Contagio e infezione
L'Iran sfrutta la rivolta egiziana e infila due navi militari nel Mediterraneo
Per la prima volta dalla Rivoluzione islamica del 1979, due navi da guerra iraniane sono entrate nel Mediterraneo passando attraverso il Canale di Suez. Un'ora prima dell'alba, la fregata di pattuglia Alvand e la nave di rifornimento Khark sono entrate nel canale dal Mar Rosso, dov'erano in attesa da venerdì.
Per la prima volta dalla Rivoluzione islamica del 1979, due navi da guerra iraniane sono entrate nel Mediterraneo passando attraverso il Canale di Suez. Un'ora prima dell'alba, la fregata di pattuglia Alvand e la nave di rifornimento Khark sono entrate nel canale dal Mar Rosso, dov'erano in attesa da venerdì. Le due imbarcazioni, di costruzione inglese, hanno armamenti rispettabili: la prima dispone di missili e siluri, la seconda di tre elicotteri e di un equipaggio di 250 persone.
Fars News, l'agenzia molto vicina al regime iraniano, sostiene che a bordo delle navi ci siano cadetti che, in questa missione, navigheranno per un anno lungo le rotte commerciali della zona per addestrarsi a difendere cargo e petroliere dagli attacchi dei pirati. Secondo altre fonti, a bordo delle navi ci sarebbero anche armamenti destinati ai miliziani libanesi di Hezbollah. La stiva conterrebbe missili a lungo raggio pronti a essere scaricati in un porto siriano – probabilmente quello di Tartous, costruito dai sovietici, uno degli hub militari più importanti della regione – o addirittura nello scalo libanese di Beirut. E c'è chi dice che le due navi svolgeranno un'esercitazione di fronte alle coste della Siria.
“L'Iran cerca di sfruttare la situazione che si è creata dopo le rivolte egiziane per espandere la sua influenza anche sul Canale di Suez”, ha detto il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, secondo il quale la manovra iraniana è “estremamente grave”.
Il governo di Gerusalemme non ha criticato apertamente le autorità appena insediate al Cairo, alle quali compete l'autorizzazione per il transito, che sarebbe avvenuto dopo il pagamento di 300 mila dollari, come hanno rivelato fonti vicine alla trattativa. Ma i nervi israeliani sono messi a dura prova dalla scelta sfrontata della marina iraniana di navigare di fronte ai territori del Sinai, dove l'esercito di Israele non si sente così ferrato come in passato. Negli ultimi anni, infatti, la presenza di un vicino come Mubarak aveva portato l'Idf a spostare una parte dell'attenzione dalle esercitazioni nel deserto ai terreni montuosi – come quelli al confine con Siria e Libano.
Il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, è stato il primo a sollevare il problema. Lo scorso mercoledì ha commentato che “la comunità internazionale deve capire che Israele non potrà ignorare queste provocazioni per sempre”. Il dipartimento di stato americano, attraverso il portavoce Philip Crowley, ha scelto una linea più conciliante: “Non sono le navi in sé a dare problemi, è quello che trasportano, quale sia la loro destinazione, che cosa abbiano a bordo, dove lo stiano portando, a chi e a quale scopo”. Nel frattempo, la marina americana schierava le sue navi.
Stando ai resoconti dell'emittente iraniana Press Tv, che cita fonti d'intelligence libanesi, “il passaggio delle due navi nel Canale di Suez ha subìto ritardi a causa delle avverse condizioni climatiche al largo delle coste siriane e libanesi”. Allo stallo devono avere contribuito anche le manovre della marina americana, che nella notte di giovedì ha fatto scendere la portaerei Enterprise, scortata da altre due navi, sino all'ingresso meridionale del Canale. Al mattino di venerdì, le tre imbarcazioni hanno avvistato le due navi militari iraniane, che erano in attesa di iniziare la traversata. Intanto, la portaerei George Washington si schierava nel Golfo di Aden, all'estremità meridionale del Mar Rosso, la Kearsarge restava in attesa nel mezzo del Canale, e la Abraham Lincoln si spostava dal Bahrein alle coste iraniane.
La reazione muscolare delle forze americane ha chiarito al regime di Teheran quali siano i reali rapporti di forza nella regione, anche nel pieno del cosiddetto “contagio”. Sfruttando gli effetti destabilizzanti delle rivolte egiziane, infatti, la marina iraniana era riuscita a incassare il via libera di uno storico avversario, l'Arabia Saudita: il 6 febbraio scorso, per la prima volta nella storia, il porto saudita di Jeddah accoglieva la coppia di navi che si sarebbe poi diretta verso il Canale di Suez.
Nonostante il pericolo di un'ispezione a bordo, preventivata dalla marina americana in virtù delle sanzioni dell'Onu contro l'Iran, le navi militari di Teheran hanno scelto di attraversare, ieri, il Canale di Suez. “E' un passaggio di routine”, ha detto l'ambasciatore iraniano in Siria, Ahmad Mousavi, richiamando l'attenzione sulle norme internazionali, che vietano all'Egitto di negare il transito alle navi di stati con cui non è in guerra. Mousavi ricopre di legalità una mossa dal chiaro intento provocatorio. E forse ripensa a quando, nel 2009, poco dopo le elezioni che avevano confermato Ahmadinejad alla guida dell'Iran, un sottomarino israeliano aveva raggiunto il Mar Rosso proprio attraverso il Canale di Suez.
Il Foglio sportivo - in corpore sano