“Babies”, un film sullo sterminio delle bambine. Appello a produrlo
Una corrispondenza del New York Times da Pechino informa sulla determinazione delle autorità cinesi a proseguire, almeno fino al 2015, nella politica demografica di stato del figlio unico. La generale coercizione, con aspetti concentrazionari degni del peggior totalitarismo del Novecento, è denunciata ad alta voce da una organizzazione per i diritti umani, diritti di chi vuole avere i figli che crede, e dei figli (presumo) che hanno il diritto di non essere monitorati, medicalizzati, e poi scartati a seconda del loro sesso, perché “femmina” non è utile nella cultura mainstream cinese d'oggi.
Una corrispondenza del New York Times da Pechino informa sulla determinazione delle autorità cinesi a proseguire, almeno fino al 2015, nella politica demografica di stato del figlio unico. La generale coercizione, con aspetti concentrazionari degni del peggior totalitarismo del Novecento, è denunciata ad alta voce da una organizzazione per i diritti umani, diritti di chi vuole avere i figli che crede, e dei figli (presumo) che hanno il diritto di non essere monitorati, medicalizzati, e poi scartati a seconda del loro sesso, perché “femmina” non è utile nella cultura mainstream cinese d'oggi.
La diagnosi prenatale forzata, la sterilizzazione obbligatoria di massa come realizzata in alcune province tra cui quella di Guandong, la multa cospicua (oltre un anno di reddito medio regionale) su nascite statalmente indesiderate: è una gigantesca macchina, degna di Adolf Eichmann e della sua rispettabile medietà burocratica, per la produzione seriale di morte e destino, una macchina che colpisce gli innocenti e le innocenti nelle aree rurali e nelle piccole città dove vivono centinaia di milioni di cinesi espropriati, con storie raccapriccianti di disperazione sociale familiare e individuale, una vera epica del moderno inteso come riproduzione malefica dell'arcaico, l'epica del vecchio infanticidio delle bambine con i mezzi asettici della ginecologia e della tecnologia progredite.
A due anni e mezzo dalla pazza e savia campagna del Foglio e della lista sull'aborto, che dimostrò l'esistenza dello scandalo, dalla sordità morale coccolata dalle leggi di depenalizzazione alla pianificazione pubblica dello sterminio delle bambine non nate, fino alla deriva eugenetica e alla fabbricazione dei bambini à la carte, ma non raccolse un consenso ecclesiastico, politico, laico e cristiano efficace; a due anni e mezzo, dicevo, forse si può rivolgere una proposta alla Compagnia delle opere, formidabile macchina di cooperazione industriale e finanziaria, e allo Ior del bravo Ettore Gotti Tedeschi e alla società eccellente di fiction di Ettore Bernabei e ad altre grandi organizzazioni sensibili, almeno sulla carta, alla questione della vita umana manipolata, sacrificata, brutalizzata.
Tiriamo fuori i quattrini per una coproduzione internazionale, e facciamone un film. Si scrivono sceneggiature hollywoodiane su grandi saghe nazionali di liberazione, bellissimi fantasy sulla narrazione protocristiana e sull'ermetica lingua paracristiana o acristiana di Tolkien o della Rowlings, e si producono fiction su Papi e santi, segno che le grandi questioni non prevedibili, se ben raccontate, non sono mai fuori mercato: commissionare a un professionista di livello indiscusso, e magari preparato e appassionato alla materia della vita nel XXI secolo, un racconto da realizzare per il circuito del cinema mondiale, come film ed epopea dei killing fields più difficili da raccontare, perché sono i nostri killing fields, non quelli dei Khmer rossi, sono le stragi silenziose che ci riguardano, parlano della nostra incapacità di capire il male, di riconoscere la realtà, quella rimozione collettiva che è il primo segno e complemento di una nebbia totalitaria. Da questo racconto un artista spielberghiano potrebbe tirare fuori una tremenda e veridica favola apologetica sulla disperazione del male e la felicità del bene. Il mondo ha pianto per il piccolo ET di Spielberg, il sostituto della nostra infanzia perduta, il feto venuto dallo spazio che voleva tornare a casa (“ca-sa, ca-sa”), e ha pianto su ogni riva di ogni oceano, in tutte le città e nei piccoli centri. Vediamo se riusciamo a ottenere un qualche risultato con una operazione di linguaggio moderno, promossa dall'istituzione, la chiesa, tra le più antiche del mondo, e dal suo popolo. Ho anche una proposta di titolo universalmente riconoscibile: Babies.
Il Foglio sportivo - in corpore sano