Il delirio di Barbara

Giuliano Ferrara

E' raro che un articolo politico sia contestabile dalla prima all'ultima parola. Succede ora con l'intervento scritto ieri da Barbara Spinelli per Repubblica, all'indomani del fallimento della sfiducia al governo Berlusconi. Oltre a molti interventi con la testa sulle spalle, la Spinelli ha pubblicato qualche anno fa un libro onesto su Craxi e il trattamento riservato dai giustizialisti alla Prima Repubblica. Poi deve essere successo qualcosa.

    E' raro che un articolo politico sia contestabile dalla prima all'ultima parola. Succede ora con l'intervento scritto ieri da Barbara Spinelli per Repubblica, all'indomani del fallimento della sfiducia al governo Berlusconi. Oltre a molti interventi con la testa sulle spalle, la Spinelli ha pubblicato qualche anno fa un libro onesto su Craxi e il trattamento riservato dai giustizialisti alla Prima Repubblica. Poi deve essere successo qualcosa. Merita di essere aiutata con la correzione fraterna, piuttosto che sbeffeggiata o ignorata.

    In corsivo di seguito il suo testo, in tondo le obiezioni.
    “…né Fini né Casini hanno avuto la prudenza di perseguire un obiettivo limpido, e hanno tremato davanti a una parola: ribaltone”.
     Avevamo già notato che Spinelli è non solo ribaltonista ma inconsapevolmente golpista, naturalmente in nome della Costituzione. La sua idea è questa, esplicitamente enunciata anche in altri articoli: sfiduciare Berlusconi con ogni mezzo possibile, usando della massima spregiudicatezza da parte di parlamentari eletti nelle sue liste, transfughi in cammino verso la libertà dal tiranno e in marcia verso domani che cantano; poi impedire la tenuta di elezioni con ogni forzatura presidenzialista, alla Scalfaro, e varare una norma legislativa che impedisca a Berlusconi di ripresentarsi; infine convocare i comizi con i golpisti costituzionali ormai senza più avversari. Spinelli aggiunge la sua amarezza, la sua disperazione, il suo pepe anticostituzionale alla vecchia pratica del ribaltone, di cui giustamente tutti i politici italiani hanno paura, perché il dominio pieno e incontrollato di Berlusconi sulla coscienza civile diffusa della maggioranza effettiva degli italiani si è legittimamente fondato, negli otto anni in cui ha governato dal 1994 e negli otto anni in cui da quell'anno è restato all'opposizione, sulla rabbia contro l'esproprio di democrazia che fu il ribaltone del 1994, replicato parzialmente da D'Alema nel 1998-1999, con l'operazione Cossiga-Mastella e una nuova transumanza. La linea della Spinelli è un nuovo chiodo battuto a fissare bene l'impalcatura del consenso popolare pro-Berlusconi e un goffo tentativo di sputtanare ulteriormente istituzioni già periclitanti, tanto è vero che il suo direttore, Ezio Mauro, preferisce divagare in percorsi di varia moralità leguleia e tuttavia auspica un decongestionamento della faziosità istituzionale chiedendo a Fini di dimettersi dalla presidenza della Camera e di fare politica in modo serio.

    “…dal momento in cui è eletto, ogni deputato è libero da vincoli di mandato…”. “…compravendite che prefigurano reati…”.
    L'alto richiamo all'articolo 67 della Costituzione vale per le decine di parlamentari passati all'opposizione, più o meno: ma varrà egualmente per quelli passati nella maggioranza? Il sospetto di opportunismo o di compravendita, e nel secondo caso si tratta di diffamazione fino a prova contraria (dunque più che la prefigurazione è la configurazione di un reato), vale anche quando il fascista Romano Misserville è eletto sottosegretario nel governo postcomunista e postdemocristiano di D'Alema, una maggioranza di ribaltonicchio che si è poi vergognata di un caso troppo visibile di spregiudicatezza a scopo di contabilità parlamentare? E vale altresì nei mille altri casi che hanno costellato il voto e gli affari all'estero di numerosi eletti che sostennero il barcollante governo Prodi nei due anni infausti precedenti le recenti politiche?

    “…il mese in più concesso da Napolitano…”.
    E' loscaggine o codardia presidenziale preoccuparsi di approvare la legge di stabilità in un clima da bancarotta degli stati?

    “…la difficile ma visibile caduta del berlusconismo… è un Termidoro attuato come nella Francia rivoluzionaria quando furono i vecchi amici di Robespierre a preparare il parricidio… la fine di Mussolini fu decretata prima da Dino Grandi, gerarca fascista, poi dal maresciallo Badoglio, che il 25 luglio fu incaricato dal re di formare un governo tecnico pur essendo stato membro del partito fascista, responsabile dell'uso dei gas nella guerra d'Etiopia, firmatario del Manifesto della razza…”
    Ne segue: Sciaboletta o Vittorio Emanuele III aveva più carattere di Napolitano, che ancora non risulta fuggito a Pescara; ne segue: Grandi e il razzista e gassificatore d'etiopi Badoglio sono il role model per un Fini appena approdato al “male assoluto” delle leggi razziali, a parte il corrotto Paul Barras per la parte in commedia del Direttorio termidoriano. Togliatti fece la svolta  badogliana perché aveva alle spalle Stalin e il suo interesse nazionale nonché gli eserciti alleati: che cosa hanno alle spalle Bersani e Casini, uno che serve la chiesa “per convinzione” a cena con il Cav. e Bertone da Bruno Vespa:  forse le truppe dell'ambiguo ex poliziotto, quei deputati che hanno tenuto in sella Berlusconi con la loro scelta di coscienza?

    “…il successo non è garantito e se si andrà alle elezioni Berlusconi può perfino arrestare il proprio declino e candidarsi al Colle…”.
    Dove si riconosce che il paese potrebbe pensarla diversamente dalla nota lobby, ma non si capisce se abbia il diritto di votare come crede.

    “…non è malsano che la battaglia avvenga in un primo tempo dentro la destra… un governo stile Comitato di Liberazione Nazionale sarebbe stato l'ideale, ma tutti avrebbero dovuto interiorizzarlo, e l'interiorizzazione non c'è stata…”.
    Dopo aver eccitato la sinistra o quel che ne resterebbe a imbarcarsi in una nuova badoglieide, Spinelli insiste sul primato della destra, unica forza capace di restaurare la legalità giustizialista, e aggiunge quella nota ineffabile sulla interiorizzazione di un governo di Cln, purtroppo mancata. Orwell avrebbe commentato causticamente questa “polizia del pensiero” che si spinge fino alla trasformazione di una formula di governo in stato della coscienza personale. Siamo al di là della frontiera tutto sommato laica delle ideologie del secolo scorso, per come sono state vissute nella sinistra e nel mondo comunista italiano, che almeno aveva le cautele della doppia verità e riservava queste bellurie alle masse imbigottite dalla propaganda. Interiorizzare il governo? Si rende conto di come e quanto delira, la Spinelli. Berlusconi con le sua canzoncine alla Kim Il Sung non ha ancora chiesto di interiorizzare il governo: a lui basta una sana esteriorità, per il resto liberi tutti.

    “Oggi non abbiamo alle spalle una guerra perduta, e questo complica le cose”. 
    Certo che se Berlusconi, “insidiosamente autoritario”, dichiarasse una guerra e la perdesse con molti milioni di morti, tutto il lavorio intessuto mentalmente dalla Spinelli sarebbe più semplice: ma è anche una prospettiva auspicabile? Vorremmo capire. Tanto più che sotto si legge…

    “Abbiamo di fronte una guerra d'altro genere – il rischio di uno stato in bancarotta – e ne capiremo i pericoli solo se ci cadrà addosso”.
    E' uno scongiuro venuto male, un'invocazione profetica, una dannazione meritata da quella massa rimbecillita dal premier?
    “L'opposizione del Pd è a questo punto decisiva”. 
    Ma che fa, sfotte?

    “Anche se incerte, le due destre di opposizione sanno che senza la sinistra non saranno in grado di compiere svolte cruciali”.
    Ma che fa, sfotte? Casini non è una destra di opposizione. E' un simpatico ragazzone ambizioso, politico professionale di un centro che si salvò nell'orbita berlusconiana e che risente di condizionamenti ecclesiali popolaristici e diciamo così costruttivistici. Fosse stato un Prodi, si sarebbe fatto vivo a suo tempo. Eppoi deve decidere dove è peggiore la sua relativa irrilevanza: al governo con un gregariato attivo e una promessa per il futuro o in un terzo polo dove è re incontrastato del nulla? La destra di Fini (o quel che è) aveva una prospettiva appena appetibile nella sfida o opa, come elegantemente opinato dalla Annunziata, portate nell'elettorato e nella classe dirigente del centrodestra. Fuori i finiani rischiano di figurare come strumenti non molto utili, e lo si è visto, piuttosto che soggetti competitivi.

    “Lo sapeva Machiavelli, quando scriveva che con i tiranni occorre scegliere: bisogna o vezzeggiarli o spegnerli, perché si vendicano delle leggere offese ma delle grandi non ponno”.
    La citazione, naturalmente sbagliata, visto che Machiavelli parlava dei nemici e non dei tiranni, ha una chiara e delicata conseguenza: gli italiani di minoranza, quelli che non vezzeggiano questo brutale nemico, debbono smettere di recare a Berlusconi offese leggere, come il tiro del Duomo di marmo o altre piccole e meno piccole ribalderie vocali e gestuali, essendo meglio per loro un immediato passaggio all'azione con offese gravi di cui il Cav. non possa poi vendicarsi. Ammazzarlo, per caso?

    “Lo sapeva Isaia…”.
    Domanda alla sinistra d'opposizione, quella che per definizione dovrebbe fare politica nel solco di una tradizione politica: dopo il profetismo di Vendola, quello della Spinelli. Pensate di cavarvela facendo spallucce?

    Ps. Ho visto che il Financial Times, che negli editoriali gira come la Spinelli, ora nella lex column, dove si parla di soldi, chiede di dare credito a Berlusconi. Complimenti e buon Natale.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.