia al Senato, tra le file in decomposizione del gruppo di Fini, Fli. Ritiene pure di poter concordare con le opposizioni alcuni interventi legislativi sulla giustizia, sul piano per il sud e sul federalismo fiscale. Ma soprattutto il Cavaliere, confortato da una quasi immediata apertura da parte dell'Udc, intende aprire le porte della maggioranza e del governo a Pier Ferdinando Casini, anche passando da una crisi pilotata e concedendo la riforma della legge elettorale (purché rimanga l'impianto bipolare). Certo, il Cavaliere ne ha parlato alla presentazione del libro di Bruno Vespa, dunque in un clima zuccheroso e “vespiano” – fu il giornalista qualche mese fa a officiare un convivio tra il Cav. e Casini – ma ne aveva anche parlato poco prima con Napolitano, poi con Denis Verdini e altri dignitari del proprio entourage.

    La Lega preferirebbe le elezioni,
    ma Umberto Bossi ha ritirato il veto sull'ingresso dell'Udc e Berlusconi, col quale ieri il leader padano ha avuto modo di parlare, ha insistito affinché un tentativo di negoziato ci sia. “Certamente però Casini dovrà accettare un accordo sul federalismo”, ha aggiunto Berlusconi per convincere l'alleato nordista. Così non stupisce che Roberto Maroni, al termine del voto alla Camera, a pranzo nei locali di Montecitorio, dica che “con l'Udc si può tentare”. Ma la Lega pone un limite di tempo: “Ci diamo tre settimane da oggi – spiega Maroni – Entro il 7 gennaio l'accordo deve essere chiuso, altrimenti andiamo alle urne a marzo”.

    Da oggi si apre il negoziato, ma il recupero di una più solida maggioranza non passa soltanto dalle manovre di avvicinamento all'Udc. E' agli uomini di Fini che Berlusconi guarda con interesse. Il gruppo del Senato, a esclusione di Giuseppe Valditara e Maurizio Saia, è in rotta con il proprio leader e con il capogruppo della Camera, Italo Bocchino, la cui linea dura è adesso sotto processo. Alla Camera il fenomeno non è diverso. I tre deputati che hanno garantito la fiducia al governo (Silvano Moffa, Maria Grazia Siliquini e Catia Polidori) potrebbero essere espulsi dal gruppo di Fli e aderire, guidati da Moffa (che lascia Fli e chiede già le dimissioni di Fini), al gruppo misto. Da lì si creerebbero le condizioni per la costituzione di un polo attrattivo moderato (“i finiani buoni”) che lavori per recuperare i non pochi scontenti, quei deputati che ieri non avrebbero voluto votare contro il governo (tra cui Giuseppe Consolo) e che troverebbero nella zona grigia rappresentata da Moffa – regista Andrea Augello, grande tessitore – una morbida camera di decompressione che permetta loro di tornare gradualmente nell'orbita della maggioranza. Piccoli smottamenti che, nella visione più ottimistica, dovrebbero trasformarsi in una valanga. Ma chissà.

     

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.