Appello ai calciatori che fanno gol alla ex squadra: esultate, per favore
Le non esultanze non sono tutte uguali. E' la differenza tra il rispetto di se stessi e l'ipocrisia del rispetto verso gli altri. Fabrizio Miccoli che abbassa la testa dopo aver fatto gol al Lecce non è come Alessandro Matri che tiene le braccia giù quando segna due volte al Cagliari. Non se ne può più di calciatori che castrano la propria gioia se fanno gol a una squadra nella quale hanno giocato. Si vedono ogni domenica: tiro, gol. E dopo il gol un'atmosfera di presunto dispiacere.
Le non esultanze non sono tutte uguali. E' la differenza tra il rispetto di se stessi e l'ipocrisia del rispetto verso gli altri. Fabrizio Miccoli che abbassa la testa dopo aver fatto gol al Lecce non è come Alessandro Matri che tiene le braccia giù quando segna due volte al Cagliari. Non se ne può più di calciatori che castrano la propria gioia se fanno gol a una squadra nella quale hanno giocato. Si vedono ogni domenica: tiro, gol. E dopo il gol un'atmosfera di presunto dispiacere. Si vedono giocatori che non esultano da anni: hanno girato così tante squadre da non potersi sfogare mai, da non poter gioire mai. Dicono di farlo per rispetto della gente che fino a poco tempo prima li amava.
Un codice di autoregolamentazione del rispetto del tifoso che fa ridere, perché scade nel grottesco. Se tu decidi di andare in un'altra squadra chissenefrega se quando segni contro di me esulti. Se ami una maglia, se senti di essere legato a una città e alla sua gente non te ne vai. Siccome nessuno crede all'amore pallonaro, al rapporto tra un giocatore, un club e i suoi tifosi, allora basta: liberi tutti. Segni ed esulti. Punto. Perché tanto il solo fatto di fare gol ti fa odiare, l'eventuale esultanza è soltanto il corollario di una delusione. Anzi, chi esulta fa anche un favore: permette ai suoi ex tifosi di insultarlo, quindi di sfogarsi, di accettare prima la delusione.
Basta con l'ipocrisia, allora. Esultino per se stessi, per i loro compagni, per i nuovi tifosi. Esultino anche per i vecchi, vivaddio. Perché di quelle scene pietose non se ne può più. E perché così lascerebbero spazio agli unici che possono non esultare. Cioè a quelli come Fabrizio Miccoli. Miccoli è leccese, tifa Lecce, ama Lecce. Non gioca nel Lecce solo perché merita di essere titolare in una squadra ambiziosa come il Palermo. Segna, non esulta. Da uomo, questo sì. Perché lo fa per se stesso, non per gli altri. Perché quel gol è un dolore per lui come ogni altro gol preso dal Lecce. Come se Totti non esultasse contro la Roma, se un giorno ci giocasse contro. Come Maldini se avesse mai segnato contro il Milan. Sono pochi quelli che possono permettersi il lusso di non gioire. A loro bisogna concederglielo per rimanere sportivi e umani. Non agli altri. Non ai Matri e a quelli della generazione dell'ex di ogni anno. Loro esultino, lascino il silenzio a chi lo merita. Per dare un senso all'amore verso una squadra di calcio.
Il Foglio sportivo - in corpore sano