L'infantilismo del teologo Mancuso che se la prende con le feste religiose

Alfonso Berardinelli

Nel penultimo numero del Venerdì di Repubblica, le pagine dedicate al Natale si aprivano con una grande riproduzione dell'Adorazione dei Magi di Mantegna (al Getty Museum di Los Angeles): ma tutti quei meravigliosi colori, tutta la gloria di quello splendore estetico non mi pare che piacciano al teologo Vito Mancuso e forse neppure al priore di Bose Enzo Bianchi.

    Nel penultimo numero del Venerdì di Repubblica, le pagine dedicate al Natale si aprivano con una grande riproduzione dell'Adorazione dei Magi di Mantegna (al Getty Museum di Los Angeles): ma tutti quei meravigliosi colori, tutta la gloria di quello splendore estetico non mi pare che piacciano al teologo Vito Mancuso e forse neppure al priore di Bose Enzo Bianchi, i due competenti di cristianesimo convocati a dire la loro opinione sulla festa natalizia. A loro la festa dà un po' fastidio. Perfino la natura divina dell'evento e del bambino Gesù sembra metterli a disagio e in sospetto (come se il divino non si manifestasse nell'umano).

    E' vero che il capitalistico Babbo Natale c'entra poco con la Natività di Gesù. Ma neppure il presepio convince Mancuso. Non è abbastanza spento, né comune, egualitario, democratico ecc. Mostra un cosmo illuminato e magnetizzato dall'apparizione del Bambino Divino, dove cielo e terra, piante, animali, pastori e re sentono che quella nascita non è cosa di ogni giorno, manifesta un rinnovamento che ha del miracoloso perché è naturale e soprannaturale. Oggi noi non vediamo più il mondo contadino e rurale, non crediamo negli angeli e neppure in certi misteriosi re orientali dotati di speciali capacità intuitive (io naturalmente ci credo). Ma cancellare l'idea e il mito di un cristianesimo cosmologico è un atto di demistificazione rigoristica che avvilisce e di fatto condanna la grande tradizione dell'arte sacra occidentale.

    Secondo l'infantilismo critico di Vito Mancuso la festività natalizia è l'anticamera del consumismo e va quindi processata. Mancuso ci spiega che gli uomini di chiesa, sebbene contrappongano il Natale quale festa religiosa al Natale quale festa della società, non sono però coerenti fino in fondo. Perché se si devono condannare “molti aspetti del Natale quale grande kermesse commerciale” allora bisogna prendersela anche con la teologia cattolica del Natale. Ecco l'asso nella manica di Mancuso: “Il Natale di Gesù infatti può essere interpretato all'insegna del miracolo e dell'inaudito, oppure della normalità e dell'universalità”.

    Ma che alternativa è questa? La teofania, la comparsa del divino, è insieme miracolosa e normale. Dio non compare solo di domenica, ma quando compare è domenica. E Gesù nasce nel tempo e fuori del tempo, nasce quella volta e tuttora.
    La diagnosi di Mancuso invece è negativa: la teologia tradizionale ha caricato “la nascita di Gesù di luminarie e di festini colorati al fine di renderla una meraviglia mai vista e di farne un prodotto efficace per il mercato dell'anima. La cosmesi inizia presto, già nei vangeli canonici (…) Ma è soprattutto con i vangeli apocrifi e con la tradizione successiva che il processo di decorazione raggiunge il vertice”. Insomma decine di pittori dal Medioevo al Rinascimento e oltre sarebbero stati agenti di un bieco “marketing teologico e liturgico” che apre la strada al “consumismo dello shopping”.

    Mi pare che qui il teologo esageri. Ci vuole impressionare con le sue arguzie. Ma noi, dopo un secolo di avanguardismi e di criticismo critico, non ci facciamo impressionare. E' lui che ha un'idea povera o misera delle religioni. Il cristianesimo non è solo teologia, né teologia storico-critica, né antiteologia e neppure biblismo filologico. E' una tradizione culturale vasta e varia, intellettuale e popolare, che attraversa secoli e secoli di cultura. Dovremmo evitare Giotto, Beato Angelico, Mantegna, Bellini, Giorgione ecc. per avviare il “necessario processo di purificazione e di ritorno all'essenziale”? Chi ci dirà che cos'è l'essenziale, il teologo Mancuso?

    Se il nostro modo di festeggiare è ipocrita e magari blasfemo, non per questo ogni festa religiosa è falsa, è un peccato contro lo spirito. Forse non sappiamo festeggiare, questo è vero. Forse siamo un po' volgari come le nostre società, è vero anche questo. Soprattutto, io non credo che il cristianesimo sia molto compatibile con il capitalismo. Sono molte le cose poco compatibili con il capitalismo. Ma qui, se continuo, sono io che divento pericolosamente radicale: anche se non so affatto come andare all'essenziale, quale sia la vera coerenza e come risolvere il problema.