Così 143 teologi vogliono svegliare la chiesa dalla “tomba” del celibato
Quando Judith Könemann, pedagoga delle religioni di Münster, ha scritto assieme ad altre otto persone un appello per una “profonda riforma della chiesa cattolica” (s'intitola “Chiesa 2011: una svolta necessaria”) non pensava di riscuotere tanto successo. Dice: “Evidentemente abbiamo colpito nel segno”. Infatti, in pochi giorni, i teologi firmatari dell'appello sono diventati 143, per la maggior parte tedeschi, austriaci e svizzeri: “Le adesioni sono state tante e molti sono quelli che in privato hanno espresso il proprio consenso ma non hanno firmato per timore di ritorsioni da parte del loro vescovo”.
Quando Judith Könemann, pedagoga delle religioni di Münster, ha scritto assieme ad altre otto persone un appello per una “profonda riforma della chiesa cattolica” (s'intitola “Chiesa 2011: una svolta necessaria”) non pensava di riscuotere tanto successo. Dice: “Evidentemente abbiamo colpito nel segno”. Infatti, in pochi giorni, i teologi firmatari dell'appello sono diventati 143, per la maggior parte tedeschi, austriaci e svizzeri: “Le adesioni sono state tante e molti sono quelli che in privato hanno espresso il proprio consenso ma non hanno firmato per timore di ritorsioni da parte del loro vescovo”. Insomma, si tratta di un agguerrito gruppo di persone che grazie al grande spazio che hanno dato loro i principali quotidiani tedeschi è riuscito a fare arrivare la propria voce fino a Roma. Chiedono la fine dell'obbligo del celibato, l'ordinazione di donne prete, più partecipazione del popolo nella scelta dei vescovi, la fine del “rigorismo morale” che attanaglia Roma, il Vaticano, le gerarchie.
Sull'agenzia di stampa cattolica della diocesi di Vienna, Kath.net, è Guido Horst, direttore in Germania di Vatican Magazine, a dire che i cattolici non si scompongono perché si tratta semplicemente di richieste di “stampo protestante che nulla hanno a che vedere con la vita della chiesa”. Eppure, lo scrive lo stesso Horst, qualcuno che si scompone c'è. Sono i vescovi tedeschi, le gerarchie di una chiesa che dopo l'annus horribilis delle rivelazioni sulla pedofilia nel clero di Germania – i casi verificatisi nel collegio Canisius di Berlino sono una ferita che ancora sanguina – sembrano incapaci di reagire.
L'origine della protesta è qui: la pedofilia nel clero. E' nello sconquasso che ha investito la chiesa tedesca nei mesi trascorsi che i 143 trovano lo spunto per chiedere che tutto cambi. Forti del montare dell'indignazione in molti fedeli, i teologi affondano il coltello nella carne dei vescovi, trovandola particolarmente molle. E, infatti, è principalmente a loro, ai vescovi della Germania, che il Papa sembra si sia voluto rivolgere due giorni fa. L'occasione è stata l'ordinazione episcopale di cinque presbiteri nella basilica di San Pietro. Benedetto XVI ha tenuto un'omelia dedicata alla figura del vescovo il cui testo, non a caso, è stato diffuso da subito in tedesco. Fatto inusuale, che dice della volontà del Papa di dire qualcosa ai confratelli del suo paese. Che cosa? Una chiamata a non cedere allo spirito del mondo. “Il pastore non deve essere una canna di palude che si piega secondo il soffio del vento, un servo dello spirito del tempo”, ha detto il Papa. E ancora: “L'essere intrepido, il coraggio di opporsi alle correnti del momento appartiene in modo essenziale al compito del pastore”.
Erano ventidue anni che in Germania non c'era una “rivolta” di teologi comparabile a questa dei 143: nel 1989 più di 220 studiosi protestarono nella “Kölner Erklärung” (la “Dichiarazione di Colonia”) contro lo stile direttivo di Giovanni Paolo II, che tra le sue “colpe” aveva la nomina del cardinale Joachim Meisner ad arcivescovo di Colonia nonostante il parere contrario delle anime liberal della chiesa. Allora come oggi il tema è generale. Non si tratta soltanto del celibato dei preti. Si tratta di una riforma che investa tutta la chiesa, il suo governo, la sua organizzazione, l'esercizio del potere. Certo, il celibato è uno dei temi forti. Anche perché, come hanno ricordato sempre i media tedeschi, negli anni Settanta diversi teologi (tra loro anche Joseph Ratzinger, Karl Lehmann e Walter Kasper) firmarono un documento nel quale consideravano l'abolizione del celibato per i preti una delle possibili risposte alla scarsità di vocazioni. Nell'ultimo libro con Peter Seewald “Luce del mondo”, Ratzinger torna sull'argomento: non chiude alla possibilità che vi siano sacerdoti sposati. Ma dice: “Il difficile viene quando bisogna dire come una simile coesistenza dovrebbe configurarsi”.
Ciò che chiedono i 143 è che sul tema non vi sia silenzio. Scrivono: “Dopo la tempesta dello scandalo pedofilia non può seguire la quiete, perché sarebbe solo la quiete della tomba. Ora c'è bisogno di cercare soluzioni in uno scambio di opinioni libero e onesto, per tirare fuori la chiesa dalla sua paralizzante autoreferenzialità”.
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