Sotto l'albero

Il Quirinale dà un aiuto al Cav. ma lo condanna a governare con Casini

Salvatore Merlo

Silvio Berlusconi è convinto di poter giocare di sponda con Pier Ferdinando Casini, che il leader dell'Udc sia sincero quando parla di “metodo Obama” e pensa pure che già domani, al Senato, sula riforma universitaria, si potranno intravvedere segnali di dialogo. Il provvedimento voluto dal ministro Mariastella Gelmini, sostengono i bene informati di Palazzo Chigi, “passerà con i voti terzopolisti” nonostante la distanza tra il Cavaliere e Gianfranco Fini non si sia accorciata.

    Silvio Berlusconi è convinto di poter giocare di sponda con Pier Ferdinando Casini, che il leader dell'Udc sia sincero quando parla di “metodo Obama” e pensa pure che già domani, al Senato, sula riforma universitaria, si potranno intravvedere segnali di dialogo. Il provvedimento voluto dal ministro Mariastella Gelmini, sostengono i bene informati di Palazzo Chigi, “passerà con i voti terzopolisti” nonostante la distanza tra il Cavaliere e Gianfranco Fini non si sia accorciata, anzi tra i due continua una polemica alimentata dal pettegolezzo malizioso dei rispettivi entourage. Eppure una sorta di negoziato preliminare si è aperto. Il fronte terzopolista ha annunciato la propria astensione sul voto di sfiducia promosso contro il ministro leghista Roberto Calderoli, e Casini appare aver preso sul serio gli inviti delle gerarchie vaticane, della Confindustria, dei sindacati riformisti (e ieri anche del Quirinale) a lavorare per la governabilità.

    Alcuni osservatori sostengono
    si tratti esclusivamente di tattica, della riedizione del cosiddetto gioco del cerino (stavolta protagonista Casini e non Fini), ma in realtà gli umori di Palazzo – al netto del serpeggiante malumore padano – rivelano cautela e curiosità per i possibili sviluppi della triangolazione Berlusconi-Casini. Così le parole di Giorgio Napolitano, ieri, indirizzate a un personale politico chiamato a un “salto di qualità”, a minore rissosità e al valore della stabilità di governo, suonano come un elemento di stabilizzazione per la lenta manovra che dovrebbe portare i centristi a una sorta di appoggio esterno nei confronti del governo e – in seconda battuta, chissà – al loro organico ingresso nella maggioranza.

    “E' decisivo un salto di qualità della politica”,
    ha detto il presidente della Repubblica spiegando che “questo salto serve per la stabilità e la continuità della vita istituzionale e per la tenuta del sistema in un contesto europeo percorso da forti scosse e tensioni”. Parole accompagnate da un autorevole invito a governare: “Continuerò a sollecitare la continuità di una legislatura al cui termine mancano più di due anni”, ha detto Napolitano prima di aggiungere: “Sempre che vi sia la prospettiva di un'efficace azione di governo e di un produttivo svolgimento dell'attività delle Camere”. Messaggio palindromo, ma accolto con soddisfazione da Palazzo Grazioli dove la cerchia del premier – che si aspettava un discorso proprio di questo tono – ne dà una interpretazione tutta favorevole alla strategia del Cav. Lo stesso Berlusconi ha detto: “Napolitano ha spezzato una lancia in favore della continuità. E' in sintonia con quello che noi riteniamo sia interesse del paese”. Da un lato un invito a Casini affinché collabori, dall'altro la richiesta a Berlusconi di comportarsi responsabilmente, anche nei confronti del poco amato Fini, che dell'Udc è ormai alleato. D'altra parte, Napolitano non ha mancato di ricordare che opererà “soprattutto perché ora e nel futuro, indipendentemente dalla definizione delle soluzioni di governo, si realizzi quello spirito di condivisione di cui ho detto”. Tradotto: lo scioglimento delle Camere è una prerogativa presidenziale, se questo governo non dovesse farcela (al netto delle responsabilità di ciascuna forza politica) le soluzioni della crisi potrebbero essere anche maggioranze e governi, diversi dall'attuale, di cui però non si vede l'ombra.

    L'appello del Quirinale
    ha l'effetto di frenare (almeno per un po') l'irrequietezza elettorale della Lega e di Umberto Bossi, rafforza l'intenzione berlusconiana di resistere nonostante la debolezza dei numeri in Parlamento e appare persino un invito, rivolto all'opposizione, a maggiore pacatezza, se non persino – ma è materia da esegesi quirinalizia – alla collaborazione istituzionale “con l'obiettivo delle riforme”. Una credibile alternativa di sistema a Berlusconi non è alle viste e il Quirinale, preoccupato per le prossime aste dei titoli di stato e per gli effetti della crisi globale sui conti italiani, aggiunge adesso ufficialmente la propria autorevole voce alla convergenza di altri poteri economici, istituzionali e sociali. Il governo Berlusconi potrà anche non essere il migliore possibile dal punto di vista dell'imprenditoria rappresentata da Confindustria e da Rete Imprese Italia, o dal cattolicesimo solidale della Cisl di Raffaele Bonanni, ma è l'unico sistema che funziona. E bisogna tenerselo. Il premier in questi giorni parla spesso di dialogo, anche con l'opposizione “più responsabile”. Si riferisce esplicitamente all'Udc ma anche ai popolari del Pd, una zona di confine che la mossa felpata di Casini – con la maggioranza ma non nel governo – potrebbe anche finire per raccogliere.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.