C'è migrante e migrante
Così l'emergenza libica rafforza il Cav. e obbliga Fini al contrattacco
La fortuna dell'uno è la sfortuna dell'altro. Silvio Berlusconi si è reinserito in un meccanismo di fisiologia politica e parlamentare, recupera deputati, avanza sul dossier giustizia e per effetto della crisi libica riacquista anche una misura internazionale non collegata alle gaffe o al proprio allegro stile di vita.
La fortuna dell'uno è la sfortuna dell'altro. Silvio Berlusconi si è reinserito in un meccanismo di fisiologia politica e parlamentare, recupera deputati, avanza sul dossier giustizia e per effetto della crisi libica riacquista anche una misura internazionale non collegata alle gaffe o al proprio allegro stile di vita. Umberto Bossi ha brutalmente illuminato uno spicchio di verità, quando ha detto che “il rischio immigrazione aiuta Berlusconi e aiuta noi”. D'altra parte è storicamente vero che nell'affrontare le emergenze il premier ha sempre dimostrato capacità organizzative e comunicative: dal terremoto in Abruzzo sino alla crisi della monnezza in Campania.
Al Cavaliere che (quasi) rimonta in sella, corrisponde invece un Gianfranco Fini in sofferenza per l'emorragia che colpisce le file di Fli. Ragione per la quale il presidente della Camera ha già predisposto una rapida controffensiva mediatica, con un'intervista oggi all'Espresso e una dura reprimenda antiberlusconiana ieri sera da “Annozero”. Le fuoriuscite di parlamentari, undici dall'inizio della crisi interna, spingono il leader a rompere la consegna prudente del silenzio che un po' gli era stata anche chiesta dal Quirinale. Lo stato di emergenza ha imposto ieri anche agli alleati terzopolisti (Api e Udc) una corsa in aiuto di Fini. Riunitisi nello studio del presidente della Camera – “uso improprio e irrispettoso delle istituzioni”, dice il Pdl – Pier Ferdinando Casini, Francesco Rutelli e Fini hanno analizzato la situazione.
Fli chiede un coordinamento e un gruppo unico al Senato, proposta che forse piace a Rutelli ma in realtà non sembra convincere il cauto Casini. Le dichiarazioni del leader udc sono sembrate confermare l'idea che Fini sia precipitato in uno stato di minorità politica nei confronti dell'alleato centrista.
Nella propria intervista all'Espresso, il presidente della Camera dice: “La mia è una traversata nel deserto a piedi”. Parole che Casini ha commentato così: “Da un po' di tempo trova molte oasi, vuol dire che c'è qualcosa che sta cambiando”. Ironizzano nella maggioranza: “La principale di queste oasi è proprio l'Udc e Casini sembra volerlo rimarcare”. Chissà. Eppure il capo dell'Udc non aderisce – non condivide? – alla linea duramente antiberlusconiana sulla quale il presidente della Camera ha schierato con toni ultimativi il proprio partito con l'intervista all'Espresso e alla trasmissione di Michele Santoro. “Non c'è nulla di politicamente strano o sconveniente nel fatto che Fini abbia in mente un centrodestra deberlusconizzato se non addirittura antiberlusconiano”, dice l'ex ministro Mario Landolfi. Che spiega: “Quel che invece non torna è che egli lo voglia fare senza passare per una personalissima Bad Godesberg che lo renda credibile e accettabile agli occhi dei suoi nuovi potenziali alleati.
Fini non può arruolarsi volontariamente sotto le insegne dei sostenitori della tesi dell'emergenza democratica senza una netta assunzione di responsabilita. E' stato berlusconiano per oltre quindici anni”. Berlusconi osserva la scomposizione di Fli e le manovre del Terzo polo senza commentare. Ha invece impresso un'accelerazione al dossier giustizia, non solo intercettazioni e processo breve. Il Guardasigilli Alfano è prudente, ma al suo ministero hanno quasi messo a punto la “grande grande” riforma costituzionale.
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