Le emulazioni marchionnesche

Michele Arnese

Prime crepe marchionnesche in Federmeccanica. La federazione confindustriale che più aveva traccheggiato sul nuovo corso innovatore impresso dal capo azienda Fiat, Sergio Marchionne, adesso non solo discute all'interno di un contratto ad hoc per il settore auto – ipotesi snobbata o contrastata fino a poco tempo fa – ma al suo vertice c'è chi auspica una rivoluzione federalistica: “Marchionne ha scosso il tronco di Federmeccanica che non voleva ramificazioni contrattuali bensì mantenere un unico contratto di categoria ormai superato dai tempi”.

    Prime crepe marchionnesche in Federmeccanica. La federazione confindustriale che più aveva traccheggiato sul nuovo corso innovatore impresso dal capo azienda Fiat, Sergio Marchionne, adesso non solo discute all'interno di un contratto ad hoc per il settore auto – ipotesi snobbata o contrastata fino a poco tempo fa – ma al suo vertice c'è chi auspica una rivoluzione federalistica: “Marchionne ha scosso il tronco di Federmeccanica che non voleva ramificazioni contrattuali bensì mantenere un unico contratto di categoria ormai superato dai tempi”, dice al Foglio un esponente di vertice della federazione che preferisce non essere citato: “Qualcuno cerca ancora di difendere poteri burocratici d'interdizione che impediscono rapporti moderni fra aziende e lavoratori”.

    I fautori dello status quo,
    che contrastano le tesi di Marchionne sull'impossibilità di fare impresa in Italia, indicano l'ultimo rapporto congiunturale di Federmeccanica presieduta da Pierluigi Ceccardi dove si può leggere un romanzo differente: “La fase espansiva della produzione industriale del settore metalmeccanico è iniziata nell'estate del 2009”. Un paio di numeri: nei primi nove mesi dell'anno la produzione metalmeccanica ha registrato una crescita del 9 per cento rispetto al 2009, con variazioni che vanno dal più 20 per cento della metallurgia al 12 per cento degli apparecchi meccanici. Quindi retribuzioni e flessibilità non sono importanti? Nient'affatto, dice al Foglio l'ingegner Paolo Scudieri, presidente del gruppo multinazionale Adler fornitore delle case automobilistiche ed esponente confindustriale del mezzogiorno: “La specificità del settore auto è tale, per la complessità della produzione, che non può essere assimilata ad altri settori. Per questo Marchionne, seppure con toni schematici, quasi matematici, indica esigenze vitali di relazioni industriali da un lato e dall'altro a una nuova, indispensabile alba per le confederali, dei lavoratori e degli imprenditori”.

    Un federalismo contrattualistico, diverso da settore a settore, che spacchetti Federmeccanica è auspicato anche dal presidente dell'Unione degli industriali di Torino, Gianfranco Carbonato: “La sfida di Marchionne – dice al Foglio – si rivolge a chi rifiuta il cambiamento come la Fiom, ma anche di fatto al sistema confindustriale. L'accelerazione impressa dall'ad del Lingotto indurrà anche Federmeccanica a innovare l'attuale contrattazione”. Carbonato, anche come vicepresidente di Federmeccanica, individua nel governo delle fabbriche uno degli ostacoli: “Non è ammissibile che minoranze sindacali possano bloccare l'attività di stabilimenti. Per evitare questo ci sono due strade. Un sindacato unitario come avviene in America con l'Uaw e in Germania con l'Ig Metall, oppure occorre cambiare le regole”. Quali regole? Fonti interne di Confindustria dicono: la vera ragione dell'irritazione della Fiat si appunta sulla pagina 4 dell'accordo interconfederale del ‘93 per la costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie. Si prevede la possibilità per i lavoratori di presentare le liste per le elezioni delle Rsu raccogliendo le firme di almeno il 5 per cento degli aventi diritto. Un limite troppo basso che può essere sfruttato dalla Fiom per bloccare gli stabilimenti. I giuslavoristi di Confindustria sono al lavoro.