In azione contro gli azionisti. I pm unfit to lead Italy /5
Lezione dei cattolici che i nuovi azionisti non ricordano mai
A Torino non è fiorito soltanto l'azionismo laico di Gobetti e Bobbio ma anche un cattolicesimo venato di giansenismo, colto ed elitario, un'avventura esclusiva che ha segnato la cultura italiana del Dopoguerra. Il nome di Luigi Pareyson (1918-1991) dice poco o nulla ai non addetti ai lavori ma alle sue lezioni si è formata gente come Umberto Eco, Claudio Ciancio, Sergio Givone, Mario Perniola, Ugo Perone, Gianni Vattimo.
A Torino non è fiorito soltanto l'azionismo laico di Gobetti e Bobbio ma anche un cattolicesimo venato di giansenismo, colto ed elitario, un'avventura esclusiva che ha segnato la cultura italiana del Dopoguerra. Il nome di Luigi Pareyson (1918-1991) dice poco o nulla ai non addetti ai lavori ma alle sue lezioni si è formata gente come Umberto Eco, Claudio Ciancio, Sergio Givone, Mario Perniola, Ugo Perone, Gianni Vattimo. Forse più che una scuola, un cenacolo: dal maestro, grande interprete dell'idealismo e dell'esistenzialismo e architetto di un'audace “ontologia della libertà”, hanno appreso un metodo di lavoro prussiano e un estremo pudore, quasi una ritrosia a manifestare la propria fede.
Qualcuno, a furia di tenerla nel cassetto, dice di aver perso la chiave anni fa, qualcuno si rammarica di “non essere Dio”, qualcun altro teorizza un “sentire cattolico” comune. Tutti, in un modo o nell'altro, hanno elaborato un'ermeneutica o un'estetica che fonde il sapere filosofico e quello teologico, hanno lavorato sulla forma dopo aver introiettato il decoro sabaudo che a volte si ribalta in narcisismi vertiginosi e sapidi, e altre volte si conferma nella riservatezza e nella dedizione accademica. Tra azionismo e cattolicesimo è anche una questione di censo e radici, il confronto tra la Torino bene di Bobbio e Abbagnano e la provincia da cui venivano Pareyson e molti dei suoi: Aosta, Asti, Cuneo, Vercelli (lo stesso piccolo mondo antico da cui proviene Oscar Luigi Scalfaro da Novara, il fucino d'assalto che negli anni Cinquanta era l'emblema del bigottismo per quella stampa laica che oggi lo porta in processione).
Oggi i pareysoniani sono piuttosto attempati e, al di là dei legami personali, non hanno mai fatto squadra. C'è chi flirta con questo azionismo di risulta come Eco, cui non dispiace savianeggiare a uso della meglio società, e chi non partecipa al girotondo come Perniola, che legge in certe esibizioni una sterile simmetria con la giostra berlusconiana. Certo, molti di loro gravitano attorno al gruppo editoriale l'Espresso di matrice sabauda, da Carlo De Benedetti a Ezio Mauro.
D'altronde, a Torino cultura azionista e cristiana (cattolici ma anche valdesi) si sono mescolate fin dall'inizio; da quando, come racconta Francesco Tomatis, Pareyson ebbe un ruolo centrale nella formazione del Partito d'azione e nella Resistenza in Piemonte. Poi, però, prese le distanze dall'azionismo (lo riteneva, in compagnia di Del Noce, succube del “prassismo” marxista) e sviluppò un pensiero tragico di grande respiro teologico che, negli ultimi anni, infastidì non poco anche l'establishment cattolico.
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