Nessuno tranne Di Pietro?
Alla ricerca del dipietrista non pentito, se ancora ci sia
“Pure Gesù Cristo, che era il Padre eterno, ogni dodici ne cannava uno: Giuda. Io che sono un povero cristo ho sbagliato, benedetto il Signore, non lo farò più”. Antonio Di Pietro si giustificò così quando gli scappò via Sergio De Gregorio, ma – essendo un povero cristo – ha continuato a errare declinando all'ingrosso la stessa autodifesa. Ieri insisteva: mica posso fare il processo alle intenzioni a quelli che si candidano con noi.
“Pure Gesù Cristo, che era il Padre eterno, ogni dodici ne cannava uno: Giuda. Io che sono un povero cristo ho sbagliato, benedetto il Signore, non lo farò più”. Antonio Di Pietro si giustificò così quando gli scappò via Sergio De Gregorio, ma – essendo un povero cristo – ha continuato a errare declinando all'ingrosso la stessa autodifesa. Ieri insisteva: mica posso fare il processo alle intenzioni a quelli che si candidano con noi. Sensato, ma ormai quel demi-monde antiberlusconiano a cui ha regalato un palco, una telecamera, un seggio, un peso politico, una faccia, gli si rivolta contro: Paolo Flores d'Arcais pretende che l'ex pm gli conceda la direzione intellettuale del suo partito, Luigi de Magistris e Sonia Alfano scrivono ai giornali di una “grave questione morale” dentro Italia dei valori, i commenti sull'amato Web sono come quelli che in genere si riservano a Cosentino.
Il fatto è che Di Pietro è così: un molisano panato nella cultura contadina, e antropologicamente democristiano. E invece tutti a dirgli: hai imbarcato i mastelliani, hai imbarcato gli ex dc, sei un tiranno, convoca subito un congresso e presentati con le mani alzate. E tutto per Razzi e Scilipoti. Per sua fortuna qualcuno reagisce: esiste nel paese una quota minima di dipietristi non pentiti (a parte, ovviamente, Tonino stesso). Ieri è venuto allo scoperto – beccandosi contumelie nei commenti al suo pezzo – Bruno Tinti sul Fatto quotidiano: “Attenti ai moralizzatori”, diceva il magistrato, sostenendo che Idv ha già le sue regole su inquisiti e indagati e l'unica eccezione fatta finora “riguarda De Magistris”. Pure Massimo Donadi, capogruppo Idv alla Camera, da giorni mena fendenti a difesa del capo: “In Italia c'è una nutrita schiatta di statisti illuminati, intellettuali, liberi pensatori, filosofi che un giorno si svegliano sentendo dentro di sé forte e vivo il pulsare del germoglio della nuova leadership della sinistra italiana” e, quando il nemico è allo sbando, “invece di andare all'attacco, sentono l'irrefrenabile bisogno di parlare di questione morale a sinistra”. Discreta rasoiata al direttore di MicroMega.
Il dipietrismo è un aggregato politico “combattivo, appassionato, che ha un suo core stabile destinato a durare, ma com'è normale in politica si muove per raccogliere pezzi, allargare le aree e questo lo espone a molte disavventure”. Parola di Furio Colombo: “Esiste una parte non solida del magma dipietrista con tendenze alla mobilità mercuriale e su questo i contestatori di Di Pietro hanno una parte di ragione, ma solo una parte: Flores d'Arcais, per dire, pretende un rigore luterano che mal si colloca in un contesto parlamentare così friabile”. L'ex direttore dell'Unità, oggi deputato del Pd sempre un po' border line, più che limitarsi a difendere Tonino come richiesto, fa un ragionamento complesso e affascinante: “Quel che è accaduto con Scilipoti e Razzi può succedere, e succede, in ogni gruppo con l'eccezione, se mi si consente, dell'ordine religioso dei Radicali. Io capisco quella parte di Idv che si sente tradita e offesa, ma il mio punto di vista è diverso. Bisognerebbe chiedersi: com'era Scilipoti un minuto prima di passare di là? Io che lo vedevo da tre sedie di distanza dico: un oratore dipietrista appassionato ed enfatico, tono da eroe contemporaneo. Un minuto dopo invece era uno spettatore meravigliato della sua scelta, un uomo agito dalla situazione”. In un Parlamento impolitico, dice Colombo, “finiscono per prevalere le angosce personali. E' come stare in un tram in cui anche il corrimano slitti ad ogni frenata: ci si appiglia, ma quasi a niente”.
Basti pensare, a destra, “a quei molto angosciati andata e ritorno dal Pdl a Fli al Pdl”. Sono “solo storie esistenziali scambiate per storie politiche”: “In questa Montecitorio male illuminata, spalla a spalla nei posti più scomodi che abbia un Parlamento, c'è molta solitudine, una brutta bestia che a volte finisce per esplodere in un grido: i giornali devono citarmi, qualcuno mi rimpiangerà, foss'anche per un giorno”. Così è, solo che a tutto questo dolore, ci dice Colombo, “manca un Balzac, ma che sia capace di comprensione e pietà”.


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