Le condizioni del Pd per discutere l'agenda del Cav., “magari con Maroni”

Claudio Cerasa

Il piano bipartisan per la crescita proposto ieri dal presidente del Consiglio sulle colonne del Corriere della Sera ha stuzzicato nel Partito democratico una serie di reazioni assai diverse fra loro. Sul piano del merito, gli unici nel Pd a non condividere il passaggio centrale della lettera del Cav. – naturalmente quello relativo alla bocciatura di ogni genere di imposta patrimoniale – sono i parlamentari più vicini a Walter Veltroni.

    Il piano bipartisan per la crescita proposto ieri dal presidente del Consiglio sulle colonne del Corriere della Sera ha stuzzicato nel Partito democratico una serie di reazioni assai diverse fra loro. Sul piano del merito, gli unici nel Pd a non condividere il passaggio centrale della lettera del Cav. – naturalmente quello relativo alla bocciatura di ogni genere di imposta patrimoniale – sono i parlamentari più vicini a Walter Veltroni: gli stessi che due domeniche fa avevano proposto, per provare a ridurre in fretta il debito pubblico del nostro paese, un tipo di tassazione sul patrimonio non molto diversa da quella suggerita la scorsa settimana da Giuliano Amato e da Pellegrino Capaldo sul Corriere della Sera.

    Il resto del Pd – dove per resto si intendono Pier Luigi Bersani, Enrico Letta e Massimo D'Alema – di fronte alla lettera del Cav. ha usato invece una linea differente che, pur con tutte le sfumature, potrebbe essere riassunta così: “La lettera è interessante, per molti versi condivisibile, il no alla patrimoniale è cosa buona e giusta ma l'autore della proposta oggi non è credibile”. In linea di massima, sarà questo il senso della lettera che Bersani indirizzerà oggi al Cav. sul Corriere, ma dietro a quella risposta si nascondono alcuni approcci alla questione che meritano di essere segnalati.

    Il primo è quello del vicesegretario del Pd, Enrico Letta, che al Foglio la mette così: “Se questa proposta fosse stata formulata un anno fa, noi del Pd non avremmo avuto alcun problema a discuterne, in modo costruttivo, insieme con le forze della maggioranza. I contenuti dell'agenda sono obiettivamente interessanti e alcune delle risposte offerte dal presidente del Consiglio non fatico a dire che siano condivisibili. Il Pd è a favore di una vera campagna di privatizzazione coniugata con una riforma del fisco responsabile e una seria liberalizzazione dei servizi pubblici e privati. Bene: vogliamo prenderci sul serio? Vogliamo trasformare le interessanti proposte contenute nella lettera in un'agenda economica di un nuovo governo? Facciamolo. Ma facciamolo con un altro premier. Facciamolo con le persone responsabili di centrodestra. Perché oggi noi non abbiamo paura a dire che un programma di quel tipo presentato da un governo guidato da Tremonti o un Maroni saremmo disposti ad appoggiarlo anche domani”.

    Un'integrazione significativa alle parole offerte da Letta arriva da Stefano Fassina, responsabile economico del Partito democratico e braccio destro di Pier Luigi Bersani. Fassina, chiacchierando con il Foglio, condivide l'analisi di Letta (“Berlusconi si deve dimettere, oggi non ha la credibilità per formulare una proposta del genere”) ma aggiunge un dettaglio non insignificante nella valutazione complessiva della lettera di Berlusconi.

    “Non nego – dice Fassina – che in quel testo vi siano elementi condivisibili. Personalmente, e su questo il premier non ha torto, sono convinto che la patrimoniale sia un tipo di imposta iniqua oltre che completamente sbagliata. Ma il vero problema di quelle proposte è nella grande incoerenza dimostrata dal governo sui grandi temi economici. Non si può parlare di un piano per la crescita nazionale dopo una irresponsabile legge di stabilità come quella che è stata appena approvata dalla maggioranza, e in fondo basta leggere tra le righe del decreto sul fisco municipale, di cui si sta discutendo in queste ore nella Commissione bicamerale per il federalismo, per capire che il governo non è affatto interessato a non martoriare i cittadini. Vi invito a leggere con attenzione quel testo. Perché non bisogna essere degli scienziati della politica per accorgersi che in questo decreto Berlusconi e Bossi vogliono tartassare tanto i cittadini quanto i comuni raddoppiando, per esempio, la patrimoniale per gli artigiani e i commercianti e le piccole imprese attraverso il mascheramento dell'imposta municipale. E allora: vogliamo dirla tutta? Riscrivessero, come suggeriamo noi da tempo, questo benedetto testo sul federalismo municipale e poi, se le nostre modifiche verranno accettate, potremmo anche iniziare a fare un ragionamento con il governo sull'agenda economica per la crescita del nostro paese”.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.