Gariglio, il Renzi torinese che non ama i moralisti e preoccupa Bersani

Piero Vietti

L'uomo che questo fine settimana vorrebbe dare al Partito democratico, e al suo segretario Pier Luigi Bersani, l'ennesimo dispiacere targato primarie si chiama Davide Gariglio, è del Pd e corre per la nomina di candidato sindaco del centrosinistra a Torino contro un mostro sacro della sinistra italiana: l'ultimo segretario dei Ds e padre nobile del Pd, Piero Fassino.

    L'uomo che questo fine settimana vorrebbe dare al Partito democratico, e al suo segretario Pier Luigi Bersani, l'ennesimo dispiacere targato primarie si chiama Davide Gariglio, è del Pd e corre per la nomina di candidato sindaco del centrosinistra a Torino contro un mostro sacro della sinistra italiana: l'ultimo segretario dei Ds e padre nobile del Pd, Piero Fassino. Con una storia politica diversa e di più lungo corso, il 43enne ex dc e margherita Gariglio si inserisce idealmente in quella generazione che da qualche tempo scuote (quando non contesta) la direzione nazionale del partito.

    Lontano dallo spirito puritano del Palasharp, mentre Bersani ripete che un premier che frequenta minorenni non è moralmente accettabile e deve dimettersi, Gariglio (à la Matteo Renzi) dice al Foglio che “noi dobbiamo vincere sul piano politico”. Il Pd non può pensare di battere Berlusconi con la morale o i giudici: “Il giudizio morale lo dia ciascun cittadino, e la giustizia faccia il suo corso, ma io vorrei vincere il derby contro il Pdl con Berlusconi capitano, e non giocare contro la sua squadra dopo che lui è stato costretto a lasciarla”. Una partita difficile da vincere con l'attuale classe dirigente del Pd: “Se Bersani non cambia alcuni giocatori – spiega Gariglio – non vinceremo mai”. Nelle intenzioni di Gariglio il ricambio deve cominciare proprio da Torino, l'ultima grande città del nord ancora nelle mani della sinistra. Una città in cui il Pd si gioca buona parte della sua credibilità schierando un Piero Fassino che è passato dalla certezza di farcela dei primi giorni di campagna elettorale al nervosismo delle ultime ore. Nervosismo palpabile anche ieri su Repubblica: il giornale di Carlo De Benedetti (in prima fila al Lingotto quando, il 16 gennaio, Fassino ufficializzò la sua corsa) metteva le mani avanti facendo intendere che se domenica vincerà Gariglio sarà grazie ai brogli.

    Il successo dell'ex segretario ds è in realtà molto probabile, ma che la città guardi con attenzione all'ex presidente del consiglio regionale piemontese non è un segreto. Lungi dall'essere un candidato anti establishment, Gariglio dice però di correre “contro la conservazione di un establishment non più rappresentativo”. Così, se Fiat si disinteressa della partita e le fondazioni sembrano equamente divise (la Crt di Fabrizio Palenzona guarda con simpatia Gariglio, il presidente della Compagnia di San Paolo Angelo Benessia era accanto a CDB ed Enrico Salza alla prima di Fassino), un bel pezzo di società civile si è mobilitata per il candidato più giovane. Tra i sostenitori più noti spiccano i nomi dell'economista Giuseppe Berta e del sociologo Bruno Manghi, già uomini forti e ideologi del sindaco uscente, Sergio Chiamparino, che invece punta su Fassino per dare continuità ai suoi due mandati.

    Un candidato che parla di ricambio e discontinuità non può non piacere alle “seconde linee” dei poteri più o meno forti che guidano la città e a chi, dall'Università alle fondazioni passando per la cultura, nei prossimi anni punta a ricoprire incarichi di prestigio. A Torino, ovvio, non si può prescindere dai poteri forti, ma li si può cambiare. Gariglio questo lo sa, e con lui il Pd torinese, che ha accolto con freddezza Fassino (scelto a Roma e lontano dalla città da troppo tempo). Infine il cattolico Gariglio piace in curia e, nella prospettiva di un sindaco di sinistra, anche ai moderati del Pdl, che lo troverebbero un interlocutore affidabile su molti temi comuni. Dopodomani si vota. Gariglio è uomo di partito, una sua vittoria non avrebbe (forse) l'effetto di quella di Pisapia a Milano. Ma è l'ultima cosa che Bersani desidera.

    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.