Il cauto ottimismo della chiesa che in Egitto non vede la rivolta islamica

Paolo Rodari

Profondo conoscitore della realtà egiziana, Micheal Louis Fitzgerald, nunzio apostolico in Egitto, interpellato dal Foglio mentre si trova nella residenza situata dall'altra parte del Nilo rispetto alla piazza Tahrir e ai palazzi delle istituzioni, a proposito dell'ascesa dei Fratelli musulmani che pare inevitabile visto il declino di Mubarak, dice: “Faccio mio l'appello di Antonios Naguib, capo della comunità cattolica d'Egitto, che ha chiesto la celebrazione di una messa per la pace".

    Profondo conoscitore della realtà egiziana, Micheal Louis Fitzgerald, nunzio apostolico in Egitto, interpellato dal Foglio mentre si trova nella residenza situata dall'altra parte del Nilo rispetto alla piazza Tahrir e ai palazzi delle istituzioni, a proposito dell'ascesa dei Fratelli musulmani che pare inevitabile visto il declino di Mubarak, dice: “Faccio mio l'appello di Antonios Naguib, capo della comunità cattolica d'Egitto, che ha chiesto per oggi (ieri per chi legge, ndr) la celebrazione di una messa per la pace. Naguib ha ringraziato le Forze armate e coloro che stanno cercando di proteggere edifici e persone. E' all'anima sana della piazza che cerchiamo di guardare con fiducia”.

    Insomma, grande cautela. Anche il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, preferisce non aggiungere nulla in più rispetto all'appello pro dialogo con i musulmani uscito sull'Osservatore Romano quattro giorni fa. Tauran si riferiva ai membri dell'Università Al Azhar del Cairo, che il 20 gennaio avevano annunciato la volontà di “congelare” il dialogo con Roma. Ma non ha detto nulla della Fratellanza musulmana. Perché? Padre Justo Lacunza Balda, rettore emerito del Pontificio istituto di studi arabi e d'islamistica, è uno dei massimi conoscitori del mondo islamico. Vive a Madrid, ma segue da vicino le vicende egiziane. Dice: “La chiesa cattolica a livello ufficiale non ha nessun rapporto con la Fratellanza. Per questo motivo c'è poco da dire. Rapporti ci sono, ma a livelli intermedi. Io stesso sono stato e sono in contatto con alcuni di loro. Molti hanno studiato in Europa. Sono colti, moderati e la maggior parte vuole vivere in un regime di democrazia. Ci sono docenti e professionisti in vari rami tra loro. Molti hanno studiato all'Università di Al Azhar. Altri nelle migliori università europee. Con queste persone all'interno della Fratellanza il dialogo è possibile. In Egitto stanno mantenendo un profilo molto basso. E' evidente che non vogliono accelerare per un governo islamico. Piuttosto lottano per la libertà. Pensano che ElBaradei sia molto lontano dalla gente. Non lo ritengono un leader per il proprio paese. E lo stesso vale per gli altri politici egiziani. La Fratellanza è parte attiva della rivoluzione che sta avvenendo in questi giorni, seppure dentro la rivoluzione proceda a fari spenti. Perché la rivoluzione non è religiosa ma laica. E i Fratelli musulmani lo sanno e si stanno adeguando facendo proprie le ragioni del popolo. Il nemico per tutti è Mubarak. Lui è il nemico del popolo, ma del popolo affamato, non del popolo islamico. Questa non è una rivoluzione religiosa ma una rivoluzione di gente che vuole più libertà (anche religiosa), più dignità e più benessere. La chiesa cattolica rispetto a questa rivoluzione non può che stare a guardare. Non ci sono canali ufficiali per intraprendere iniziative degne di nota”.

    Il giudizio di padre Lacunza è condiviso in parte anche da padre Samir Khalil Samir. Per lui però “tali manifestazioni hanno motivi economici e politici. Ciò significa che oltre alla corrente politica, c'è una corrente intellettuale che è stufa dell'islam diffuso negli ultimi trenta anni nel paese, un islam ‘esteriorizzato', che mette l'accento sulle cose esterne (il vestire, la barba, il velo, ecc.). Vi è un movimento globale – insieme spirituale e politico – che vorrebbe trasformare il paese”. Padre Luciano Verdoscia è missionario per i comboniani al Cairo. Dice: “Siamo di fronte a una rivoluzione che non è di carattere religioso. Sono i giovani che hanno organizzato la rivolta, non i Fratelli musulmani. Quello che può succedere nessuno lo sa. Sappiamo che l'opposizione più organizzata è rappresentata dai Fratelli musulmani, che hanno diverse ramificazioni, vi sono delle componenti più violente e altre più moderate, delle parti che cercano il dialogo e altre che cercano lo scontro. Ma i giovani con i quali ho parlato dicono di volere un governo democratico non un governo islamico”.