Il Cav. in musica

Giuliano Ferrara

Credo che Berlusconi meriti, come gesto d'amicizia, che sia scritta una storia intima, pudica quanto è giusto che sia ma possibilmente veridica, della sua vita pubblica e dell'intreccio fatale di questa con la sua vita privata. Berlusconi è una persona, la sua personalità è la chiave di volta per capire la parabola politica da lui vissuta come uomo di stato integralmente privato.

    Credo che Berlusconi meriti, come gesto d'amicizia, che sia scritta una storia intima, pudica quanto è giusto che sia ma possibilmente veridica, della sua vita pubblica e dell'intreccio fatale di questa con la sua vita privata. Berlusconi è una persona, la sua personalità è la chiave di volta per capire la parabola politica da lui vissuta come uomo di stato integralmente privato, e nessuna persona è immedesimabile con la sua mostrificazione e sporcificazione, salva la libertà di giudicare variamente i suoi comportamenti. Mi accingo a farlo, ci vorrà un po' di tempo, ci sarà da edificarsi e innalzarsi, e lo dico con la necessaria ironia, dopo tanto abbassarsi verso il buco della serratura di casa sua. Sarà il musical che non ho scritto su commissione di Buttafuoco, o il suo prologo nell'alto dei cieli.

    A proposito di musica. I giornalisti stranieri, tra i quali annovero anche la cara Barbara Spinelli, di schietta nazionalità europea e di cittadinanza parigina, riversano sul mio campione pregiudizio e faziosità, sono come tutti siamo, sono schiavi di passioni politiche e culturali ardenti. Ma c'è un residuo di sprezzante avversione antropologica ed estetica, nei loro scritti neopuritani, che può essere spiegato attraverso la storia della musica. E per la bisogna mi servo della “Breve storia della musica” scritta da un azionista di talento, il compianto Massimo Mila. (Vedi come è ironica la via della verità o di qualcosa che tenti di assomigliarle). Il vero disdegno, d'altra parte, i neopuritani adepti di un immaginario Cronvello (la dizione è di Vincenzo Bellini, il compositore dell'opera “I puritani”) lo riservano, ben più che a Berlusconi, a noi italiani che lo abbiamo sostenuto, votato, realizzando quella che è stata felicemente chiamata, da un politologo facinoroso ma non sprovvisto di occhio, “la libertà dei servi”. E anche il mitico professor Gustavo Zagrebelsky, dottore in diritto e presidente emerito della Corte costituzionale, proclamò sullo sventurato ma applaudito palco del Palasharp che bisogna colpire il protagonista delle “notti di Arcore”, ma per “andare oltre”, per sradicare ciò che egli rappresenta come abnorme fenomeno di lunga durata espresso da questo paese.

    Questo fenomeno ha radici anche nella prevalenza del melodramma sul sinfonismo, raccontata da Mila da pagina 262 a pagina 269 della sua “Storia”, nel capitolo sul melodramma romantico. L'Ottocento segnò una divisione europea in fatto di musica, l'opposizione della musica romantica e del dramma musicale wagneriano al bel canto, specie nelle sue variazioni giocose, patetiche, buffe, di mezzo carattere (è il caso dell'opera di Gaetano Donizetti, “L'elixir d'amore”, in certo senso dedicata all'antenato di Viagra e Cialis, in questi giorni rappresentata con significativo successo all'Opera di Roma). Grandi musicisti italiani riscattarono a modo loro, nel bene e nel male, quel fondo cupo, introspettivo, legato all'inconscio e ai suoi misteri, fondato su una percezione fosca, panica e notturna della natura e del mito, che si esprimeva nel titanismo sinfonico e in Wagner soprattutto, ma più in generale in quella che si definisce, con qualche approssimazione e tuttavia significativamente, la musica austro-tedesca.

    Le “notti di Arcore” e la reazione indifferente o tollerante che ispirano a una parte consistente di questo paese si spiegano come losco divertimento privato di un vecchio sporcaccione solo in certe menti, condizionate da una plumbea malinconia romantica nordeuropea, inadatta a vedere nei fatti la giocosità galante e l'individualismo estremo che tipizzano il romanticismo italiano dell'Ottocento, il luogo in cui abbiamo consacrato la nostra inidoneità a ogni “anelito all'infinito” e alla “ricerca disperata dell'assoluto” che sono invece elementi caratteristici degli adoratori della Legge e dei costruttori di purificazioni religiose in forma morale ( i corsivi sono tratti dal testo di Mila).

    Ecco ora il miglior ritratto del fondo storico e culturale su cui si staglia quel berlusconismo giocoso e melodrammatico tanto poco comprensibile ai giornalisti stranieri, compresi quelli italiani. La ricca tradizione classica, scrive il musicologo azionista torinese, tempera il romanticismo nato in Germania. Per lunga eredità di educazione classica, forse anche per naturale inclinazione favorita dal clima e dal paesaggio, l'italiano ripugna al vertiginoso approfondimento del lato “notturno” della vita e alla ricerca degli aspetti segreti delle cose. S'immerge nell'evidenza sensibile dei fenomeni, più che interrogarne il mistero. Le notti di Arcore, alla ricerca dell'Elixir d'amore, sono il contrario del “notturno”, sono spasso solare e opera buffa. Ma sentite qui, e storditevi di codesta mescolanza di apparenza e verità, dove si parla come noi parliamo di un uomo ricco, che possiede e prende e dà con larghezza. Quanto [l'italiano, ndr] possiede, è per lui un elemento positivo, di cui godere a fondo, non una dolorosa limitazione che circoscriva fatalmente il suo possesso e stimoli in lui l'implacabile nostalgia di tutto il resto che non possiede. Non è il ritratto perfetto del Cav. e della sua specialissima relazione con la sua roba? Della sua personale ricerca del piacere, del divertimento e dell'unica felicità possibile? Dite che nobilito? No, evito di ridere e di piangere, cerco di capire.

    Quando ascolti una sinfonia o altra bella musica strumentale a tutta prima non sai dove ti trovi e sei obbligato a una ricerca talvolta tormentosa, allo sguardo verso l'alto o al passo psichico verso l'abisso, e questo per la sua indeterminatezza semantica; ma questa musica, che è la più naturalmente adatta a cogliere nel profondo i moti oscuri della vita interiore, non viene sfruttata dai compositori italiani dell'Ottocento, per i quali la musica è saldamente legata a concrete vicende melodrammatiche e alla plasticità di definiti personaggi. Abbiamo escluso per via giudiziaria il tema dell'amore dalle piccole e grandi follie delle notti di Arcore, dai regali, dai piacionismi, dai dispetti al telefono fatti dalle ragazze al loro idolo, ma siamo sicuri che questo sia possibile in una storia intima di Berlusconi, del suo matrimonio, del suo divorzio, del suo carattere di marito e padre di famiglia, e di ex marito, insieme gratificato e deluso da una vita eccessiva e divisiva? E' tutto cosificazione e tradimento di un articolo della Costituzione? Tutto Costituzione e prostituzione? Suvvia. Ma dove avete messo le vostre intelligenze e i vostri cuori, cari amici neopuritani?

    Il vostro maestro azionista, il sommo musicologo, scrive che il romanticismo musicale italiano si concentra tutto intorno al plastico rilievo della persona umana, senza eccezione per la musica sacra degli umanisti Verdi e Rossini, dediti anch'essi all'immanenza e all'espressività dello stile più che alla liturgia divina. E aggiunge che del romanticismo esaltato di terra germanica l'amore è l'aspetto che la musica italiana dell'Ottocento raccoglie con maggior prontezza; ma lo sottopone a una realistica semplificazione. Avete letto bene, censori del facilismo giocoliere e galante del signore di Arcore: una realistica semplificazione. Tutti presi come siete nei vostri altezzosi schemi tragici, non riuscite a penetrare gli evidenti e palmari segreti di questo teatro in cui un italiano come tanti compie la sua semplificata apologia dell'amore, perché l'amore è la sola verità della vita, unico bene, unica positività: tutto ciò che lo ostacola è inganno, menzogna, malvagità e sopruso.

    Mi deriderete, forse, e mi spregerete come servo sciocco e cantore dell'incantabile, difensore dell'indifendibile. Eppure in questa lotta tra gli eserciti del sinfonismo strumentale e dell'armonia contro le truppe scombiccherate della melodia e del canto sta il segreto intimo che nessuna dottoressa Boccassini e nessun arido professore di semeiotica riescono minimamente a cogliere. Berlusconi ama cantare, i suoi melodisti sono Trenet e Apicella, non Bellini e Donizetti, ma la ricerca semplificata dell'elixir è la stessa del nostro Ottocento melodrammatico. Quella persona, trasformata in idolo da abbattere e in imputato da condannare con ogni mezzo, oltre che in simbolo di un paese disprezzabile, viene dal cuore profondo di una grande Italia che seppe suonarla e cantarla dignitosamente al resto dell'Europa, e con successo. Ricordatelo, pensateci, cari giornalisti stranieri.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.