Carovana di foglianti contro la Repubblica della virtù/ 2

La missione del Cav., mostrare di che zozzeria grondi il purismo

Umberto Silva

Osannare il Cavaliere come grande statista, economista e alfiere della democrazia significa sfotterlo: è evidente che non c'entra con tutto ciò. Il Cavaliere è venuto al mondo per compiere una missione ben più ardua e dirompente. E' colui che per diciassette anni ha mostrato di che idiozia grondi la saccenza, di quale volgarità trasudi la cosiddetta raffinatezza e quanta zozzeria il purismo nasconda. Un'impresa sovrumana a trecentosessanta gradi, che ha coinvolto istituzioni estere e internazionali.

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    Osannare il Cavaliere come grande statista, economista e alfiere della democrazia significa sfotterlo: è evidente che non c'entra con tutto ciò. Il Cavaliere è venuto al mondo per compiere una missione ben più ardua e dirompente. E' colui che per diciassette anni ha mostrato di che idiozia grondi la saccenza, di quale volgarità trasudi la cosiddetta raffinatezza e quanta zozzeria il purismo nasconda. Un'impresa sovrumana a trecentosessanta gradi, che ha coinvolto istituzioni estere e internazionali.

    Se fosse apparso un tronfio marziano, il Cavaliere non l'avrebbe risparmiato. Tanta audacia comporta costi a loro volta superbi. E' ingenuo pensare che i moralisti applaudano queste prodezze o vi si rassegnino. Si difendono e contrattaccano. D'altronde è proprio quel che il Cavaliere vuole, e li stuzzica finché non si scatenano. Lui ha inventato la procura milanese a suo uso e consumo, a sua gloria e divertimento; infinite volte l'ha umiliata e ora ci prova per l'ennesima. Lui scrive gli articoli di Repubblica, per poi fingere d'indignarsi e riderci su. Le roi s'amuse.

    Ciascuno fa la sua parte al meglio, da diciassette anni la battaglia è implacabile; gli italiani pagano il biglietto e fanno un tifo che lo stadio se lo sogna. Il Cavaliere avrebbe potuto patteggiare, la bicamerale era un'occasione, altre ce ne sono state; avrebbe anche potuto fare una vita più tranquilla, ma se per regnare gli tocca diventare come i suoi rivali, che sono poi sue creature, bambolotti che gonfia a piacimento, ovviamente non ci sta. Ecco allora che nella quinta o sesta potenza mondiale e prima per civiltà artistica, l'Italia, accade qualcosa d'incredibile: il premier è portato alla sbarra come un pappa, accusato del più osceno dei reati, la prostituzione minorile. Impensabile che ciò possa accadere a Sarkozy, alla Merkel, a Blair, fantascienza.

    Da noi invece è routine, sbocco ineluttabile, ultima o penultima tappa di un grandioso teleromanzo che il Cavaliere da par suo sceneggia e dirige. Considerarlo vittima dei giudici è davvero tentare di degradarlo; se lui non fa che lamentarsi e accusare, è solo perché fa parte della recita; tra sé e sé ride. Anche il famigerato catalogo delle milleuno, sarà vero? A sentire Mozart, Don Giovanni non riesce a farsi nemmeno la serva.

    Il Cavaliere esibisce tutte quelle signorine solo per attirare il Convitato di Pietra, a costui sono dedicate; e mostrare come lo scalfariano personaggio strepitando le guarda e commiserandole le ingiuria, è la lezione che il Cavaliere offre a noi tutti. Ama accompagnarsi con qualche ruffiano o stalliere giusto per attirare su di sé gli strali della magistratura. Stanarla e infilzarla in contropiede è il suo sport preferito; ora ci prova in zona Cesarini, quella che più lo eccita. Fottere non lo diverte quanto sfottere. Ultimamente ha una faccia severa, ma solo perché fa da saracinesca a un riso tuttora irrefrenabile.

    Così in eterno? Il mio augurio al Cavaliere è d'incontrare qualcuno che non sia una sua creaturale allucinazione, d'incontrare Altro, e di percepirlo come indistruttibile, non manipolabile, non gonfio e non gonfiabile. Sentirà un sollievo, e lo ringrazierà.

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