La riforma fiscale nel cassetto

Michele Arnese

Resta nel cassetto anche la riforma fiscale, oltre le liberalizzazioni. Il Consiglio dei ministri di mercoledì scorso ha soltanto esaminato il disegno di legge sulla concorrenza predisposto dal ministero dello Sviluppo economico, senza approvarlo. Dalla riunione del Consiglio non è neppure giunta alcuna sferzata tributaria, come invece auspicato dal premier Silvio Berlusconi. Ma il percorso della riforma fiscale è già avviato, secondo il ministero dell'Economia (Mef).

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    Resta nel cassetto anche la riforma fiscale, oltre le liberalizzazioni. Il Consiglio dei ministri di mercoledì scorso ha soltanto esaminato il disegno di legge sulla concorrenza predisposto dal ministero dello Sviluppo economico, senza approvarlo. Dalla riunione del Consiglio non è neppure giunta alcuna sferzata tributaria, come invece auspicato dal premier Silvio Berlusconi. Ma il percorso della riforma fiscale è già avviato, secondo il ministero dell'Economia (Mef). Dopo aver ripubblicato sul sito del Mef il Libro bianco del '94 in cui Giulio Tremonti elencava i principi della rivoluzione tributaria prossima ventura, il titolare del Tesoro ha istituito lo scorso ottobre quattro tavoli di lavoro con le parti sociali per studiare forme e modi della riforma. I tavoli, secondo la ricostruzione del Foglio, vanno a rilento. Però i coordinatori dei quattro comitati hanno assicurato che entro marzo saranno stilati documenti finali. Non vere e proprie proposte, ma un resoconto delle richieste delle parti sociali e una ricognizione delle innovazioni possibili su spesa pubblica, sommerso, agevolazioni e deduzioni.

    L'obiettivo concertativo e sottilmente bipartisan di Tremonti si rintraccia nei curricula dei quattro coordinatori – tutti tecnici di riconosciuta capacità e competenza – che ha provocato qualche malumore nel centrodestra: c'è l'economista della Cattolica ed ex sottosegretario al Tesoro nel governo Prodi, Piero Giarda; c'è il presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, la cui nomina all'istituto statistico è stata salutata con favore anche dal centrosinistra; c'è l'economista in passato vicino a Giuliano Amato, Mauro Marè, promotore del sito Crusoe.it che riecheggia, secondo alcuni osservatori, tesi tremontiane; e Vieri Ceriani, uno dei massimi esperti di fisco della Banca d'Italia, più volte consigliere dell'ex ministro delle Finanze, Vincenzo Visco. Ma la figura centrale fra i tecnici che lavorano alla riforma è il direttore del dipartimento Politiche fiscali del ministero dell'Economia, Fabrizia Lapecorella, allieva del professor Ernesto Longobardi, tra i pochi economisti e scienziati delle finanze ascoltati da Tremonti e massimo esperto di federalismo fiscale. Al dipartimento sono consapevoli che alla fine di marzo non sarà pronta alcuna riforma: il lavoro sarà la base per iniziare a studiare le innovazioni. Nessuna riduzione della pressione fiscale, però. Secondo le indiscrezioni raccolte dal Foglio, alcuni coordinatori in via informale hanno sottolineato alle parti sociali che l'obiettivo è quello di avere una riforma a costo zero.

    Il metodo concertativo, comunque, non sempre produce i risultati sperati. Emblematico è lo stallo di un altro tavolo, non compreso tra quelli di via XX Settembre, voluto in particolare dai banchieri dell'Abi e da Confindustria per presentare al governo proposte sul fisco condivise con i sindacati. Peccato che per l'ostilità della Cgil a parlare di salari legati alla produttività, il tavolo sul fisco non sia neppure partito. Così Confindustria ha deciso di procedere da sola: nel prossimo direttivo della confederazione presieduta da Emma Marcegaglia si discuterà una prima bozza sulla quale stanno lavorando i tecnici. I vertici dell'associazione di viale dell'Astronomia hanno letto e apprezzato le idee di Assonime, messe a punto dal direttore generale dell'associazione che riunisce le grandi società per azioni considerato da Tremonti il ghostwriter economico di Carlo De Benedetti.

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