Se per caso smettete di fare tv, attenti a voi

Giuliano Ferrara

E' il mio terzo Natale senza tv, e ormai sono o immagino di essere come la piccola fiammiferaia, strofino il naso sul monitor scintillante dell'elettrodomestico più prestigioso del mondo, un giocattolo che la sorte ria, la vita amara, il destino cinico e baro mi hanno tolto per pura cattiveria. Abbiamo sempre la tendenza a pensarci come gli altri presuntivamente ci pensano.

    E' il mio terzo Natale senza tv, e ormai sono o immagino di essere come la piccola fiammiferaia, strofino il naso sul monitor scintillante dell'elettrodomestico più prestigioso del mondo, un giocattolo che la sorte ria, la vita amara, il destino cinico e baro mi hanno tolto per pura cattiveria. Abbiamo sempre la tendenza a pensarci come gli altri presuntivamente ci pensano. Le cose non stanno precisamente così, passo con gioia da tre anni circa le mie serate non televisive, condannato a cene concerti teatro o letture, con la giusta misura di rispetto e di nostalgia per il lavoro dei miei collaboratori e mio dall'altra parte del piccolo schermo, e con ammirazione per la tenacia con cui la tv è ancora fatta e guardata. Ho avuto delle offerte professionali generose e chissà che non mi torni la voglia di chiedere che cosa ne pensi a Dario Franceschini o di travestirmi, genere cabarettistico-teologico a me più confacente, in qualche figura di nuovo telepredicatore.

        Ma intanto sono deliziato dalla reazione popolare
    in serie del pubblico. Quando ero in auge nella mente dei più ma già fuori corso televisivo da qualche mese, una volta che mi trovavo a Central Park, una signora veneta con accento molto carino e tipico mi disse: “La guardo sempre, dottore. Non mi perdo una puntata di Sette e mezzo e un numero del suo Libero”. Poi, con il tempo che passava, un romano dolce e consentaneo mi ha incontrato sulla pedanina del tram numero 8 davanti al Ministero della Pubblica Istruzione, con una cagnetta al guinzaglio: “Ah, ho capito perché nun se vede più, è annato in pensione”. Peggio mi andò quando un altro romano, dalle parti del mercato del Testaccio, mi chiese conto della mia assenza dallo schermo: “Bé, gli dissi, la tv l'ho fatta per vent'anni, mi sono preso una bella pausa”. Annuì cortesemente, passò oltre, poi ebbe un gentile pentimento e mi riagganciò: “Dottor Ferrara, ma la salute tutto a posto?”. Pensione, malattia: è la sorte dei viventi post-televisivi, che per quanto si celebrino in interiore homine ricordano pur sempre che Otto e mezzo e Sette e mezzo sono per il pubblico la stessa cosa, come per i lettori Delitto e castigo o Castigo e delitto.

        Ma il tempo ti riserva altro,
    così ancora un'estate dopo, col tempo che opacizza ogni ricordo, ecco che passeggiando con la canina in vista del giornale, a viale Trastevere, un ragazzone mi interpella bruscamente e chiassosamente dopo aver confabulato con la fidanzata, puntandomi a dito mentre mi avvicinavo: “Ma lei è Giuliano Ferrara!”. Gli rispondo con umore atrabiliare che sbagliava persona e tiro innanzi. E la sua ragazza la sento mormorare: “A Sergio, te l'avevo detto ch'era morto!”.

        Pensione, malattia e morte. Ma arriva anche la trasfigurazione. L'ultima, e anche questa voglio pensare che porti bene e vada condivisa con i lettori natalizi, e celebrata, è la trasformazione sublimata dell'identità, oltre ogni misura, e la faccia pensosa, rugosa, ansiosa di chi sa di vedere qualcuno che si vedeva spesso, ma non ricorda chi. Entrata del mio ristorante preferito, un avventore gentile: “Mitico! Bud Spencer!”.

    Buon Natale.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.