Quel richiamo ai valori etici che a volte funziona e spesso no

Maurizio Crippa

Il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, ha spiegato a Pier Ferdinando Casini che alle radici del terzo polo ci sono “seri grumi di sospetto (la storia politica di Gianfranco Fini e le posizioni assunte su importanti questioni valoriali)”. Eufemismo di sostanza per dire che sulla strada del possibile rassemblément con i “laicisti” finiani c'è una montagna bioetica difficilmente sormontabile. L'altolà del direttore di Avvenire è stato il più diretto, quantomeno per la tribuna da cui proviene, di una serie di moniti giunti dai vertici della Cei e da oltretevere.

    Il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, ha spiegato a Pier Ferdinando Casini che alle radici del terzo polo ci sono “seri grumi di sospetto (la storia politica di Gianfranco Fini e le posizioni assunte su importanti questioni valoriali)”. Eufemismo di sostanza per dire che sulla strada del possibile rassemblément con i “laicisti” finiani c'è una montagna bioetica difficilmente sormontabile. L'altolà del direttore di Avvenire è stato il più diretto, quantomeno per la tribuna da cui proviene, di una serie di moniti giunti dai vertici della Cei e da oltretevere. Il che segna un passaggio importante, non diremo proprio epocale, nella recente vicenda dei cattolici italiani. In realtà il richiamo valoriale a Casini è solo l'ultimo di una lunga tradizione: quella della chiamata in causa, non diremo utilizzo, dei temi “eticamente sensibili”, come terreno su cui trovare un punto di (ri)aggregazione per i cattolici, o come un più o meno esplicito non expedit nei confronti di posizioni giudicate incompatibili. Verrebbe da dire che il richiamo a fare quadrato sui valori è una costante della chiesa nei momenti difficili. A volte espresso in un'azione di suggerimento e indirizzo, a volte usato come un vero e proprio istrumentum regni. Raramente ha funzionato, a mio giudizio, ma è comunque una storia istruttiva.

    Si cominciò verso la fine degli anni 70, sulla presa d'atto del compiersi definitivo del processo di secolarizzazione. Dalle file del “nuovo cattolicesimo sociale” si iniziò a lavorare, benedetti da parte della gerarchia, a quella che fu chiamata la “ricomposizione dell'area cattolica”, che evidentemente non si sentiva adeguatamente ricomposta dentro al contenitore di un grande partito moderato e di maggioranza. Una delle bandiere fu la nascita del settimanale il Sabato, nel 1978, tentativo di aggregare un arco costituzionale che andava da Vittorio Citterich a Cl e addirittura, inizialmente, al gesuita Bartolomeo Sorge. Tentativo che simbolicamente culminò, dopo la batosta al 32 per cento del referendum contro l'aborto, con uno dei titoli più famosi e sfortunati della storia del giornalismo cattolico, quel “Si ricomincia da 32” (per cento) con cui chi era rimasto fedele alle gerarchie provò a buttare il cuore oltre l'ostacolo. Com'è noto, sul tema della difesa della vita non si ricompose l'area cattolica, e la Dc sopravvisse a se stessa e al suo pragmatismo. Nella stagione dei cosiddetti “esterni” al Congresso della Dc (1982) non erano i valori bioetici all'ordine del giorno. Ma l'operazione orchestrata da De Mita fu di provare a raccogliere tutte le sigle cattoliche, dalla Lega democratica di Scoppola al Movimento popolare, attorno alla chimera di una migliore presenza ecclesiale in politica. Ovviamente non ne sortì alcuna rinascita cattolica, ma la chiesa rimase finché poté all'ombra di un potere che bene o male la difendeva.

    Con l'eclissi della Dc, i valori non negoziabili sono diventati ingredienti base nella guida politica dei cattolici, con la scelta del cardinale Camillo Ruini di non favorire aggregazioni partitiche ma di avocare alla gerarchia ecclesiale la funzione di indirizzo, ogni qual volta la chiesa ritenesse suo dovere e interesse intervenire. Uno schema che ha dato i suoi risultati sia sul fronte legislativo (legge 40) sia su quello del non expedit (la bocciatura del governo Prodi sui Dico) e che sul fronte della “ricomposizione” ha trovato  la sua apoteosi, ma anche il suo capolinea, nel Family Day.
    Ora si sta ripresentando nella sua doppia natura. Da una parte il non expedit su Casini, dall'altra la tensione ancora in fieri fra molti cattolici del Pd di ritrovare un terreno d'incontro in nome di ciò che Paola Binetti chiama lavoro comune “su leggi di qualità e temi etici”. Casini non è Prodi né tantomeno Franco Rodano, e il non expedit potrà forse funzionare, all'interno del nuovo paradigma ruiniano di una stagione necessariamente “neoguelfa” per i cattolici italiani. Se invece l'obiettivo è rispondere alla richiesta di una “nuova generazione di cattolici” impegnati nella società chiesta da Benedetto XVI, la storia suggerisce qualche dubbio sulla sua riuscita.

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"