Palazzo Fiat

Michele Arnese

Battaglia parlamentare (molto in sordina) tra le proposte legislative per mutare i rapporti di lavoro e le relazioni industriali

    Chissà se Sergio Marchionne segue i lavori parlamentari italiani. Probabilmente non li segue. Altrimenti avrebbe già individuato un disegno di legge che rivoluziona, seguendo lo stile del capo azienda della Fiat, i rapporti di lavoro e le relazioni industriali. Il disegno di legge che di sicuro lo affascinerebbe, magari solo a prima vista, è quello presentato da Pietro Ichino, giuslavorista, docente all'Università di Milano e senatore del Pd. L'autentico fascino marchionnesco nel progetto, firmato anche da 54 senatori del Pd, sta – secondo gli addetti ai lavori – nella valenza erga omnes del contratto aziendale. Come dire: una volta firmato, il contratto d'azienda è valido anche per chi non l'ha firmato. "La Cgil e la Fiom sarebbero tramortite", dice un sindacalista di lungo corso.

    Certo, la validità per tutti dei contratti non è l'unico obiettivo dei parlamentari del Pd: c'è anche la flexsecurity alla danese, ovvero livelli inediti per l'Italia “di trattamento di disoccupazione e dei servizi di assistenza per la ricollocazione”. Insomma, nelle imprese disposte a farsi carico per i nuovi dipendenti di una sicurezza nel mercato a livello scandinavo, si applica anche una disciplina dei licenziamenti di tipo danese (ovvero l'esenzione dal controllo giudiziale per il licenziamento non disciplinare). "E' nostra convinzione – scrivono i 54 senatori – che la soluzione migliore passi attraverso una modifica estremamente semplice degli ultimi tre commi dell'articolo 39 della Costituzione, la quale si limiti ad attribuire al legislatore ordinario il compito di regolare le forme di democrazia sindacale nelle quali può pervenirsi alla stipulazione di un contratto collettivo con efficacia erga omnes, al livello nazionale come ai livelli inferiori".

    Un'innovazione talmente dirompente che non è stata condivisa dai senatori del Pd più vicini alla Cgil, come Giorgio Roilo e Paolo Nerozzi, già segretario confederale della confederazione di corso Italia oggi guidata da Susanna Camusso. Al progetto ichiniano, non a caso, hanno aderito i senatori radicali e centristi-moderati come Francesco Rutelli e Marco Follini. "La scelta della massima snellezza e semplicità – si legge nella relazione che accompagna il disegno di legge – mira a ridurre al minimo indispensabile l'interferenza della legge statuale nel sistema delle relazioni industriali, lasciando il massimo spazio di autodeterminazione all'autonomia collettiva". Sembra proprio un'impostazione che può essere condivisa dal Pdl. Invece no, il centrodestra non ha firmato. Tanto che il disegno di legge giace al Senato, senza essere stato calendarizzato.

    Come mai il centrodestra non spinge? A sentire i proponenti, i senatori pidiellini hanno atteso la presentazione del disegno di legge sullo Statuto dei lavori voluto dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. Dà un'altra lettura, invece, Maurizio Castro, ex direttore del personale di Electrolux-Zanussi, adesso senatore Pdl della commissione Lavoro, considerato unanimemente un sacconiano: "Alcuni aspetti del ddl sono condivisibili, come ad esempio le norme sui servizi pubblici essenziali, ma quello che non ci convince è l'impostazione palingenetica. Direi che c'è un'impostazione giacobina, mentre noi tendiamo a essere girondini". Nell'ichinismo il Pdl scorge "un'arroganza genetica" alla quale Sacconi preferisce un riformismo dolce: "Al legislatore spetta, secondo noi – aggiunge Castro – accompagnare e fluidificare il riformismo gestito dalle parti sociali. Mentre con l'impostazione di Ichino sarebbero intaccate le potenzialità negoziali e partecipative dei sindacati non antagonisti come Cisl e Uil".

    Insomma, a ben vedere, secondo Castro, neppure Marchionne dopo un'attenta lettura del testo auspicherebbe l'approvazione del progetto mdi Ichino: "La linea del governo è stata diversa anche su altre proposte ichiniane. Con la spinta alle indennità di disoccupazione ci sarebbero stati licenziamenti di massa che noi abbiamo evitato con la cassa integrazione anche in deroga".