Parla il prof. Brunetta

Elogio ragionato del New Deal di Marchionne

Michele Arnese

Il ministro più effervescente del governo davanti alla “rivoluzione marchionnesca” non si scompone. E pensare che nel Pdl qualcuno definisce Renato Brunetta più marchionniano di Sergio Marchionne: riformatore, teorico della flessibilità e del merito. Ma da professore, e per la precisione da economista del lavoro che per anni ha studiato, insegnato e praticato materie come contratti e relazioni sindacali, intravvede nel capo azienda del Lingotto un ineluttabile protagonista della globalizzazione.

    Il ministro più effervescente del governo davanti alla “rivoluzione marchionnesca” non si scompone. E pensare che nel Pdl qualcuno definisce Renato Brunetta più marchionniano di Sergio Marchionne: riformatore, teorico della flessibilità e del merito. Ma da professore, e per la precisione da economista del lavoro che per anni ha studiato, insegnato e praticato materie come contratti e relazioni sindacali, intravvede nel capo azienda del Lingotto un ineluttabile protagonista della globalizzazione: “Non si comprende quello che sta facendo l'ad della Fiat – dice Brunetta – se non si guarda ciò che sta avvenendo nei paesi industriali, e in Italia, e se non si fissano le tre sfide fondamentali. Come essere competitivi nei mercati globali, come essere più produttivi per le singole imprese e come remunerare in maniera efficiente i fattori produttivi tra cui i salari”.

    A queste tre questioni Marchionne fornisce tre risposte: Fabbrica Italia, un nuovo rapporto azienda-dipendenti e salari legati alla produttività. Ecco il “New Deal” di Marchionne, secondo il ministro per la Pubblica amministrazione e l'innovazione. Ma Brunetta non vuole personalizzare: “E' anche il New Deal di Cisl e Uil e dei sindacati responsabili e modernizzatori. Tutti gli altri ragionamenti o sono pura ideologia o sono meramente valoriali come le disquisizioni sui diritti sindacali”.

    A chi individua nell'azione di Marchionne una svolta all'americana che avrà ricadute non solo sull'industria ma anche su società e istituzioni, Brunetta dice: “Sono sociologismi superficiali che non colgono la realtà”. Professore, non si può negare che un rapporto più stretto tra azienda e lavoratore sia tipico del mondo anglosassone e non del modello continentale: “La modellistica è fuorviante. Si sta verificando quanto avevo auspicato venti anni fa”. Non faccia il superbo. “Dico solo che venti anni fa ho auspicato quello che si sta realizzando. Ossia lo shopping contrattuale”. C'è però chi ricorda che lei nel '93 ha partecipato da tecnico alla stesura dell'accordo interconfederale che ora proprio la Fiat non vuole applicare. “Certo. Quell'accordo ha cercato di istituzionalizzare il doppio livello di contrattazione, nazionale e aziendale, ma alla fine non è riuscito a non appesantire il sistema invece di snellirlo e semplificarlo. Insomma, quell'intesa ha lasciato nell'indeterminatezza un sistema a doppio livello che esiste solo in Italia: il contratto nazionale stabilisce regole e salario e quello aziendale aggiunge altre regole e altro salario. Ma la globalizzazione ci sta conducendo verso lo shopping contrattuale”.

    Ma che significa? “I contratti si modificano in ragione della competizione globale e della tecnologia, di volta in volta, a seconda del livello ritenuto più opportuno e più efficiente. Non c'è quindi dicotomia fra contratto nazionale e aziendale”. Marchionne ha scelto il livello aziendale: “Ma in attesa di un contratto di settore dell'auto. E' quello che le dicevo. Se la tecnologia è omogenea, è più efficiente il contratto nazionale. Altrimenti si opterà per un livello aziendale, di distretto, di territorio. Ma questo lo stabiliscono le parti, non una norma astratta”. L'esecutivo e il Pdl non sono sembrati affascinati della svolta marchionnesca della Fiat. Piuttosto dal Pd, per iniziativa non solo del senatore Pietro Ichino, sono giunte parole di plauso all'iniziativa di Marchionne: “Io vedo che all'interno del Pci-Pds-Ds-Pd c'è una gran Babele di posizioni. Ho notato invece l'intervento intelligente di Piero Fassino: se fosse un lavoratore Fiat voterebbe sì al referendum”.

    Per Brunetta il Pdl è “pragmatico e ideologicamente distaccato”. Quasi assente si direbbe. “Sbaglia. Il governo e il Pdl stanno seriamente accompagnando le innovazioni delle parti sociali. Ricordo che se Marchionne può rendere più competitivi gli stabilimenti grazie a salari legati alla produttività è anche grazie al governo che ha detassato al 10 per cento la parte variabile del salario. Stiamo assecondando i comportamenti virtuosi, altroché”.