Dalla brace alla tempesta

Piero Vietti

Da qualche anno a questa parte, ogni evento atmosferico più intenso di una brezza primaverile o di un acquazzone autunnale viene di norma rubricato come effetto evidente del riscaldamento globale. Con arrampicate sugli specchi che meriterebbero almeno un altro premio Nobel (dopo quello ad Al Gore), si è arrivati anche a sostenere che quando fa freddo è colpa del global warming. Ecco che in questi giorni leggiamo di correnti fredde che si liberano dal Polo nord e vengono a congelare America ed Europa, e il racconto del ciclone che ha colpito l'Australia assume toni da Armageddon.

    Da qualche anno a questa parte, ogni evento atmosferico più intenso di una brezza primaverile o di un acquazzone autunnale viene di norma rubricato come effetto evidente del riscaldamento globale. Con arrampicate sugli specchi che meriterebbero almeno un altro premio Nobel (dopo quello ad Al Gore), si è arrivati anche a sostenere che quando fa freddo è colpa del global warming. Ecco che in questi giorni leggiamo di correnti fredde che si liberano dal Polo nord e vengono a congelare America ed Europa, e il racconto del ciclone che ha colpito l'Australia assume toni da Armageddon. Le cose non stanno esattamente in questi termini, e se è vero che una nevicata così a Chicago non si vedeva da cinquant'anni, il fenomeno rientra in quella che il climatologo Franco Prodi definisce “normalità di eventi estremi”: siamo di fronte a precipitazioni “come ce ne sono sempre state”.

    Attenzione a non confondere meteo e clima, dice Prodi: “Chiamare in causa il clima per spiegare un evento meteorologico si può fare solo sulla base di studi almeno decennali”, e “trarre conclusioni da singoli fenomeni eccezionali correlandoli ai cambiamenti climatici è scorretto”. Prodi ha studiato la storia delle alluvioni in Europa, e ha scoperto che “non ci sono evidenze di un aumento di questi fenomeni negli ultimi anni”. Si discute se sia aumentata l'intensità dei cicloni tropicali: “C'è chi lo sostiene – spiega Prodi – ma se anche fosse vero non sarebbe comunque attribuibile al riscaldamento globale”.

    Ma che cosa sta succedendo nella east coast Americana bloccata dal freddo? E' davvero l'ennesima prova del clima impazzito? Il tenente colonnello dell'aeronautica militare Guido Guidi, autore anche del blog Climate Monitor, dice al Foglio che la neve che ricopre le strade di Chicago fa parte di “oscillazioni del tempo che restano nella variabilità interannuale”.

    Tutto nella norma? “Nulla è normale – dice Guidi – Il clima e il tempo sono sempre stati ‘pazzi'. Siamo noi che ne abbiamo identificato dei comportamenti medi”. Parlare di tempo atmosferico “medio” è una forzatura, vuol dire parlare di qualcosa che non esiste, salvo rare eccezioni: la media è sempre il risultato di due o più estremi reali. Oltretutto, prosegue Guidi, “in America quest'anno siamo di fronte a un inverno nella norma. E qualcuno dovrebbe spiegarci perché, quando l'anno scorso a Vancouver non c'era neve era colpa del global warming, e quest'anno che di neve ce n'è un sacco è sempre colpa del global warming”. La neve che cade abbondante non è un fenomeno straordinario: “Diversi studi dimostrano che la quantità di superficie degli Stati Uniti imbiancata durante l'anno non ha subito variazioni negli ultimi decenni”. Risulta quindi difficile attribuire al caldo il maltempo che ha lasciato a terra migliaia di voli da lunedì a oggi.

    Lo stesso discorso vale per l'Australia “sott'acqua” che in queste ore è colpita dal ciclone Yasi. Le inondazioni del mese scorso sono un fenomeno “naturale” dovuto alla presenza della Niña (l'oscillazione periodica – tra i 3 e i 7 anni – della temperatura delle acque superficiali dell'Oceano Pacifico). Spiega Guidi che “in Australia tutti gli eventi di inondazione sono stati sempre collegati a una Niña molto forte”. C'è chi sostiene che l'aumento di temperatura dell'oceano sia colpa anche del riscaldamento globale, “ma non c'è alcuno studio che avalli questa teoria”, dice Guidi. Adesso però è arrivato pure il ciclone: “Non si può dire che sia un anno fortunato per gli australiani – conclude Guidi – ma anche questo evento è nella norma: tutti gli anni i cicloni arrivano in questo periodo”. E, come ricorda Franco Prodi, “il loro numero non è in aumento”.

    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.