Fiat sbaglia (quasi) tutto?

Michele Arnese

Giampaolo Galli non ci sta a passare per un conservatore e respinge l'idea di una Confindustria imbarazzata o sulla difensiva rispetto all'offensiva di Sergio Marchionne che propone un patto sempre più diretto fra azienda e lavoratori: “Non siamo per nulla timidi – dice il direttore generale della confederazione degli industriali in una conversazione con il Foglio – è stata la Confindustria di Emma Marcegaglia, con i fatti, a dimostrare che è innovativa”.

Leggi Bonanni l'americano di Ugo Bertone

    Giampaolo Galli non ci sta a passare per un conservatore e respinge l'idea di una Confindustria imbarazzata o sulla difensiva rispetto all'offensiva di Sergio Marchionne che propone un patto sempre più diretto fra azienda e lavoratori: “Non siamo per nulla timidi – dice il direttore generale della confederazione degli industriali in una conversazione con il Foglio – è stata la Confindustria di Emma Marcegaglia, con i fatti, a dimostrare che è innovativa”. Galli non vuole scendere nella polemica innescata sul Foglio da Carlo Callieri, ma osserva: “Noi abbiamo realizzato grandi cambiamenti. Il protocollo del 2009 sui livelli di contrattazione ha impostato un cambiamento radicale delle relazioni industriali. Con le cosiddette deroghe, a livello aziendale si può modificare qualunque aspetto del contratto nazionale di lavoro, tranne i minimi contrattuali e le norme di legge”.

    D'accordo, ma a Marchionne non basta per assicurare una produttiva e competitiva governabilità delle fabbriche: “Innanzitutto faccio notare che proprio chi vuole conservare l'esistente, come la Fiom-Cgil, non ha firmato né quell'accordo né il contratto dei metalmeccanici. Semplicemente, le imprese aderenti a Confindustria non ritengono utile mettere in discussione l'accordo del '93 sulle Rsu, le rappresentanze sindacali unitarie”.

    Il riferimento di Galli non è casuale: il Lingotto punterebbe proprio a modificare quell'intesa che consente a tutti i sindacati che superano la soglia del 5 per cento di formare le Rsu. In pratica le Rsu sarebbero concesse solo ai sindacati firmatari dei contratti: quindi la Fiom, che non ha firmato quello dei metalmeccanici, non avrebbe più rappresentanze all'interno degli stabilimenti. L'economista e direttore generale di Confindustria, pesando le parole, dice: “Confindustria sta dalla parte di Fiat. Ne condivide le richieste sostanziali: orari, turni, straordinari e soprattutto rispetto degli accordi. Per quello che riguarda le regole della rappresentanza, riteniamo che la strada da percorrere sia quella di un accordo con tutte le organizzazioni sindacali. Questo è l'unico modo per garantire l'efficacia degli accordi sottoscritti”.

    Allora è proprio vero che, come ha scritto il Foglio, c'è un arrocco sistemico contro l'anarco-americano Marchionne. “Guardi, non so cosa s'intenda quando taluni parlano di modello americano. Negli Stati Uniti i sindacati sono molto forti nel settore auto, mentre negli altri comparti o non ci sono o sono molto deboli”. Quindi preferite il modello tedesco. Nel vostro ultimo rapporto sugli “Scenari economici” indicate proprio nella contrattazione decentrata e aziendale uno dei fattori propulsivi per la solidità dell'industria tedesca: “Abbiamo descritto la realtà. Ma vorrei ricordare qualche fatto a chi ricorre a formule astratte. In Germania è prevista la clausola di opt-out che consente di applicare un contratto aziendale in alternativa al contratto nazionale. Ma la grande maggioranza dei lavoratori continua a essere coperta dai contratti nazionali”.

    Professore ma quali sono i tre buoni motivi perché Fiat deve restare in Confindustria? “Gliene dico uno solo, ma buono. Confindustria è un'associazione volontaria di imprenditori che cerca di agevolare investimenti e competitività. Per questo lavora affinché su Mirafiori si trovi rapidamente un accordo che consenta a Fiat di fare l'investimento ed essere competitiva”.

    Leggi Bonanni l'americano di Ugo Bertone