Da Nietzsche a Camus

Consigli di lettura al Cav. per riacciuffare lo spirito del '94

Umberto Silva

Risuonano le parole con le quali, in conclusione dell'adunata al Teatro Dal Verme, Giuliano Ferrara sollecitò Silvio Berlusconi a non insistere nella lagnosa parte dell'imputato a vita, per tornare ad essere all'altezza della sua carica politica e della propria umana natura. E' necessario che il Cavaliere prenda in mano il suo destino e la smetta di salire sul quirinalizio Golgota in cerca di sconforto. La figura del perseguitato non gli si addice, il Cavaliere è ben altro, un persecutore.

    Risuonano le parole con le quali, in conclusione dell'adunata al Teatro Dal Verme, Giuliano Ferrara sollecitò Silvio Berlusconi a non insistere nella lagnosa parte dell'imputato a vita, per tornare ad essere all'altezza della sua carica politica e della propria umana natura. E' necessario che il Cavaliere prenda in mano il suo destino e la smetta di salire sul quirinalizio Golgota in cerca di sconforto. La figura del perseguitato non gli si addice, il Cavaliere è ben altro, un persecutore. Sono diciassette anni che non dà tregua agli imbianchini di sepolcri, diciassette anni che li provoca e li deride inseguendoli in ogni parte del globo, sbeffeggiando chiunque gli capiti sotto tiro. Il Cavaliere è venuto al mondo per compiere una precisa missione: dar corpo all'ambizioso progetto di Nietzsche, instaurando la Grande politica. Il che non significa incrementare i cerimoniali e i trattati, le guerre e i corazzieri; la Grande Politica – questo è il colpo di scena, la geniale trovata del Cavaliere – è un bunga bunga! Le donne della sinistra non capiscono queste finezze e scendono in piazza per contestare la lussuria del premier. Che poca fantasia; si vede, signore, che leggete il “Kamasutra” invece del Zarathustra! Eppoi, siete sicure che la sessualità dei vostri mariti sia tanto più ammodo? Ne conosco uno, un illustre studioso della Rivoluzione francese, che in un parco naturale australiano in preda a un'estasi mistica si è fatto un canguro. E nessuno ha avuto nulla da obiettare.
    Il premier ha squarciato il velo di Maya ed è apparsa Ruby, mostrando il fatuo che si cela in ogni seriosità.

    Per questo le cancellerie di tutto il mondo vedono in lui l'Anticristo e sono preoccupatissime manco fosse la fine del mondo. Vedono giusto: è la fine di un certo mondo, del loro mondo, e vogliono rispedire il Cavaliere all'inferno, cancellando anche la memoria dei suoi atti, che minano la credibilità delle istituzioni e delle costituzioni, di quella sacralità di cui si rivestono i re che non osano esporsi nella loro nudità. Il Cavaliere procede nudo, senza calcolo, sospinto da un estro che generosamente non tiene conto del principio del terzo escluso; osa sovvertire la logica asserendo in contemporanea una cosa e il suo contrario, il che risulta intollerabile ai poveri di spirito che si condannano a dire la verità e nient'altro che la verità, come tutti i bravi paranoici, diceva Jacques Lacan. E' naturale che costoro vogliano far fuori il Cavaliere: davanti allo specchio ch'egli incessantemente pone loro innanzi, si vedono a pezzi, coriandoli da gettare sul carnevale delle presunzioni.

    I moralisti umiliano la morale, offendono tutto ciò di cui si ergono a paladini. Ne sono protettori come delle puttane i pappa, per questo il Cavaliere si è spinto al punto inaudito di presentarsi alla sbarra come pappa di minorenni: brechtianamente fa il verso all'ipocrita. “L'Homme révolté” di Camus e l'“Ecce Homo” di Nietzsche sono in lui ben più evidenti delle prove di cui parla il procuratore milanese, e non c'è Ghedini che ne possa frenare la sovversione, non c'è legge per quanto ad personam che possa ingabbiarlo, la sua hybris lo trascina verso una gloria di cui solo certe anime affini possono gustare pienamente la grandezza. Contrariamente alla vulgata populista, il Cavaliere è un prodotto di élite, il che non impedisce che tanti oscuramente percepiscano la sua arte e se ne rallegrino. Gli stessi suoi nemici tra sé e sé apprezzano il suo insegnamento, ma, come esplicitamente ha detto l'onesto Bersani, l'accoglieranno e ne faranno uso solo quando il Cavaliere non ci sarà più: l'odiato Padre deve morire perché lo si possa depredare evitando di ringraziarlo. Ma senza ringraziamento nessun erede, solo scimmiotti.

    Il Cavaliere corre un rischio, dal momento che l'unica sua vera ragione d'essere è il moto incessante, l'inesausta provocazione. Se si ferma è perduto. Gli occorre quindi subito cimentarsi in altri territori che non quelli della commedia dell'arte e della filosofia morale dove ha tanto seminato; vi sono terre incolte ove la posta è ancora più alta. Ad esempio la liberazione immediata di tutti da tutto quel che all'impresa è d'ostacolo, sia esso un ordine professionale o un lacciuolo giuridico o una triste gabella, sicché l'audacia trionfi, selvaggia e scandalosa. Questa è la Grande politica, la fede nella capacità delle donne e degli uomini di scriversi, ciascuno con le proprie parole e atti, un destino.