Pacchi bomba a Roma
Perché gli eco-anarchici ce l'hanno tanto con la Svizzera e il Cile
Giovedì due pacchi bomba sono esplosi alle ambasciate romane di Svizzera e Cile, ferendo due persone. Anche le sedi diplomatiche slovena e ucraina sono state spaventate da plichi sospetti, ma dopo l'intervento degli artificieri si è scoperto che contenevano soltanto un libro e un biglietto di auguri natalizi. A mezzogiorno, una busta arancione appena consegnata dalle Poste italiane è scoppiata tra le mani dell'addetto dell'ambasciata svizzera nel quartiere Parioli di Roma.
Giovedì due pacchi bomba sono esplosi alle ambasciate romane di Svizzera e Cile, ferendo due persone. Anche le sedi diplomatiche slovena e ucraina sono state spaventate da plichi sospetti, ma dopo l'intervento degli artificieri si è scoperto che contenevano soltanto un libro e un biglietto di auguri natalizi.
A mezzogiorno, una busta arancione appena consegnata dalle Poste italiane è scoppiata tra le mani dell'addetto dell'ambasciata svizzera nel quartiere Parioli di Roma. L'uomo, un 53enne elvetico, ha rischiato di perdere la mano sinistra. La busta esplosa poco dopo alla vicina ambasciata cilena di via Po era identica a quella recapitata alla sede diplomatica svizzera. L'ordigno, che secondo fonti investigative era grande come una videocassetta, ha ferito al torace, agli occhi e alle gambe Cesar Mella, il funzionario amministrativo cileno che stava smistando la corrispondenza al piano terra. Secondo il ministro degli Esteri cileno, Alfredo Moreno, il ferito si è recato “con mezzi propri” al Policlinico Umberto I. “Probabilmente perderà il mignolo e l'anulare di una mano”, ha detto il direttore della divisione di Chirurgia plastica dell'ospedale, Niccolò Scuderi, secondo il quale le ferite sono molteplici perché “all'interno dell'ordigno c'erano oggetti contundenti, tipo detriti, bulloni o chiodi”. Le forze di polizia erano già al lavoro su allarmi simili dalla mattina, quando una telefonata al Campidoglio ha segnalato la presenza di due ordigni – mai trovati – in due sedi distaccate del comune di Roma, in via del Tempio di Giove e in piazzale Marconi – dove erano in corso le selezioni per un concorso interno al comune.
Uscendo dall'ambasciata svizzera, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha escluso ogni collegamento con il pacco esplosivo ritrovato martedì a una fermata della metropolitana cittadina: “Per quello che ci appare, questa vicenda non ha nulla a che vedere con il contesto romano – dice il sindaco – Questa è un'altra storia, ci sono delle piste di carattere internazionale che gli inquirenti stanno seguendo, ma di cui non sta a me riferire”. Con l'accumularsi degli allarmi durante il pomeriggio, anche i toni usati dal sindaco si sono incupiti: “E' un'ondata di terrorismo contro le ambasciate, qualcosa di più inquietante di un singolo attentato”, ha detto Alemanno.
“Ricordo alcuni episodi di natura simile nel passato recente”, ha detto ai giornalisti l'ambasciatore svizzero Bernardino Regazzoni, facendo riferimento a un ordigno incendiario trovato lungo il muro di cinta dell'ambasciata il 5 ottobre scorso. La natura dell'ordigno – due bottiglie molotov con una miccia inesplosa e il messaggio “Costa, Silvia, Billy liberi” – aveva portato a una lettura lineare: una minaccia legata alla vicenda di tre ecologisti anarchici arrestati a Zurigo con l'accusa di progettare un attentato contro i laboratori dove la Ibm fa ricerche sulle nanotecnologie.
Nella notte del 14 dicembre anche l'ambasciata svizzera di Lisbona è stata assaltata per lo stesso motivo dal gruppo anarchico dei “ninja-ginja”, che ha saldato la porta d'ingresso e ha scritto sui muri: “Solidariedade com os anarquistas presos, Billy, Costa, Silvia e Marco todos livres”. Per questo ieri le indagini hanno subito privilegiato questa interpretazione, viste anche le azioni minacciate nelle scorse settimane da un gruppo anarco-ecologista attivo tra la Svizzera e l'Italia, vicino a figure come quella dell'ecoterrorista Marco Camenisch. Anche le connessioni con il Cile, vecchio pallino anarchico, non sono così esotiche: tra gli arrestati per gli scontri del 23 dicembre 2009 (nella settimana internazionale di solidarietà anarchica), a Santiago del Cile, c'era anche una ventunenne italiana.
“Siamo di fronte a un modus operandi ben preciso, quello della spedizione in concomitanza a più obiettivi determinati”, hanno detto fonti degli apparati di sicurezza. La strategia è molto simile a quella degli attentati contro le ambasciate ad Atene, ai primi di novembre. Anche allora le ambasciate di Svizzera e Cile erano state tra le prime a essere colpite, il 2 novembre – mentre la polizia tedesca, a Berlino, sequestrava un pacco esplosivo diretto al cancelliere Merkel. Il giorno precedente, quattro pacchi bomba, tra cui uno diretto al presidente francese Sarkozy, erano stati inviati ad altre ambasciate. Poche ore dopo un aereo della Tnt sarebbe stato fatto atterrare d'urgenza a Bologna, perché trasportava un altro ordigno, indirizzato al premier Berlusconi. Le affinità sono molteplici, mentre si attende la conferma di un'indiscrezione: secondo fonti vicine alle indagini, i pacchi inviati alle ambasciate di Svizzera e Ucraina sarebbero stati spediti dalla Grecia.
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