Camera oscura

Il Pdl prepara un dossier anti Fini perché il Quirinale si mobiliti

Salvatore Merlo

“La situazione è istituzionalmente insostenibile e lei si trova in contraddizione tra la sua figura di presidente della Camera e quella di leader di un partito politico”. Fabrizio Cicchitto aveva appena finito di pronunciare queste parole quando in Aula alla Camera ha fatto il proprio ingresso Silvio Berlusconi. Al che, Gianfranco Fini, guardando il premier, ha risposto: “Concordo con lei, la situazione è istituzionalmente insostenibile”.

    “La situazione è istituzionalmente insostenibile e lei si trova in contraddizione tra la sua figura di presidente della Camera e quella di leader di un partito politico”. Fabrizio Cicchitto aveva appena finito di pronunciare queste parole quando in Aula alla Camera ha fatto il proprio ingresso Silvio Berlusconi. Al che, Gianfranco Fini, guardando il premier, ha risposto: “Concordo con lei, la situazione è istituzionalmente insostenibile”. Lo scambio polemico tra il capogruppo del Pdl e il presidente della Camera è stato seguito in serata da ripetuti messaggi di protesta ufficiosi inviati dalle primissime file dell'entourage berlusconiano al Quirinale.

    La maggioranza si prepara a una sorta di sfiducia politica alla terza carica dello stato, vorrebbe investire del problema anche Giorgio Napolitano, ma per questioni di galateo istituzionale (e di opportunità politica) non lo farà pubblicamente. Dice Gaetano Quagliariello: “Fini fa il presidente della Camera e non può fare insinuazioni sull'illegittimità del governo. E' andato evidentemente in confusione. Per prudenza istituzionale si è autosospeso, ma crede di essersi autosospeso da presidente della Camera per poter svolgere con più efficacia, dallo scranno più alto di Montecitorio, il ruolo di presidente di Fli”.

    Il centrodestra ha archiviato (pare) l'ipotesi di una mozione-appello rivolta alla presidenza della Repubblica affinché intervenga su Fini. E' più probabile che nei prossimi giorni venga stilato un dossier-documento, rivolto a Fini, che, siglato da tutti i deputati della maggioranza, suoni come una netta dichiarazione di sfiducia. “Non ci rappresenta e non ci garantisce”. L'orientamento che sta prevalendo è di cautela nei confronti del Quirinale, che non gradisce di essere troppo tirato per la giacca, ma che – contemporaneamente – osserva con preoccupazione le sortite più politiche che istituzionali dell'ex leader di An. D'altra parte Napolitano aveva già nelle settimane passate chiesto maggiore prudenza al presidente della Camera. Indicazioni che Fini aveva rispettato fino a giovedì scorso, quando il precipitare della crisi interna alle file parlamentari di Fli lo ha costretto a recuperare le redini dell'iniziativa politica all'interno del proprio partito (settimana prossima sarà a “Otto e mezzo” e “Porta a Porta”). Il centrodestra pensa dunque di non coinvolgere subito Napolitano con un appello, ma di provocare indirettamente un suo intervento. “Ora pensiamo soprattutto a governare. Non è il momento di aprire nuovi fronti”, dice al Foglio Maurizio Gasparri.

    Il capogruppo del Pdl al Senato si riferisce proprio al Quirinale. La linea è: evitare ulteriori attriti, specie dopo le tensioni che sono seguite al decreto Milleproroghe respinto dalla presidenza della Repubblica. In questa fase, per ragioni diverse ma incrociate, sia Berlusconi sia Umberto Bossi hanno un interesse strategico a mantenere rapporti, se non buoni almeno equilibrati, con Napolitano. Il premier coltiva la segreta speranza che il Quirinale possa impegnarsi in una sorta di moral suasion nei confronti della Consulta sul conflitto di attribuzione che la Camera solleverà la settimana prossima intorno al processo milanese sul caso Ruby. Bossi, invece, da tempo ha costruito un prezioso asse stabilizzatore con Napolitano, una meccanica che – secondo la Lega – rende meno arduo l'iter del federalismo e rappresenta una utile sponda nel malaugurato caso in cui il governo dovesse andare di nuovo incontro a una pre crisi parlamentare.

    La tentazione di un richiamo forte al capo dello stato attraversa tutto il Pdl e pare sia soprattutto condivisa dal Cavaliere. Ma le ragioni dell'opportunità e della diplomazia prevalgono. Benché “stupisca un po' l'omessa vigilanza del diretto superiore del presidente della Camera”, dice Gasparri. Ma dalle parti del Quirinale hanno già fatto capire che una chiamata in causa diretta di Napolitano suonerebbe impropria e irruenta. “Nel porre delle richieste è sempre necessario ragionare sui criteri di correttezza istituzionale”, fanno sapere fonti vicine alla presidenza della Repubblica che, riguardo alle possibili dimissioni di Fini, aggiungono: “La presidenza della Camera è un organo costituzionale sottoposto a suoi propri regolamenti”. Parole che sembrano suonare come una dichiarazione di impotenza. In realtà, la questione non solo non sfugge al Quirinale ma è da diversi giorni oggetto di profonde riflessioni. E' evidente che un documento politico con il quale la maggioranza dei membri della Camera esprime la propria sfiducia politica al presidente dell'Aula non potrebbe passare inosservato dalla presidenza della Repubblica.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.