Fini è contro la prassi, Napolitano può fare qualcosa. Parlano i giuristi

Giulia De Matteo

Abbiamo messo a tema con alcuni giuristi il ruolo della prassi e l'ambiguità intrinseca della posizione di Gianfranco Fini nel rivestire il ruolo di presidente della Camera. E' unanime il giudizio sulla modalità del tutto anomala con cui Gianfranco Fini sta ricoprendo l'incarico, ma sul fatto che sia Napolitano a doversi esprimere, la valutazione è più cauta.

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    Abbiamo messo a tema con alcuni giuristi il ruolo della prassi e l'ambiguità intrinseca della posizione di Gianfranco Fini nel rivestire il ruolo di presidente della Camera. E' unanime il giudizio sulla modalità del tutto anomala con cui Gianfranco Fini sta ricoprendo l'incarico, ma sul fatto che sia Napolitano a doversi esprimere, la valutazione è più cauta. Secondo Tommaso Edoardo Frosini,  ordinario di Diritto comparato a Napoli, “Giorgio Napolitano potrebbe chiamarlo e chiedere le sue dimissioni e Fini dovrebbe pensarci seriamente. Le sue dimissioni sono dovute in termini di rispetto sostanziale. Può essere sfiduciato da un punto di vista del consenso politico e pubblico, attraverso un crescendo di critiche a cui si deve rendere conto”. Ma, come spiega Fabrizio Cassella, ordinario di Diritto costituzionale comparato a Torino, “quello del presidente della Repubblica non potrebbe essere nulla più di un richiamo a un corretto uso della comunicazione istituzionale”.

    La militanza politica non è mai stata un'attività
    a cui i presidenti della Camera si siano dedicati direttamente. Come sottolinea Cassella, pronunciando il discorso di Bastia Umbra, “Fini ha provocato una rottura senza precedenti, inaugurando una radicale metamorfosi della carica di presidente della Camera: colui che sarebbe chiamato a svolgere il compito di arbitro dell'arena politica ha invocato fuori dall'aula una crisi parlamentare”. Non esiste una norma a cui appellarsi per dirimere il conflitto istituzionale in atto alla Camera. Ma, come i giuristi interpellati confermano, non tutto può essere contenuto in una norma, e non tutto lo spettro delle possibilità può essere contemplato dai regolamenti: esistono comportamenti reiterati che nel tempo assumo carattere vincolante.

    “E' un'evidenza sopratutto nel diritto parlamentare, ambito in cui la prassi è la fonte principale a cui si attinge – dice Tommaso Edoardo Frosini – Ancor più quando si tratta di organi dello stato monocratici. Ad esempio, il ruolo del presidente della Repubblica è regolato per la maggior parte dalla prassi”. Prassi il cui “custode”, dice al Foglio Michele Marchesiello, magistrato di Genova “è il presidente della Repubblica. Esiste una costituzione ed esiste una prassi costituzionale. Il caso di Fini rappresenta la rottura di una prassi che va assolutamente ristabilita, altrimenti si getta la presidenza di Montecitorio nella lotta politica”.

    La presidenza delle due Camere del Parlamento,
    spiega Nicolò Zanon, ordinario di Diritto costituzionale a Milano e membro laico del Csm, “si è evoluta nel tempo, ma nel caso di Fini la componente di parzialità di questo ruolo si è spinta oltre ogni limite”. “Fini non può essere accusato per il momento di una gestione imparziale dei lavori, ma correttezza istituzionale vorrebbe che fosse imparziale dentro e fuori la Camera. La sua duplicità crea imbarazzo”, aggiunge Frosini. Molti costituzionalisti, tra cui Cassella, individuano una vera e propria “virata storica” nell'interpretazione del ruolo data da Fini: “L'anomalia non consiste nel suo essere presidente pur essendo all'opposizione, ma nel suo approccio militante al ruolo”. La prassi è rotta, continua Cassella, “cercare di rafforzare il proprio schieramento attraverso il ruolo di presidente è più grave di un eventuale abuso consumato dal presidente del Consiglio”. Non c'è articolo della Costituzione a cui si possa far riferimento, però. “Dal punto di vista istituzionale non esiste possibilità di smuovere il presidente della Camera – dice Fulco Lanchester, ordinario di Diritto costituzionale alla Sapienza di Roma – ma c'è un problema di responsabilità istituzionale che ci si deve assumere”. Se il Quirinale ha le mani legate, chi si deve far carico di questa responsabilità? Per Raimondo Cubeddu, ordinario di Filosofia politica a Pisa, “coloro che hanno eletto Fini alla Camera devono chiedere le sue dimissioni”.

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