Chi difende Asia Bibi muore

Ucciso il ministro pachistano che chiedeva l'abolizione della blasfemia

Giulio Meotti

Il ministro per le minoranze religiose del Pakistan, il cattolico Shahbaz Bhatti, è stato ucciso in un attentato a Islamabad. Era appena stato riconfermato. Già da qualche mese aveva ricevuto minacce di morte per aver proposto l'abolizione la legge sulla blasfemia, e la grazia per donna cristiana Asia Bibi, condannata a morte sulla base di tale reato.

    Il ministro per le minoranze religiose del Pakistan, il cattolico Shahbaz Bhatti, è stato ucciso in un attentato a Islamabad. Era appena stato riconfermato. Già da qualche mese aveva ricevuto minacce di morte per aver proposto l'abolizione la legge sulla blasfemia, e la grazia per donna cristiana Asia Bibi, condannata a morte sulla base di tale reato. Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha detto: "Un fatto di terribile gravità".

    Il film del regista pachistano Syed Noor si intitola “Aik Aur Ghazi”, in urdu significa “Un altro guerriero santo”. Sebbene il celebre regista pachistano neghi che si tratti di un'apologia dell'uccisione del governatore Salman Taseer, i gruppi dei diritti umani e le associazioni liberali pachistane lo accusano di fomentare con questa pellicola altre uccisioni in nome dell'islam. E di giustificare quella di Taseer. Il protagonista del film, in uscita fra due mesi, è identico all'assassino del governatore: entrambi hanno la barba lunga, entrambi provengono dal Punjab, per entrambi è il medesimo messaggio (“la punizione per i blasfemi: decapitazione”), entrambi dicono di agire a nome del Profeta, entrambi alla fine conquistano la redenzione spirituale uccidendo un “blasfemo”.

    Il nome di Salman Taseer scuote il Pakistan a quasi due mesi dalla sua uccisione. Il governatore occidentalizzante e liberale è stato ucciso dalla sua guardia del corpo, da chi avrebbe dovuto difendere la sua vita, perché aveva osato pronunciarsi a favore della grazia ad Asia Bibi, la madre cristiana messa a morte dalla giustizia pachistana in virtù della legge antiblasfemia. Taseer era uno stretto collaboratore del presidente Ali Zardari, vedovo di Benazir Bhutto. La sua morte ha rappresentato un colpo per gli antifondamentalisti in Pakistan. “Se le parole hanno un senso, Salman Taseer è un martire”, ha scritto il settimanale britannico The Tablet.

    Dopo l'arresto, l'agente Mumtaz Qadri, ha voluto così motivare il suo gesto: “Ho ucciso il governatore perché aveva criticato la legge sulla blasfemia definendola una ‘kala kanoon' (in urdu ‘una legge nera', ndr)”, una legge negativa. La “colpa” di Taseer è stata quindi di essersi speso a favore di Asia Bibi dopo averla incontrata in carcere e pronunciato contro la legge anti-blasfemia, un peroramento che gli ha guadagnato l'odio dai gruppi islamici più radicali del paese. Adesso l'assassinio di più alto profilo di una figura politica da quando l'ex primo ministro Benazir Bhutto fu uccisa nel 2007 diventa il soggetto di un film di uno dei maggiori registi pachistani, Syed Noor, uno dei beniamini della “Lollywood” pachistana. Persino i predicatori Barelvi della Jamaat Ahle Sunnat, considerati i pastori dell'islam “moderato” pachistano, hanno lodato l'omicida “per il coraggio, l'audacia, l'onore e l'integrità religiosa”.

    In aula i due imam che avrebbero ispirato l'assassinio, Qari Hanif Qureshi e Ishtiaq Shah, hanno giustificato così l'uccisione di Taseer: “Il governo doveva muoversi contro il governatore, ma visto che ha fallito, Qadri doveva assumere la legge nelle proprie mani”. I fondamentalisti islamici minacciano anche giudici e magistratura per ottenere la liberazione di Qadri. Nelle ultime settimane oltre ottocento avvocati e partiti religiosi si sono adoperati per il rilascio del killer, esercitando pressioni sulla magistratura e la classe dirigente pachistana.

    Gli avvocati di Qadri hanno salutato il suo arrivo alla Corte di giustizia coprendolo con una pioggia di petali di fiori. Una folla di centinaia di persone lo ha applaudito, ha cantato in suo onore, ha cercato di baciarlo sulle guance mentre veniva scortato all'interno. Quando è riemerso alla luce del giorno, Qadri è salito sul predellino del furgone della polizia, con una corona di fiori al collo, e ha ringraziato i suoi sostenitori gridando “Allah è grande”. Su Facebook sono fioriti subito i gruppi di fan. E pochi giorni fa, per la festa San Valentino, Qadri si è visto recapitare in prigione un poster con scritto: “Celebriamo il giorno di san Valentino con Qadri”. Accompagnato da mazzi di rose rosse.

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.