Bene o male

Giuliano Ferrara

Voi cinici del Foglio che avete esercitato l'egemonia culturale nel ventennio di Berlusconi, stroncando ogni spiraglio di etica consapevole e riflessiva, ogni anelito e speranza nel futuro, ogni fede, ora siete finalmente una isolata minoranza ipercritica, come i radical chic da voi dannati. Il mondo ha bisogno di una retorica banale che parli in favore delle cose buone, e magari anche di quelle che Guido Gozzano considerava “le buone cose di pessimo gusto”. Non è più tempo per l'esteta, il dandy, il brillante e il ghignante, viene ora il momento dello slancio e della scelta, il momento dell'esemplarità.

Leggi Così, sine ira ac studio, Serra processa noialtri cinici su Rep.

    Voi cinici del Foglio che avete esercitato l'egemonia culturale nel ventennio di Berlusconi, stroncando ogni spiraglio di etica consapevole e riflessiva, ogni anelito e speranza nel futuro, ogni fede, ora siete finalmente una isolata minoranza ipercritica, come i radical chic da voi dannati. Il mondo ha bisogno di una retorica banale che parli in favore delle cose buone, e magari anche di quelle che Guido Gozzano considerava “le buone cose di pessimo gusto”. Non è più tempo per l'esteta, il dandy, il brillante e il ghignante, viene ora il momento dello slancio e della scelta, il momento dell'esemplarità, il momento di Benigni, Saviano, Fazio, Vecchioni, Vendola e dei loro improvvisi, strepitosi successi, delle loro passioni purificate. Torniamo a proclamare con la fierezza del banale che “la mafia è un cancro” e che “non si ruba”. Per sperare bisogna pur credere in qualcosa, atei sì ma almeno devoti.

    Questa in sintesi l'invettiva ferma e gentile di Michele Serra, il columnist di Repubblica che non perde la verve polemica ma ha abbandonato, a quanto pare, il disprezzo antropologico e la spocchia di molti suoi compagni di cordata. Serra infatti non liquida i cinici come servi sciocchi, li fa anzi intelligenti e muniti di ragioni che sanno perfino argomentare, sebbene queste ragioni lo intristiscano e oggi lui sia molto felice nell'osservare che un tal parlare “non emoziona gli esseri umani, al massimo ne vellica la vanitosa tendenza a sentirsi superiori ai sentimenti e alle passioni civili”. A emozionare l'umanità ci pensano coloro per i quali “la paura di essere retorici non è più un tabù”, gente che ci libera “da un ventennio castrante, quello dell'egemonia cinica”.

    Purtroppo potrei sbrigarmi con facili ritorsioni. Stando a intercettazioni che il mio giornale non ama e non pubblica, al contrario del giornale di Serra che ne è pieno fino a scoppiare, quello stesso Vendola che non considera più un tabù “la paura di essere retorici”, il Nichi-ma-che-stai-a-di' della fortunata rubrichetta (e cinica) del nostro giovane Cerasa; stando a intercettazioni, dicevo, Vendola è persona molto pratica quando si tratti di mettere mano a leggi (ad personam) per sistemare un suo protetto in una Asl pugliese, insomma Nichi-ma-che-stai-a-fa'. Ma non avrebbe senso, la ritorsione. Per noi radicali e conservatori, intinti in una antropologia laica incapace di non vedere gli effetti del peccato originale, la differenza tra prediche e fatti è scontata, e non sottovalutiamo la necessità troppo umana di razzolare male e predicare bene.

    Mi addentro dunque, senza tergiversare o maramaldeggiare intorno alla lista delle passioni purificatrici e dei loro intestatari, nel problema vero che Serra segnala. Dire bene del bene è necessario, e ci mancherebbe. I nostri paradossali e moralistici elogi del malandrino, una specializzazione di questo giornale, non escludono che sia opportuno, e in certi casi urgente, dire bene del bene e male del male: detesto furto, mafia, aborto, eugenetica, distruzione della famiglia, oppressione dei diritti umani, discriminazione razziale, e il collante di tutto questo che è la profonda, inguaribile, vanitosa stupidità di quel capolavoro imperfetto che è l'homo sapiens. A ciascuno la sua lista.
    Ma non intendo, caro Serra, mietere strepitosi successi e generare strepitose emozioni, come tu dici. Tra un moralista classico, incerto e malinconico oltre che cinico, e un imbonitore, per quanto in buona fede, scelgo sempre il primo format, se non ti dispiace. E questo mi e ci limita. Si vendono meno copie. Si fanno meno ascolti. Si è meno rispettabili in società. Ci si ingaglioffisce, talvolta una misura di troppo. E ci si piace meno di quanto si vorrebbe. Ma si fa, temo, la cosa giusta. Meglio: si nuota pur sempre nell'ingiustizia, perché la giusta forma del mondo è affare privato del mistero in cui sono stati generati uomo, linguaggio e coscienza, ma si nuota nella consapevolezza del peccato, della contingenza del nostro potere, del primato della mente sulle emozioni istintuali. E banali.

    Tu dirai che le mie sono escogitazioni retoriche negative, belle parole schiave del vizio. Allora esemplifico. Penso tu possa convenire, in base all'esperienza del ventennio cinico, sul fatto che la lotta giudiziaria al furto, se intesa come crociata di sradicamento del male e non come applicazione delle regole, non porta a un rinnovamento della Repubblica, ma a un suo incanaglimento. Potrai forse riflettere sul “cancro mafioso” se ti dico che i boss sono stati combattuti e incarcerati con successo anche e soprattutto dalle stesse classi dirigenti che furono variamente accusate di collusione, di strage, di patti impuri e altre bellurie. Che molti magistrati hanno fatto coraggiosamente la loro parte, molti politici hanno dovuto recitare due parti in commedia, o in tragedia, e alcuni magistrati con i loro tribuni mediatici hanno sbattuto per anni in galera gli innocenti o hanno mascariato i grigi, gli opachi, facendosi belli delle emozioni che provocavano, nei loro strepitosi successi di pubblico e di critica.

    Un giorno forse riconoscerai che è cinismo dei più detestabili restare sordi di fronte a un miliardo di aborti in trent'anni, con gli strepitosi progressi della manipolazione della vita, le eliminazioni forzate delle femmine in Asia, la scomparsa dei difettosi: tutta robaccia aggravata dalla falsa motivazione della libertà della donna, dei diritti procreativi e altre stronzate popolari (a me non riuscì di suscitare emozioni di massa nella recente campagna elettorale in favore della vita umana integra, ma sono felice di averla fatta). Tra i tuoi campioni di lotta al cinismo non trovo i miei prediletti, che di eugenetica e nazismo si sono occupati senza suscitare altro che sordità morale, come il poeta civile Marco Paolini, che i tuoi pari hanno spento nel più vergognoso silenzio per aver sgarrato, per aver detto l'indicibile con la sua invettiva antieutanasica nel giorno della memoria di Auschwitz; come il grande e compianto Sargent Shriver, un apparentato dei Kennedy meno lussuoso degli altri di Camelot, meno miticamente buono, ma forse meno cinico di loro; come Paola Bonzi, che ama le donne e dunque contrasta da molti anni l'aborto a forza di persuasione, ma non verrà mai invitata al Quirinale per l'Otto di marzo. E' tutta gente che spera, e che crede in qualcosa, come tu dici, ma sta attenta a non farlo troppo vedere.

    A ciascuno la sua lista, lo ripeto. Benigni è un bravo ragazzo di Prato, un comico surreale che non vedo nelle vesti di profeta nazionale, salvo il particolare ottundimento generato dagli show televisivi sempre incerti tra la topa, la strizzata di coglioni e il tricolore; né lo vedo in veste di narratore della shoah, nemmeno se gli danno altri tre Oscar (preferisco Claude Lanzmann o l'autore di Train de vie). Saviano è un altro bravo ragazzo, e scrittore capace di un'opera prima, che i tuoi hanno banalizzato, con il suo decisivo contributo personale, oltre il limite della decenza e del ridicolo. Fazio è un altro magnifico ragazzo, pieno di grazia, ma non frequento il suo salotto perché temo che diventerei suo complice, con il tuo aiuto di autore del programma: complice in buone maniere, e furbe. Ipocrisia e bon ton sono un collante della comunità, lo riconosco, ma qualcuno dovrà pur aiutare a riconoscere il loro limite. Ho appena accettato un'offerta della Rai per rieditare la mia vecchia Radio Londra, sarà uno strepitoso insuccesso cinico, e non ti darò emozioni. Mi dispiace.

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.