La controffensiva di Berlusconi
In questa settimana la maggioranza cercherà di rilanciare la propria immagine sfregiata dal fango. Il clima è da mobilitazione generale e Silvio Berlusconi detta l'agenda economica. “Dobbiamo fare poche cose, chiare e utili. Ma soprattutto dobbiamo farle subito”. E' questa l'indicazione con la quale il Cav. ha accompagnato la convocazione di un vertice del Pdl per oggi e di un Cdm straordinario per venerdì prossimo. Il premier, ieri ad Arcore, ha lanciato dei messaggi inequivocabili a Umberto Bossi.
In questa settimana la maggioranza cercherà di rilanciare la propria immagine sfregiata dal fango. Il clima è da mobilitazione generale e Silvio Berlusconi detta l'agenda economica. “Dobbiamo fare poche cose, chiare e utili. Ma soprattutto dobbiamo farle subito”. E' questa l'indicazione con la quale il Cav. ha accompagnato la convocazione di un vertice del Pdl per oggi e di un Cdm straordinario per venerdì prossimo. Il premier, ieri ad Arcore, ha lanciato dei messaggi inequivocabili a Umberto Bossi. Con fare morbido ha sorpreso il vecchio alleato: “Bisogna abbassare i toni – gli ha detto – ascoltare le indicazioni del Quirinale, reagire all'aggressione mediatica attraverso l'azione di governo, agganciare il federalismo alla crescita economica”. Musica per le orecchie del leader padano che, preoccupato per la riforma federale, non ha più bisogno di ribadire i consigli alla moderazione dei giorni passati, benché le elezioni anticipate restino – sullo sfondo – un'opzione ancora viva nelle intenzioni leghiste. “Ma se possiamo dobbiamo governare – ha insistito Berlusconi – Se non riuscissimo, sarà anche colpa delle opposizioni che per antiberlusconismo rifiutano di collaborare”. Così, entro questa settimana, il Cavaliere intende suonare due pezzi facili, come ha spiegato lui stesso in una nota ufficiale: l'avvio della riforma costituzionale dell'articolo 41 sulla libertà d'impresa e un piano di “immediata defiscalizzazione e deregolamentazione per la rinascita del mezzogiorno”. Tutto entro venerdì. Se Pd e terzo polo ci staranno “bene, altrimenti le faremo da soli”. I ministri economici sono al lavoro, il premier ha chiesto che già stamattina vengano presentati a Palazzo Grazioli tutti i progetti e le analisi tecniche sulla riforma del fisco.
Che succede? Il presidente del Consiglio ha passato un weekend di riflessione solitaria a Villa San Martino. Domenica, prima di guardare da solo Udinese-Juventus, ha letto attentamente i quotidiani e in particolare l'editoriale del Corriere della Sera nel quale il direttore, Ferruccio de Bortoli, invocava la “necessità di una tregua”. E' nata così l'idea di scrivere ieri proprio al Corriere e, ascoltati i propri consiglieri, di tendere una mano all'opposizione: “Collaboriamo in Parlamento per l'Italia”. Le parole di Bossi (“bisogna fare meno casino”), l'inquietudine di Napolitano, i suggerimenti del terzismo borghese, sono tutti elementi che hanno concorso a far maturare gli intendimenti del premier. Così, incassato il rifiuto del Pd alla collaborazione, ma confortato dalle dichiarazioni dei banchieri (Corrado Passera), ieri il presidente del Consiglio ha annunciato un piano di reazione politica e di governo in un'atmosfera tuttavia ancora gravata dall'offensiva mediatica sul caso Ruby. “Prendo atto delle risposte propagandistiche e degli atteggiamenti irresponsabili e insolenti di una parte delle opposizioni di fronte all'unica proposta seria in campo per rilanciare l'economia e la società italiana e per curare nel solo modo possibile, e cioè con un grande piano nazionale per la crescita, il debito pubblico. Ma il governo e la maggioranza faranno comunque la loro parte”. E' stato messo in agenda un incontro con Emma Marcegaglia. E' dalle imprese, dalla Confindustria e dal popolo delle partite iva che il Cav. immagina di riannodare i fili della legislatura: “Entro la fine di febbraio il governo riunirà gli stati generali dell'economia e presenterà un rapporto per la crescita, con l'obiettivo di raggiungere entro cinque anni livelli di incremento del pil del 3-4 per cento”. Giulio Tremonti per ora tace in pubblico, ma usa il telefono.
Avvertito in anticipo dei contenuti della lettera di Berlusconi al Corriere, pare che Giulio Tremonti abbia – domenica sera – afferrato il telefono per manifestare “stupore” e un po' di fastidio per una linea economica che contraddice la sua proverbiale flemma. Ma secondo altre fonti, il ministro dell'Economia avrebbe invece colto con piacere il rilancio della riforma dell'articolo 41 sulla libertà d'impresa evocato dal premier. Si tratta pur sempre di un'intuizione tremontiana, di un suo pallino storico, uno dei punti fondanti della sua teoria economica. Il superministro ha in passato cercato di portare la riforma dell'articolo 41 all'interno dell'agenda di governo, ma come ha raccontato lui stesso ieri pomeriggio a molti interlocutori “è stato sempre il Consiglio dei ministri a frenarmi”. Dunque chissà che il silenzio di Tremonti adesso sia meno ombroso di quanto non si speculi, in queste ore, nel Pdl. Chissà.
D'altra parte Bossi, che punta a ottenere il sì definitivo al federalismo questo giovedì, ha ben accolto lo slancio berlusconiano. Se Roberto Maroni aveva indicato con fermezza nel federalismo un passaggio decisivo per il futuro del governo, ieri sera Roberto Calderoli – probabilmente l'uomo della Lega più vicino a Tremonti – lo ha contraddetto rivelando le nuove e più intime inclinazioni leghiste maturate dopo l'incontro di ieri con il Cav. “La Lega non vuole trasformare il voto in bicamerale sul federalismo in un referendum sul governo Berlusconi”, ha detto Calderoli. L'intervista a Maroni, pubblicata ieri dal Corriere assieme alla lettera di Berlusconi, non era piaciuta al Pdl, specie nel passaggio in cui il ministro dell'Interno diceva di ritenere “possibile lo scioglimento delle Camere senza le dimissioni del capo del governo”. Una posizione che il partito leghista ha parzialmente rinfoderato dopo gli annunci di Berlusconi e le rassicurazioni che il premier ha offerto personalmente a Bossi: “Il federalismo si farà comunque, e dovrà essere agganciato a una politica economica di crescita su cui metteremo tutti la faccia”.
Le prime decisioni tecniche potrebbero arrivare questa mattina, quando il Cav. incontrerà i vertici del Pdl. Ma la riunione ha anche un altro punto in agenda: il rimpasto di governo. Per uscire dall'impasse si lavora anche all'ingresso dei “responsabili”, garanti della tenuta dei numeri in Parlamento. Saverio Romano, ex udc e anima del nuovo gruppo parlamentare, diventerà ministro. Quanto alla riforma della giustizia, ciclicamente oggetto di speculazioni e di buone intenzioni, Berlusconi è stato netto: “La faremo, ma non oggi. Adesso ci occupiamo dell'economia e delle cose che stanno più a cuore alla gente in difficoltà”.
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