Seewald l'amico del Papa striglia i teologi, “minoranza saccente”
Il giornalista tedesco Peter Seewald – nel suo curriculum ci sono tre libri-intervista con Joseph Ratzinger – ha una certa frequentazione dell'appartamento papale. Beninteso, quando parla non lo fa a nome di Benedetto XVI e nemmeno della Santa Sede. Però, in qualche modo, di Ratzinger e della chiesa cattolica sa rifletterne (pur con tutti i distinguo del caso) almeno gli umori. E' per questo motivo che meritano attenzione le sue ultime dichiarazioni rilasciate all'agenzia di stampa cattolica austriaca kath.net in merito al manifesto “Kirche 2011”.
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Il giornalista tedesco Peter Seewald – nel suo curriculum ci sono tre libri-intervista con Joseph Ratzinger – ha una certa frequentazione dell'appartamento papale. Beninteso, quando parla non lo fa a nome di Benedetto XVI e nemmeno della Santa Sede. Però, in qualche modo, di Ratzinger e della chiesa cattolica sa rifletterne (pur con tutti i distinguo del caso) almeno gli umori. E' per questo motivo che meritano attenzione le sue ultime dichiarazioni rilasciate all'agenzia di stampa cattolica austriaca kath.net in merito al manifesto “Kirche 2011” firmato da circa 200 teologi tedeschi, austriaci e svizzeri dove si invita la chiesa cattolica a un “indispensabile rinnovamento” che coinvolge l'esercizio del primato di Pietro, l'ordinazione sacerdotale femminile nonché l'abolizione del celibato ecclesiastico.
Cosa pensa Seewald del manifesto? Pensa che sia il prodotto di “forze neoliberali che fanno pressione per delle trasformazioni che avrebbero come risultato di spogliare la chiesa cattolica del suo stesso essere, e quindi del suo spirito e della sua forza”. I teologi accusano la chiesa di “autoreferenzialità” e “ossessione di sé”. Ma, dice Seewald ai contestatori, “chi semina vento raccoglie tempesta”. Dove la tempesta è, secondo il giornalista tedesco, la contro rivolta che coloro che sono “fedeli alla chiesa” sono pronti a scatenare contro questi teologi del dissenso.
Seewald paragona i firmatari a dei “rami marci che possono certo fare danni, ma soltanto cadendo dall'albero a cui sono appesi”. Li chiama “saccenti teologi, piccolo-borghesi, fanfaroni che vanno a perorare in tutti i microfoni che vengono loro offerti”. Ma, ricorda ancora Seewald, gli attacchi più gravi “vengono dall'interno” della chiesa. Dice: ci sono “gesuiti d'alto rango” che si permettono di criticare la morale sessuale cattolica mentre si dimenticano che gli scandali della pedofilia hanno avuto luogo “nelle loro case”, come i fatti verificatisi nel collegio Canisius di Berlino dimostrano.
Sospettando la minoranza (riformatrice) di voler imporre le sue visioni (moderniste) alla maggioranza dei cattolici, Seewald parla, con una formula sorprendente, di “una sorta di stalinismo teologico”. Striglia, inoltre, tanto i movimenti contestatori come Wir sind Kirche (Noi siamo chiesa) che il Comitato centrale dei cattolici tedeschi che paragona al Comitato centrale della Sed (il partito comunista della Germania dell'est) prima della caduta del Muro. E ancora: le critiche sarebbero di fatto superate da tempo, tanto che se i teologi firmatari del manifesto possono ancora sperare di raccogliere tra le loro fila qualche militante, non potranno “mai riuscire a entusiasmare le folle e soprattutto i giovani”.
E poi la stoccata finale. Seewald chiede le dimissioni del portavoce della Conferenza episcopale tedesca, il padre gesuita Hans Langendörfer, che ha accolto in qualche modo il memorandum dei teologi annunciando che in futuro i vescovi avrebbero loro risposto.
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