Videomessaggio da Grozny
Il ceceno Umarov guasta il nome dell'Fsb e i suoi rapporti con Medvedev
Il terrorista più ricercato di Russia, Dokku Umarov, ha rivendicato la bomba all'aeroporto di Mosca del 24 gennaio, che ha fatto 36 morti e 150 feriti. E' una brutta notizia per il capo del Cremlino, Dmitri Medvedev, e per il premier russo, Vladimir Putin, che hanno annunciato la fine della guerra in Cecenia oltre due anni fa e ora cercano capitali stranieri per ricostruire l'economia del Caucaso. Ed è una notizia ancora peggiore per i Servizi di sicurezza (Fsb): secondo Interfax, Medvedev ha licenziato ieri “alcuni alti ufficiali” dell'intelligence.
Il terrorista più ricercato di Russia, Dokku Umarov, ha rivendicato la bomba all'aeroporto di Mosca del 24 gennaio, che ha fatto 36 morti e 150 feriti. E' una brutta notizia per il capo del Cremlino, Dmitri Medvedev, e per il premier russo, Vladimir Putin, che hanno annunciato la fine della guerra in Cecenia oltre due anni fa e ora cercano capitali stranieri per ricostruire l'economia del Caucaso. Ed è una notizia ancora peggiore per i Servizi di sicurezza (Fsb): secondo Interfax, Medvedev ha licenziato ieri “alcuni alti ufficiali” dell'intelligence. I vertici dell'agenzia sono ben saldi ai loro posti, ma è comunque la prima volta che l'Fsb paga pubblicamente per non avere impedito un attacco.
Un sito internet vicino ai ribelli ceceni, kavkazcenter.com, ha pubblicato ben due video di Umarov negli ultimi quattro giorni. Nel primo, il capo della guerriglia annuncia “un anno di sangue” per la Russia, nel secondo reclama la responsabilità dell'attentato al Domodedovo. “L'operazione speciale è stata eseguita su mio ordine – ha detto Umarov – Ce ne saranno altre in futuro, attaccheremo a cadenza mensile o settimanale, come Dio vorrà. Non vi dirò che ci sono centinaia di uomini pronti al martirio, ma ne troveremo almeno cinquanta o sessanta”. Umarov guida i ribelli da cinque anni. Si è proclamato “Emiro del Caucaso” nel 2007 e, nello stesso periodo, ha formato il Riyadus Salikhin (significa “giardino dei martiri”), un battaglione di aspiranti kamikaze. La sua leadership è stata messa in discussione da decine di giovani jihadisti, tanto che negli ultimi mesi sono arrivati diversi rapporti sulla sua presunta morte. Nei due video di Kavkaz Center, Umarov non appare certo in buona salute, ma sarebbe ancora in grado di colpire Mosca.
Sempre ieri, il capo dell'Fsb ha presentato a Medvedev una lista con i nomi degli ufficiali che “hanno commesso errori”. La portavoce del presidente, Natalia Timakova, ha aggiunto che è in corso un'azione interna e che altri agenti potrebbero essere rimossi. L'indagine sulla bomba al Domodedovo ha mostrato la debolezza dei servizi segreti e qualche crepa nei loro rapporti con il Cremlino. L'Fsb sapeva che i terroristi programmavano un attacco eclatante – una donna è morta a Mosca il 31 dicembre mentre preparava una cintura esplosiva; dieci giorni più tardi, i Servizi avrebbero ricevuto un'informativa piuttosto dettagliata sul piano di Umarov. Tuttavia, l'intelligence non è riuscita a fermare i ceceni.
Anche le indagini sono colme di sviste, basti pensare che gli investigatori non hanno ancora diffuso l'identità del kamikaze: si è parlato di un uomo dai tratti caucasici, di un arabo e di una donna, infine è stato fatto il nome di uno slavo convertito all'islam, Vitaly Razdobudko, ma nessuna ipotesi è durata più di un giorno. Putin in persona ha smentito la pista cecena, sollevando un po' di imbarazzo al Cremlino. “Qualcuno parla come se il caso fosse già risolto”, ha detto Medvedev la scorsa settimana. Il presidente ha appena firmato la legge che permetterà di ridurre del 20 per cento gli agenti in servizio nelle città russe – e che cambierà il nome delle Forze dell'ordine da “milizia” a “polizia”. Quando è arrivato al Cremlino, molti pensavano che avrebbe riformato l'economia e il sistema giudiziario del paese. A sedici mesi dalla fine del mandato, Medvedev può essere ricordato come il presidente che cercò di ripulire le caserme.
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