Gli eroici professori (senza diaria) che portano gli alunni in gita

Annalena Benini

Ci vorrebbe un monumento a cavallo per ogni insegnante che si sobbarca, per amore, abnegazione, masochismo o allegria, l'impegno di portare la propria classe in gita. Quattro giorni a Parigi, ad esempio (molti simpatici reazionari residenti a Roma, città di gita eterna, sostengono l'inutilità cosmica di queste avventure scolastiche e auspicano la segregazione degli studenti in classe per cinque ore al giorno tutto l'anno senza eccezioni, “così possiamo prendere l'autobus tranquilli, senza orde brufolose, arrapate, urlanti e con zaini contundenti”).

    Ci vorrebbe un monumento a cavallo per ogni insegnante che si sobbarca, per amore, abnegazione, masochismo o allegria, l'impegno di portare la propria classe in gita. Quattro giorni a Parigi, ad esempio (molti simpatici reazionari residenti a Roma, città di gita eterna, sostengono l'inutilità cosmica di queste avventure scolastiche e auspicano la segregazione degli studenti in classe per cinque ore al giorno tutto l'anno senza eccezioni, “così possiamo prendere l'autobus tranquilli, senza orde brufolose, arrapate, urlanti e con zaini contundenti”, ma la gita è un simbolo, un ricordo, un batticuore, qualcosa di liberatorio e pericolosissimo, che nemmeno i tagli alla scuola possono fermare). Gli insegnanti, in numero di uno ogni quindici studenti, partono per la gita, dopo avere perquisito gli zaini degli studenti e tolto le birre, i kalashnikov, i petardi, e già in treno devono evitare che qualcuno spacchi i vetri, tiri il freno di emergenza, si spogli davanti a un alto prelato. Gli albergatori che accettano scolaresche hanno pronto il modulo di richiesta risarcimento danni: coperte e moquette in fiamme, letti fracassati a salti, armadi usati come fermaporta (un insospettabile alto dirigente del Foglio durante una gita a Londra si spense una sigaretta sul palmo della mano e ingoiò mezzo tubetto di dentifricio perché l'insegnante era entrata all'improvviso nella stanza, durante le ronde notturne. Gli insegnanti di notte non dormono, vigilano a turno, attenti che i ragazzi non si buttino dalle finestre per andare in discoteca).

    Ci sono anche le gite in montagna,
    in cui un alunno volle scrivere “ti amo” sulla neve, che però era ghiacciata, così per spaccare il ghiaccio si spaccò la mano, appena arrivato. E gli insegnanti sono responsabili di tutto ventiquattro ore al giorno, di chi scappa la notte per farsi assumere al Moulin Rouge, di chi si perde al Louvre, di chi si sbronza a Montmartre. Gli insegnanti avevano una specie di risarcimento di dodici euro al giorno per le gite all'estero, che non hanno più. Potevano mangiare un'insalata a pranzo, tenendo lo scontrino, e farsela rimborsare. Adesso basta. Nonostante rischino la vita, nonostante i consigli d'istituto vogliano abolire i viaggi di istruzione per protesta contro i tagli, gli eroici professori continuano a portare i ragazzi in gita.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.