Frustata retroattiva

Giuliano Ferrara

Abbiamo avuto nel 2010 una crescita vicina a quella della Francia, e un deficit di bilancio che è la metà. La situazione non è eccellente, per dirla con una litote eufemistica, perché il debito è sempre lì, massiccio e apparentemente inattaccabile, e la disoccupazione, specie giovanile, è tornata ad essere un problema serio. Ma passare (dati Istat definitivi) da un tendenziale 0,8 di sviluppo a un reale 1,3 è una buona cosa, sebbene sia difficile consolarsi del 3,6 di crescita in Germania, nel paese in cui forti e radicali riforme furono fatte al tempo giusto da una socialdemocrazia non scandalistica e guardona, e poi da un governo di unità nazionale.

    Abbiamo avuto nel 2010 una crescita vicina a quella della Francia, e un deficit di bilancio che è la metà. La situazione non è eccellente, per dirla con una litote eufemistica, perché il debito è sempre lì, massiccio e apparentemente inattaccabile, e la disoccupazione, specie giovanile, è tornata ad essere un problema serio. Ma passare (dati Istat definitivi) da un tendenziale 0,8 di sviluppo a un reale 1,3 è una buona cosa, sebbene sia difficile consolarsi del 3,6 di  crescita in Germania, nel paese in cui forti e radicali riforme furono fatte al tempo giusto da una socialdemocrazia non scandalistica e guardona, e poi da un governo di unità nazionale. Una frustata retroattiva è meglio di niente, in attesa delle misure che  sono allo studio, con juicio, nel circolo del giovedì con il capo dell'Economia padrone di casa, e altri ministri di spesa. Alla luce dei conti in (quasi) ordine, una relativa ma tangibile tendenza allo sviluppo, testimoniata dalle cifre, dice anche questo: uno sforzo è possibile, un orizzonte che punti prima al raddoppio del prodotto lordo, e poi in cinque anni a un 3-4 per cento di incremento nella creazione di ricchezza non è fumo o sogno.

    L'intervista che ha concesso ieri a questo giornale il presidente dell'Antitrust indica una strada, quella a costo zero delle liberalizzazioni e della concorrenza, che la politica di governo dovrebbe percorrere proponendo un comune terreno parlamentare alle opposizioni, per quanto distratte dagli articoli di D'Avanzo.  Berlusconi è tornato a parlare in questi giorni degli stati generali dell'economia italiana. Bisogna crederci, e mettere in campo un lavoro preparatorio in cui, con rispetto per la personalità e per l'autonomia di ciascuno, senza forzature propagandistiche, all'impresa di rilanciare il paese in modo virtuoso (è l'unico virtuosismo che ci piace, quello economico) concorrano i pezzi da novanta della nostra cultura economica liberale, della nostra imprenditoria, e anche tutti quei sindacalisti che hanno dimostrato per tabulas di non volersi limitare alla ginnastica senza conseguenze degli scioperi generali. Sarebbe anche giusto incorporare gli “antagonismi” più maturi e significativi: tanta gente che pensa, pensa un'economia diversa, fondata su altri parametri da quelli sviluppisti in auge in occidente, e non c'è scandalo se anche per la loro testimonianza si riesce a trovare uno spazio autorevole. La retroattività della frustata Istat rende comunque ancora più eccitante l'idea di dare un colpo di speroni al cavallo. Quattrini pubblici ce n'è pochi, ma quelli privati abbondano, e creare le condizioni per occasioni ghiotte di investimento non è impossibile. Il sud è una grande riserva, a patto di avere coraggio. Con serie riforme, che prendano di petto il fatto che l'Italia è divisa e per riunirsi in uno sviluppo tendenzialmente omogeneo deve trattare il sud con regole drammaticamente diverse da quelle vigenti nel nord,  la triste “delocalizzazione” potrebbe diventare il decollo del Mezzogiorno. Fosse vivo il grande sindacalista Peppino Di Vittorio, proporrebbe un piano del lavoro e degli investimenti in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna. Altro che sciopero generale.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.